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Cronaca

Quel (doppio) tragico 6 agosto: quando la mafia eliminò Costa, Cassarà e Antiochia

Le parole di Orlando: "Gaetano Costa morì anche per l'isolamento che ne caratterizzò l'esperienza alla Procura di Palermo, in anni bui in cui anche nella Magistratura alcuni preferivano il quieto vivere se non la colpevole connivenza". Grasso ricorda Cassarà

Nel calendario della polizia il 6 agosto è uno dei giorni più significativi, cerchiato in rosso, perché marchiato dal sangue. Uomini trucidamente assassinati, in circostanze diverse ma, tutti nello stesso periodo dell’anno, seppur in anni distinti, da mano mafiosa. Palermo oggi ha ricordato il vicequestore Ninni Cassarà e l’agente Roberto Antiochia, uccisi il 6 agosto 1985 e il Procuratore della Repubblica, Gaetano Costa, assassinato dalla mafia il 6 agosto 1980, mentre sfogliava dei libri su una bancarella, in un marciapiede di via Cavour, a due passi da casa sua, freddato da tre colpi di pistola sparatigli alle spalle da due killer in moto. 

E in occasione dell'anniversario della sua uccisione, il sindaco Orlando ha ricordato con queste parole il Procuratore morto 38 anni fa: "Gaetano Costa morì anche per l'isolamento che ne caratterizzò l'esperienza alla Procura di Palermo, in anni bui in cui anche nella Magistratura alcuni preferivano il quieto vivere se non la colpevole connivenza. Anni in cui chi, come Costa e poi Chinnici, voleva indagaare la zona grigia dei legami fra mafia, politica e affari, veniva inesorabilmente additato. Costa fu per tutta la vita e ben prima di essere un ottimo Magistrato, un militante per la Giustizia e la Libertà e a 38 anni dalla sua morte, ricordando che nessuno ha pagato per quel crimine, continuare a cercare Giustizia è un atto dovuto, ai suoi cari prima di tutto, ma anche a Palermo e ai tanti martiri della lotta per la liberazione dalla mafia".

Così Piero Grasso ha voluto ricordare invece Ninni Cassarà: "Era vicedirigente della Squadra mobile di Palermo. Aveva partecipato a indagini importantissime come la "Pizza Connection" e a quelle sulla cosiddetta "guerra di mafia" che avrebbero dato vita al maxiprocesso. Per il suo talento e la sua incorruttibilità era un nemico di primissimo ordine per i mafiosi". 

Il leader di Leu aggiunge: "Lo attesero sotto casa e spararono oltre 200 colpi di mitra, uccidendolo davanti alla moglie che attendeva il suo ritorno in balcone. Quel giorno rimase ucciso anche Roberto Antiochia, aveva solo 23 anni: aveva scelto di tornare prima dalle ferie e mettersi a disposizione di Cassarà, convinto che fosse suo dovere dargli tutto l'aiuto che gli si potesse dare. Grandi uomini, il cui valore sarà sempre d'esempio per chi indossa la divisa delle forze dell'ordine", conclude. 

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