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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Risponde a un'offerta di lavoro su internet e finisce a processo per riciclaggio: assolto

La storia di M. B. che dopo aver caricato il suo curriculum su una piattaforma digitale era stato contattato da un presunto dipendente di Airbnb che lo aveva ingaggiato. Primo incarico: trasferire 10 mila euro su un conto. L'imputato era convinto fossero somme dovute dai clienti all'azienda e invece erano il provento di una truffa

Convinto di aver trovato finalmente un lavoro attraverso una piattaforma digitale e di essere stato ingaggiato da un'importantissima società statunitense operante nel settore alberghiero, si ritrova invece indagato prima per truffa informatica e poi finisce a processo per il riciclaggio di 10 mila euro, provenienti a loro volta da una frode. E' la storia di M. B., 44 anni, che alla fine è riuscito a dimostrare l'equivoco e la sua totale estraneità ai fatti, tanto che è stato assolto dal gup Fabio Pilato, che lo ha processato con il rito abbreviato. Il giudice ha accolto le tesi dell'avvocato Gianluca Corsino, che difende l'imputato. 

La vicenda per M. B. inizia quando decide di inserire il suo curriculum in rete su uno dei tanti siti per trovare lavoro, finché un tale Ronald Moore, presentandosi come un dipendente di Airbnb, non lo aveva contattato per mail e gli aveva offerto di lavorare per l'azienda americana come "administrative assistant", ovvero col compito di gestire i clienti in Italia. Dopo una fitta corrispondenza, l'imputato aveva anche ricevuto un "modulo di adesione a tempo di prova" della durata di 10 giorni. Tutto avrebbe lasciato pensare dunque ad un'operazione regolare.

Come primo passo, questa la richiesta fatta a M. B., trasferire 10 mila euro che gli sarebbero stati accreditati sulla suo conto ad una terza persona. L'uomo aveva accettato, convinto che si trattasse di somme dei clienti da girare all'azienda. Così dopo aver ricevuto i soldi il 4 aprile del 2019, lo stesso giorno aveva fatto un bonifico di 5 mila euro e quello successivo un altro da 4.750 euro, trattenendo 250 euro come compenso. Il 10 ottobre del 2020, però, gli era stato notificato un primo avviso di conclusione delle indagini con l'accusa di frode informatica.

E' solo in quel momento che l'imputato aveva scoperto che quei 10 mila euro non erano soldi dei clienti di Airbnb, ma il provento di una truffa, tanto che aveva presentato pure lui una denuncia. Durante un interrogatorio aveva spiegato la sua storia e il pm aveva chiesto l'archiviazione. Un'istanza poi accolta dal gip che aveva riconosciuto l'estraneità ai fatti dell'uomo. Poi però era arrivata l'altra inchiesta, quella per riciclaggio, per la quale la Procura aveva invece deciso di procedere, chiedendo il rinvio a giudizio e poi anche la condanna di M. B.

Il giudice, però, ha creduto alla versione della difesa, che ha dimostrato la totale inconsapevolezza dell'imputato circa la provenienza illecita dei 10 mila euro, elemento per il quale il reato viene meno. Se M. B. avesse saputo che si trattava di ripulire il denaro ricavato da una truffa, poi, non avrebbe dato certo gli estremi della sua carta Postepay (attiva sin dal 2015), cosa che - come ha sottolineato l'avvocato - avrebbe consentito immediatamente di risalire a lui. Inoltre, il compenso di 250 euro (successivamente devoluto alla Missione Speranza e carità di Biagio Conte) era irrisorio rispetto ai rischi dell'operazione compiuta. Infine, l'imputato non sarebbe l'unico ad essere stato raggirato con le stesse modalità, visto che altri casi sono stati denunciati anche nel resto d'Italia. Da qui l'assoluzione.

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