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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Trasfusione a una testimone di Geova, condannato un medico: "E' un fatto grave"

"Trattamento eseguito contro la volontà del paziente". Si dice allarmato il presidente dell'Ordine dei medici di Palermo Toti Amato dopo la sentenza che condanna a un mese un primario di Termini per violenza privata

Un medico è stato ritenuto penalmente responsabile per aver effettuato una trasfusione di sangue a una testimone di Geova contro la sua volontà. Sono state depositate le motivazioni con cui il giudice Sabina Raimondo, del tribunale di Termini Imerese, ha condannato il primario Giovanni Spinnato, dell’ospedale di Termini a un mese per il reato di violenza privata riconoscendo alla paziente anche un risarcimento da 10 mila euro. Una circostanza che suona come un campanello d’allarme per il presidente dell’Ordine dei medici di Palermo Toti Amato. "Il rifiuto di sangue diventa un fatto drammatico per un medico perché entra in gioco la sua integrità etica. Un fatto non da poco, tanto grave - dichiara Amato - quanto la prima condanna penale emessa in Italia a un medico dopo avere salvato una vita".

La paziente è una giovane testimone di Geova che all’epoca dei fatti, nel 2010, aveva 24 anni ed era in gravidanza. All’insorgere di alcune complicanze durante il parto, il medico - secondo l’accusa per aggirare la volontà della partoriente - si è rivolto al pubblico ministero per farsi autorizzare ad effettuare una trasfusione coatta per salvare sia lei sia il feto (che però era stato già dichiarato morto). Per compierla, però, sarebbe stato "necessario che due infermieri - si legge nella sentenza - immobilizzassero la giovane donna che in lacrime continuava a opporsi a quel trattamento". Nel provvedimento emesso lo scorso 6 aprile il giudice ha sottolineato il principio secondo cui debba prevalere la piena libertà di scelta in tema di trattamenti sanitari per chiunque, "anche se tale condotta - aggiunge il giudice - lo esponga al rischio stesso della vita".

"Nel caso di rifiuto manifestato dal paziente a trattamenti terapeutici, non è comunque invocabile dal medico la scriminante dello stato di necessità". La 24enne aveva infatti messo per iscritto il suo rifiuto di subire trasfusioni poiché non compatibili con il suo credo religioso. Cauto ma in disaccordo il presidente dell’Ordine dei medici di Palermo che. "Fermo restando il diritto di non curarsi costituzionalmente garantito e che, nel conflitto tra coscienza e salute di un paziente che rifiuta una trasfusione di sangue, il medico deve rispettare la scelta dell'ammalato, resta il fatto che sui professionisti incombono i principi di scienza e coscienza, ovvero fare tutto il possibile per salvare un ammalato quando la sua vita è in pericolo. Non conosciamo ancora gli atti processuali della vicenda. L'Ordine - conclude Amato - si riserva di acquisire i documenti a garanzia della paziente e del primario".

"Anche se riteniamo opportuno astenerci dal commentare nello specifico la sentenza del Tribunale di Termini Imerese - afferma il presidente dell’Acoi, (Associazione chirurghi ospedalieri italiani) Pierluigi Marini - riteniamo doveroso esprimere la nostra solidarietà al collega condannato per aver svolto, secondo scienza e coscienza, il proprio lavoro. E poniamo una domanda: se il decorso della paziente, in caso di assenza di trasfusione o di sostituti, avesse avuto un epilogo diverso, quale sarebbe oggi l'oggetto della discussione? E' un problema che va risolto in modo chiaro dal punto di vista giuridico e clinico a tutela dei pazienti, dei medici, delle libertà individuali e terapeutiche, ma anche dell'etica, della qualità e della sicurezza delle cure".

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