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Cronaca

Il Cnddu ricorda il commissario Boris Giuliano

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PalermoToday

Il Coordinamento nazionale dei docenti della disciplina dei Diritti Umani in occasione del 41esimo anniversario dell’omicidio di Boris Giuliano, capo della Squadra Mobile di Palermo, ucciso dalla mafia il 21 luglio del 1979, intende portare alla memoria di tutti la figura del più valoroso funzionario di pubblica sicurezza che ha pagato con la vita il suo coraggio e la sua dedizione ai più alti ideali di giustizia.

Boris Giuliano è stato uno dei più grandi investigatori italiani. La sua lunga e onorata carriera nella polizia dello Stato raggiunse la vetta quando divenne capo della Squadra Mobile di Palermo, incarico che ricopriva quando fu ucciso una mattina di fine luglio mentre pagava il caffè in un bar di via Di Blasi a Palermo.

Giuliano fu freddato vigliaccamente alle spalle da una raffica di pallottole sparate da Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina. Ovviamente era armato Giuliano, aveva infatti con sé due pistole che sapeva usare molto bene, per questo il mafioso ritenne opportuno colpire alla schiena per impedire che il commissario si difendesse. A chi aveva pestato i piedi Boris Giuliano? Perché Cosa nostra mise gli occhi addosso su di lui? Sono 41 anni che le risposte a queste domande si arricchiscono sempre più di nomi, vicende e dettagli. Si occupò di molti casi il commissario siciliano, nel 1970 indagò, insieme ai carabinieri e a Carlo Alberto Dalla Chiesa, sulla misteriosa scomparsa del giornalista De Mauro. Ma le ultime indagini sull’omicidio Giuliano pongono l’accento sul ritrovamento di due valigette contenenti 500.000 dollari all’aeroporto di Palermo-Punta Raisi.

Tale somma di danaro si scoprì essere il pagamento di una partita di eroina sequestrata all’aeroporto J. F Kennedy di New York. Da questo momento in poi la macchina investigativa di Palermo guidata da Giuliano lavorò senza sosta, qualificandosi come la più dolorosa spina nel fianco di Cosa nostra in quegli anni. Ma la mafia questa spina dal fianco voleva toglierla e in breve tempo. Iniziarono così ripetute minacce anonime, attraverso telefonate al centralino della questura di Palermo. Nulla, però, fermò il suo senso di giustizia e, pur operando in un contesto pregno di pericoli e nemici, individuò e arrestò i più pericolosi delinquenti appartenenti ad organizzazioni mafiose a livello internazionale. Mentre costruiva sempre più importanti rapporti con la Dea americana per arrivare al traffico internazionale di droga gestito dalla mafia, il vile agguato era ormai vicino. Oltreoceano era un mito Giuliano, ma per la mafia un fastidio da eliminare. E quella mattina di luglio, Cosa nostra con la sua morte cercò di porre fine a tutte le azioni di contrasto alla mafia.

“Faccia lo Stato il suo dovere”, disse il cardinale Pappalardo ai funerali del valoroso commissario. Con una richiesta di giustizia, si concluse la storia di un uomo giusto che per la giustizia era morto. Il Cnddu intende commemorare insieme a tutti coloro che credono nel valore della legalità, come condizione indispensabile di libertà, la figura di un commissario che tanto ha dato al nostro Paese nella lotta alla mafia. In questo giorno di memoria e commemorazione, attraverso la sua storia e la sua vita spesa al servizio dello Stato, ci sentiamo di essere vicini a tutti coloro che oggi ancora lottano per gli ideali di giustizia e ancora portano avanti il suo sogno di coesione sociale e rispetto per la legge. 

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