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VIDEO | Tra bastioni e fossati, il Castello a Mare riapre per la prima volta dopo il lockdown

Nuovi percorsi, la porta Aragonese ritrovata e l'ingresso per i disabili. La “sentinella”, il misterioso castello con le torride segrete, che fu anche sede dell'Inquisizione, riapre le porte dopo più di un anno e mezzo e lo fa con Le Vie dei Tesori

La “sentinella”, il Castrum Inferior, il misterioso castello con le torride segrete, che fu anche sede della Santa Inquisizione.  Il Castello a Mare ne ha viste tante, amato e odiato a dismisura a seconda di chi governava Palermo, almeno fino al 1922 quando fu quasi del tutto demolito tra l'indifferenza dei cittadini. Finalmente riapre le porte, per la prima volta dopo il lockdown: e lo fa con Le Vie dei Tesori, ghiotta occasione prima che venga definitivamente riconsegnato alla città, dal 1 novembre. Sabato prossimo (30 ottobre) dalle 10 alle 17,30 e domenica (31 ottobre) fino alle 12,30, una visita guidata che è una vera immersione nella storia, visto che si attraverserà il sistema dei bastioni, si scoprirà il fossato e si arriverà all'antica porta Aragonese, affacciata sullo spiazzo che un tempo si apriva sul mare. 

Costruito da Roberto Il Guiscardo, il Castello a Mare fu assediato talmente tante volte da riempire annali, nel Trecento fu assalito durante la Guerra del Vespro, poi ospitò il tribunale  cittadino prima che finisse allo Steri; sotto Bianca di Navarra si costruisce il fossato, gli Aragona lo dotano di ulteriori fortificazioni . I vicerè lo amano, ma poi gli preferiscono anch’essi lo Steri. E succederà di nuovo, per il Tribunale della Santa Inquisizione. A fine Cinquecento, lo scoppio di una polveriera uccide diverse persone tra cui il poeta Antonio Veneziano, che era stato incarcerato per avere deriso il vicerè conte d'Olivares. I Borboni lo fortificarono ancora, ma Garibaldi aizzò la popolazione chiedendo la sua distruzione: non gli riuscì, agli inizi del Novecento lo ritroviamo caserma militare; nel 1922 il Governo fascista ordina la sua demolizione a scariche di dinamite per far posto alla nuova Dogana, non servono a nulla gli appelli degli intellettuali, di Ernesto Basile, della Società di Storia patria: il castello viene distrutto, si salveranno  solo la porta Aragonese, il Mastio arabo normanno e la torre cinquecentesca, colpiti poi dalle bombe del ‘43.

Oggi fanno parte del grande parco archeologico, probabilmente il più ampio di Palermo con il complesso di Maredolce. Il lunghissimo lockdown ha permesso di riscrivere i percorsi. “Abbiamo sistemato i corrimano e le passerelle per i disabili (che a breve potranno accedere anche dal  secondo ingresso sul fronte principale di piazza Tredici Vittime), ma soprattutto abbiamo liberato la porta Aragonese dalla ragnatela dei ponteggi” spiega Caterina Greco,  direttore del Museo Salinas a cui compete la gestione del Castello a Mare. La porta – una delle più antiche della città – ritorna alla luce e permette di immaginare quello che doveva essere l'antico baluardo difensivo sul mare. “E’ un punto fondamentale nella topografia della città – continua la Greco -. L'impegno per i prossimi anni è proprio quello del suo recupero integrale che doterà Palermo non solo di un monumento dal fascino particolare, ma anche della sua musealizzazione con una serie di servizi per i visitatori”.

Il Castello a Mare doveva essere veramente imponente, con alte torri di guardia collegate da cortine murarie, che racchiudevano un bagaglio immenso, dotato di chiese (forse una moschea) e cappelle, attorno al complesso principale, oltre al Mastio arabo normanno fuori dall’area archeologica. Gli scavi hanno portato alla luce reperti di epoca musulmana che fanno pensare ad un grande insediamento precedente.  La storia è talmente straordinaria che il Castello, con le chiese della Magione e della Maddalena, Maredolce e la Cuba, è tra i principali candidati ad entrare nell'itinerario della World Heritage List dell'Unesco. 

E in pochi ricorderanno che qui giunsero i due Arieti in bronzo, famosi sin dall'antichità, visto che se ne parla sin dal 1500. Ospiti al castello Maniace di Ortigia, furono regalati nel 1448 da re Alfonso V di Aragona a Giovanni Ventimiglia, marchese di Geraci, come ricompensa per aver soffocato la rivolta siracusana. Il marchese li portò nel suo castello a Castelbuono. Confiscati dal viceré Gaspare de Spes, furono trasportati prima allo Steri, poi al Castello a Mare, dove li vide il Falzello, li disegnò Houel e li descrisse Goethe. Durante i moti del 1848, una delle due statue fu colpita da una cannonata. Ariete, oggi, ne resta uno solo, bellissimo e raro, e fa parte della collezione del Museo Salinas.

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