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Cronaca

Coronavirus e viaggi saltati, ecco quando spettano rimborsi e voucher

Uno dei decreti emergenziali ha indicato le strade da seguire in caso di mancata partenza, ma le interpretazioni divergono tra consumatori e associazioni dei tour operator e delle agenzie di viaggi. Una piccola guida con le varie posizioni e le modalità per chiedere il ristoro quando se ne ha diritto

La pandemia sta scombussolando il settore dei viaggi e del turismo. Tantissime persone avevano programmato soggiorni in Italia e all’estero mesi fa, senza poter naturalmente prevedere che il Covid-19 avrebbe confinato in casa la metà della popolazione mondiale, portato al blocco degli spostamenti, alla chiusura di porti ed aeroporti. Il governo nazionale ha indicato le strade da seguire nelle varie ipotesi in cui i viaggi saltino per l’emergenza sanitaria, ma le interpretazioni sul tema sono diverse e non sempre compatibili. Voucher? Rimborsi? Pacchetti sostitutivi? Cosa spetta al viaggiatore?

L’Astoi (l’associazione dei tour operator di Confindustria) ha per esempio stabilito che, durante l’emergenza, debba essere proprio il tour operator a decidere la formula di ristoro e che in linea di massima prevalga il voucher. Giuseppe Ciminnisi, presidente di Fiavet Sicilia, che rappresenta dunque le agenzie di viaggi, spiega che “noi riceviamo dal tour operator dei voucher e dunque momentaneamente è con voucher validi 12 mesi che possiamo rimborsare i clienti. Alla loro scadenza, se il cliente non volesse comunque partire, valuteremo come procedere e, se sarà possibile, concederemo anche il rimborso”. Queste posizioni sono determinate dal fatto che in questo momento manca la liquidità: non necessariamente si vuole negare il diritto al rimborso (ed imporre il voucher), ma in questa fase diventa difficile attuarlo. Ecco perché sarebbe bene usare il buonsenso, anche perché l’alternativa, in caso di controversie, è di finire in un tribunale magari con ulteriori spese.

L’avvocato Carmelo Neri, che assiste col collega Pietro Ortolani una coppia palermitana alla quale è stato annullato il viaggio per New York, ma contestualmente negato il rimborso, ha approfondito il tema ed offre una sua interpretazione giuridica delle norme (che si può consultare liberamente sulla pagina Facebook dello studio legale Hublex). Ecco in sintesi, caso per caso, come dovrebbe funzionare

1) Il cliente, durante l’emergenza, stabilisce autonomamente di recedere dal pacchetto turistico
“Si tratta di un ‘recesso giustificato’ - spiega Neri - perché il viaggio subisce modifiche, per esempio, a causa delle restrizioni territoriali in un dato luogo per via dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. Il codice del turismo (articolo 41 comma 4) dispone che il viaggiatore abbia diritto ‘di recedere dal contratto, prima dell’inizio del pacchetto, senza corrispondere spese di recesso, ed al rimborso integrale dei pagamenti effettuati, ma non ha diritto ad un indennizzo supplementare’”. Per ottenere il rimborso “bisogna comunicare senza ritardo (entro 30 giorni) la volontà di recedere, con una lettera di proprio pugno indirizzata al tour operator, ma è opportuno che venga inviata anche all’agenzia di viaggi, con una raccomandata con ricevuta di ritorno, posta elettronica certificata (pec) o fax. Occorre allegare copia della carta d’identità e del titolo di viaggio”, dice l'avvocato.

2) Il cliente recede perché rientra tra le categorie che non possono viaggiare
Il cliente che non può viaggiare è quello affetto da Covid-19, ma anche chi è ricoverato o in quarantena oppure in permanenza domiciliare fiduciaria, o che si trova in una “zona rossa”, ma anche chi dovrebbe partire per Stati esteri dove è impedito o vietato lo sbarco, l’approdo o l’arrivo oppure chi ha programmato la partecipazione a concorsi pubblici. “Il decreto – spiega l’avvocato - dice che ‘in caso di recesso, l’organizzatore può offrire al viaggiatore un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente o superiore, può procedere al rimborso oppure può emettere un voucher, da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante’. Qui sono sorti dei problemi interpretativi - sottolinea - legati all’utilizzo del verbo ‘può’, che ha portato ad una lettura secondo cui la scelta tra le tre opzioni spetti solo al tour operator e non al cliente. Ma sembra chiaro che l’eventuale scelta sarà invece rimessa al viaggiatore, che può decidere di non voler più partire nei seguenti dodici mesi, optando per il rimborso integrale. Il tour operator, in base al decreto, avrebbe solo la possibilità di ‘proporre’ e non quella di ‘imporre’”. Le modalità per chiedere il rimborso sono le stesse.

3) Il tour operator comunica l’annullamento
“In questo caso – dice l’avvocato – il decreto non ha previsto nulla di specifico, ma si applica il codice del turismo. La norma è abbastanza chiara: l’organizzatore dovrà comunicare senza ritardo l’annullamento del pacchetto al cliente e procedere al rimborso della somma già percepita. Parrebbe esclusa l’ipotesi del voucher. Resta inteso, però - conclude - che nella libera contrattazione privata rimane comunque percorribile ogni eventuale decisione (dunque accettare voucher o pacchetti sostitutivi) purché proposta ed espressamente accettata dal cliente”. Le modalità per chiedere il ristoro sono le stesse. 

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