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Cronaca

Virus, il sociologo: "Stiamo riscoprendo l'essenziale, dopo lo choc saremo più uniti"

Il professore Fabio Massimo Lo Verde analizza le conseguenze dell'emergenza: "E' un evento choc, sta già cambiando i nostri stili e può portarci a rivalutare aspetti minimi della vita. Può essere un'occasione per immaginare reazioni resilienti". I canti dai balconi? "Esorcismi contro la paura"

Il nostro stile di vita sta già cambiando e, secondo Fabio Massimo Lo Verde, docente di Sociologia all’università di Palermo, l’emergenza determinata dal Coronavirus può portarci, tra l’altro, ad apprezzare aspetti minimi - finora forse trascurati - della nostra vita. Inoltre, trattandosi di un evento choc, creerà un vissuto generazionale ed intergenerazionale che ci porterà necessariamente ad essere più legati ed uniti in futuro.

Quale sarà l’impatto di questa esperienza senza precedenti?
“Alcune pratiche del quotidiano e il nostro stile di vita sono già cambiati con questa fase di chiusura/clausura. Non è ancora chiaro per quanto tempo dovremo vivere così, ma in base a quello che sostengono gli esperti, quasi certamente non sarà per un periodo breve. E’ sicuro che ci saranno dei mutamenti anche dopo, quando lentamente si ritornerà nello spazio pubblico”.

Su quali aspetti in particolare ci potranno essere dei riflessi?
“Per esempio sul distanziamento, in particolare quello corporeo, che diventerà un comportamento da tenere per molto tempo e, soprattutto nella nostra cultura meridionale, dove la comunicazione delle emozioni e le interazioni avvengono molto attraverso il contatto fisico, questo non potrà essere senza conseguenze. Ma ci sarà anche una nuova negoziazione degli spazi e dei tempi della vita comune all’interno delle nostre case. Sta mutando anche la narrazione del nostro quotidiano e la nostra agenda. Sono tutte cose che ci permetteranno di apprezzare di più gli aspetti minimi della vita”.

Questo cantare dai balconi, l’intonare l’inno nazionale, per esempio, sono davvero l’espressione della riscoperta di valori profondi, di un civismo reale, o sono solo momenti di stordimento collettivo?
“Sono atteggiamenti che servono senz’altro ad esorcizzare la paura in un momento di choc collettivo e mi voglio augurare che venga davvero fuori questa parte 'pro sociale'. Bisognerà vedere cosa accadrà tra qualche settimana: c’è il rischio che con la protrazione del blocco possano farsi strada sentimenti di angoscia. Certamente, in una società in cui siamo fin troppo abituati alla socialità a distanza e virtuale, mediata dalla tecnologia, il balcone, cioè il reale, diventa una piattaforma, il rimando tra l’on line e l’off line in questo periodo è molto più intenso. Di sicuro questa situazione creerà un vissuto generazionale ed intergenerazionale. L’evento choc, qual è la diffusione dell’epidemia, ci porterà a sentirci più legati in futuro, accomunati dalla stessa esperienza”.

Coronavirus balconi 2-2

PROF LO VERDE-2E’ una situazione drammatica, ma quindi - come si dice - non tutto il male viene per nuocere?
“Sì, potrebbe essere un’occasione per immaginare reazioni resilienti e la possibilità di cambiare. Ed è accaduto con una miriade di eventi nella storia. Faccio un esempio minimo rispetto alla tragicità della situazione in cui ci troviamo, ma pensiamo allo scandalo del vino all’etanolo: da quella esperienza è nata una filiera ipercontrollata che ha poi portato a una rivoluzione nel settore vinicolo, con la produzione di eccellenze”.

Sembra esserci anche una forte rivalutazione delle professionalità, una richiesta e una ricerca di medici, studiosi, giornalisti qualificati per esempio. Anche questo potrebbe avere buone conseguenze?
“Certamente, può cambiare anche il rapporto con il lavoro, dove in questo momento assumono maggiore importanza il fattore umano e le competenze in un contesto in cui si credeva di poter sostituire tutto e tutti con delle macchine. D’altra parte, questa situazione sta anche determinando una partecipazione da parte delle professionalità, penso per esempio ai docenti, anche quelli prossimi alla pensione, che si vedono costretti ad utilizzare la tecnologia per fare lezione. Tutto questo poi potrà essere utile”.

Trova corretta questa metafora della guerra, che viene usata forse con troppa retorica? E’ davvero una guerra quella che si “combatte” in pigiama e ciabatte chiusi dentro casa?
“C’è una tensione nel sistema sociale mai vissuta prima, che ha caratterizzato altre epidemie e appunto eventi bellici. Chi è nato dopo il secondo conflitto mondiale non ha di fatto conosciuto altre esperienze simili, così globali e con grandi rischi per la propria vita. La metafora è senz’altro corretta per i medici e i ricercatori, che davvero sono in guerra e combattono per trovare la cura giusta contro il ‘nemico’”.

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