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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Monreale

Tombe profanate e salme distrutte nel "cimitero degli orrori", in 14 finiscono a processo

Il gup ha disposto il rinvio a giudizio per una presunta banda che avrebbe venduto sepolture nel camposanto di San Martino delle Scale, pieno da almeno due decenni. Pur di ricavare spazio e in cambio di denaro sarebbero stati spostati e buttati numerosi feretri. Prosciolti altri 11 imputati, compreso l'ex sindaco di Monreale Pietro Capizzi

Il cimitero dei Benedettini di San Martino delle Scale sarebbe stato al completo almeno da un paio di decenni, ma pur di ricavare nuovi spazi e in cambio di denaro una presunta banda a conduzione famigliare avrebbe fatto uno scempio all'interno del camposanto, distruggendo loculi e feretri, spostando salme e arrivando persino ad urinare sulle sepolture. Non a caso il cimitero era stato definito "degli orrori". Adesso il gup Marco Gaeta ha disposto il rinvio a giudizio per quattordici imputati, mentre ha deciso di proscioglierne altri undici.

I prosciolti

Il non luogo a procedere è arrivato per l'ex sindaco di Monreale, Pietro Capizzi, l'ex parroco Michele Musumeci, il dirigente dell'Asp, Ernesto Martino D'Agostino (difeso dall'avvocato Alessandro Samatov) e una serie di dipendenti comunali: Maria Pia Cappello, Maurizio Busacca, Salavatore Palazzo, Salvatore Ganci, Cristina Russo, Giuseppa Salamone, Rosa Turdo e Rosalia Marchese. Sono quasi tutti difesi dagli avvocati Salvino e Giada Caputo e Francesca Fucaloro.

I rinviati a giudizio

A processo finiscono invece Giovanni Messina, secondo l'accusa a capo della presunta associazione a delinquere (che è stato però prosciolto dai reati di estorsione e truffa aggravate, nonché di appropriazione indebita), la moglie Erminia Morbini, il figlio, Salvatore "Salvo" Messina, la figlia Gioacchina Messina, il nipote Salvatore "Salvuccio" Messina, la nipote Rosalia Vitrano, l'operaio Antonino "Tony" Campanella, Salvatore "Nasone" Messina, Luigi Messina, Benedetto Messina, Salvatore Cesare Messina, i medici dell'Asp Michele Amato, Salvatore Ciofalo e Francesco Paolo Sutera. Per loro il dibattimento inizierà a marzo davanti alla quarta sezione del tribunale.

Cittadini e Comune parte civile

Una quarantina di parenti dei defunti (ma le parti offese erano in tutto 120 persone) si sono costituiti parte civile, così come il Comune di Monreale che però è stato anche citato come responsabile civile, assieme all'Asp.

La denuncia dell'abate

L'inchiesta dei carabinieri, coordinati dal procuratore aggiunto Ennio Petrigni ed il sostituto Alfredo Gagliardi, che aveva suscitato molto scalpore e la rabbia di tantissime persone che in quel cimitero avevano sepolto i loro cari, era nata dalla denuncia dell'ex abate del convento dei Benedettini. Questi aveva riferito che la società gestita da Giovanni Messina avrebbe fatto il bello ed il cattivo tempo all'interno del camposanto, senza neppure aver ricevuto un incarico formale.

I militari avevano così piazzato delle telecamere nel cimitero e avrebbero così capito che in cambio di denaro Messina e diversi suoi parenti, grazie anche alla presunta complicità di impiegati pubblici e dei medici dell'Asp, sarebbero riusciti a seppellire salme per le quali formalmente non ci sarebbe stato più spazio, vendendo loculi in realtà già occupati.

Lo scempio: teschi, femori e bare distrutte

Di notte i carabinieri si erano calati nelle sepolture per riscontrare i "lavori" compiuti dagli imputati, che avrebbero spostato e danneggiato anche molte bare, e si sarebbero così ritrovati di fronte a teschi, femori ed altri resti, gettati come rifiuti, ma anche ammassati e mescolati per essere poi buttati all'interno di piccoli spazi ricavati nelle tombe. Gli investigatori avevano anche ritrovato tante bare senza targhetta.

Gli arresti e l'impossibilità di identificare tutte le salme

Il 26 maggio del 2018 erano scattati quattro arresti per truffa, falsità in atti pubblici commessa da privati, falsità in certificazioni, violazione del sepolcro, vilipendio delle tombe e dei cadaveri, occultamento, soppressione e sottrazione di cadavere, oltre che per associazione a delinquere, estorsione e appropriazione indebita. Non è stato possibile identificare tutti i resti saccheggiati, neppure attraverso il test del dna.

La difesa

Gli avvocati Caputo e Fucaloro digendono anche Giovanni Messina e rimarcano come "dopo quattro anni di indagini preliminari, il contesto accusatorio viene notevolmente ridimensionato ed adesso dovrà essere sottoposto al vaglio dibattimentale e in quella sede dimostreremo anche la inesistenza del reato di associazione a delinquere".

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