A vuoto le indagini sulla scomparsa dei Maiorana: chiesta di nuovo l'archiviazione
L'anno scorso il gip aveva disposto altri approfondimenti, ma per i pm non sarebbero emersi elementi utili. Padre e figlio sparirono ad agosto del 2007 e per il delitto sono indagati il costruttore Alamia, ormai deceduto, e il figlio del boss di Torretta
La verità sembra essere impossibile da trovare: dopo oltre tredici anni di indagini, la Procura ha chiesto infatti nuovamente di archiviare il fascicolo per l'omicidio e l'occultamento dei cadaveri dell'imprenditore Antonio Maiorana e di suo figlio Stefano, spariti nel nulla il 3 agosto del 2007. Non avrebbero dato alcun esito quindi gli ulteriori accertamenti disposti dal gip Marco Gaeta a settembre del 2019, quando aveva respinto la stessa istanza avanzata dai pm e accolto invece l'opposizione dell'avvocato Giacomo Frazzitta, che assiste Rossella Accardo, ex moglie e madre delle vittime.
La donna, che per tutto questo tempo si è battuta per capire che fine avessero fatto i suoi cari e che ha dovuto sopportare anche il dolore legato al suicidio di un altro figlio, si opporrà ancora una volta attraverso il suo legale, ma oggi non nasconde la sua stanchezza e la sua sfiducia. Il timore che il mistero non venga mai chiarito.
L'ultimo filone dell'inchiesta, coordinato dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dal sostituto Roberto Tartaglia (oggi al Dap), aveva fornito diversi importanti elementi, indicando non solo due ipotetici responsabili della morte dei Maiorana - il costruttore Francesco Paolo Alamia (ormai deceduto) e Giuseppe Di Maggio, figlio del boss di Torretta, Lorenzo - ma anche un possibile movente. Tuttavia, già a gennaio dell'anno scorso, la Procura aveva ritenuto di non avere elementi sufficienti per sostenere l'accusa in un processo e aveva chiesto di chiudere il caso. Il giudice aveva indicato spunti da approfondire, invece, ma con la scelta di chiedere nuovamente l'archiviazione da parte degli inquirenti bisogna dedurre che non hanno portato a nulla di concreto.
In base all'ultima ricostruzione, Maiorana padre avrebbe ricattato Alamia con un filmino pornografico, che avrebbe ritratto il costruttore durante un rapporto sessuale con una minorenne, per fargli cedere le sue quote delle società "Calliope" e "Edilia", che avevano appena realizzato una serie di immobili a Isola delle Femmine. Maiorana avrebbe dunque cercato di accaparrarsi l'affare proprio nel momento in cui le abitazioni erano pronte per la vendita.
Effettivamente, come è stato riscontrato durante le indagini, proprio in quel periodo, le quote di Alamia erano state intestate a titolo gratuito all'ex compagna di Maiorana, l'argentina Karina Andrè. Inoltre, alcuni testimoni hanno riferito che nel cantiere in quei giorni sarebbero volati stracci.
In alcune intercettazioni tra un cugino di Di Maggio e un suo conoscente, Antonello Taormina, vi sarebbero stati poi dei riferimenti al delitto: "Quell'altro portò la macchina pure, che non è stato?", diceva il primo e, secondo i pm, si sarebbe riferito a chi avrebbe portato la macchina delle vittime, una Smart, nel parcheggio dell'aeroporto di Punta Raisi, dove fu ritrovata il giorno stesso della scomparsa di padre e figlio. Un dato che fece peraltro ipotizzare un allontanamento volontario da parte delle vittime.
In un altro punto, Di Maggio diceva: "Si è salvato perché si è litigato cu nicu (Stefano Maiorana, ndr), mica sa chi gliel'ha data (...) solo che quello disse: 'C'ero pure io qua! Poi sono uscito, me ne andai ed è rimasto Giuseppe (Di Maggio, ndr)". Il gip, tra le altre cose, aveva chiesto proprio di sentire i due interlocutori di queste conversazioni per chiarire di cosa parlassero e cosa potessero sapere concretamente della sparizione delle vittime, i cui corpi non sono mai stati ritrovati.