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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

"Ci hanno picchiato in cella", in realtà non volevano fare la doccia: condannati 2 detenuti

Per difendersi da una sanzione disciplinare due marocchini hanno sostenuto di essere stati pestati dagli agenti di polizia penitenziaria dentro il carcere Pagliarelli. Il referto medico però ha smentito le loro accuse

Pur di non farsi la doccia in carcere ed evitare la conseguente sanzione hanno sostenuto davanti al consiglio di disciplina del Pagliarelli di essere stati pestati in cella da alcuni agenti di polizia penitenziaria. Un'accusa pesante smentita già in prima battuta dal referto medico. Il giudice della quinta sezione penale Nicola Aiello ha ritenuto colpevoli due detenuti marocchini, Y.F. (38 anni) e O.H (30). Entrambi erano imputati in concorso per oltraggio a pubblico ufficiale, mentre il solo Y.F. anche per calunnia. Il primo è stato condannato a 2 anni e 6 mesi mentre il secondo a 6 mesi.

La vicenda ha inizio nel 2014, in una fredda mattina di fine gennaio. Gli agenti della penitenziaria stavano facendo il consueto giro per invitare i detenuti a recarsi nei locali doccia ma i due marocchini non ne volevano sapere di alzarsi dal letto. Al loro rifiuto - si legge nella sentenza - il 38enne si è rivolto a un poliziotto dicendo “Sei un malato di mente”, mentre il trentenne si è alzato di scatto e avvicinandosi a un assistente capo, con tono di sfida, gli ha detto “Non devi rompere i cog…”. Successivamente, davanti ai componenti del consiglio di disciplina, i marocchini si sono difesi sostenendo di essere stati vittima di un pestaggio.

Al termine del dibattimento per il giudice è stato possibile individuare la “prova certa della responsabilità degli imputati in ordine ai reati medesimi contestati”. Tra i documenti ammessi al processo e prodotti dal pm la relazione dell’ufficio sanitario del Pagliarelli “dalla quale si evinceva che il 38enne non presentava alcun segno di percosse in esito al diverbio con gli agenti di polizia penitenziaria”. Da qui l’imputazione per calunnia.

“La tesi difensiva postulata dal difensore degli imputati, secondo la quale - si legge ancora nella sentenza - il fatto non sarebbe stato consumato in luogo pubblico in quanto avvenuto all’interno di una casa circondariale, non può trovare accoglimento poiché la casa circondariale è certamente un luogo all’interno del quale è consentito l’accesso di persone istituzionalmente autorizzate”.

Un’altra richiesta avanzata dal legale e negata dal giudice è stata quella di applicare la non punibilità per la particolare tenuità del fatto per due ragioni: il delitto di calunnia prevede un trattamento sanzionatorio incompatibile con il riconoscimento della suddetta causa di non compatibilità; i precedenti penali degli imputati non consentono di ritenere i delitti oggi contestati espressione di un’episodica condotta delittuosa”.

Entrambi gli imputati sono stati condannati anche al pagamento delle spese processuali. 

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