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Cronaca Petralia Sottana

Orgia, abusi e arresti illegali nella caserma: a giudizio l'ex comandante palermitano

Il maresciallo maggiore dei carabinieri Marco Orlando, originario di Petralia Sottana, ha scelto il rito abbreviato come altri suoi colleghi. Secondo la Procura, l'obiettivo dei militari in servizio a Piacenza sarebbe stato quello di sembrare più bravi di altri. Avrebbero anche gestito un giro di spaccio

E' stato rinviato a giudizio e ha scelto il rito abbreviato Marco Orlando, il maresciallo maggiore originario di Petralia Sottana che fino a qualche mese fa era alla guida della caserma dei carabinieri "Levante" di Piacenza, finita al centro di uno scandalo proprio per via, secondo la Procura, di comportamenti illeciti da parte di una decina di militari. 

In base alla ricostruzione degli investigatori, Orlando insieme ai colleghi avrebbe dato vita - paradossalmente - ad un'organizzazione criminale il cui obiettivo sarebbe stato quello di fare quanti più arresti possibili e risultare dunque più bravi di altri. Come? Compiendo arresti illegali, inventando fatti che non sarebbero mai avvenuti, non esitando anche a maltrattare gli indagati, come alcuni di loro hanno denunciato. Per i pm di Piacenza, però, la presunta banda in divisa avrebbe anche gestito un giro di spaccio nella città emiliana. Non solo: proprio nell'ufficio di Orlando nella caserma si sarebbe tenuta un'orgia con due donne.

Orlando è imputato in abbreviato con Giuseppe Montella, Salvatore Cappellano, Giacomo Falanga e Daniele Spagnolo. Erano stati tutti arrestati dalla guardia di finanza nel blitz "Oddysseus" del 22 luglio scorso. "Mentre Piacenza stava combattendo il Covid e contando i propri morti - aveva dichiarato il procuratore capo di Piacenza, Grazia Pradella - un'intera caserma dell'Arma dei carabinieri durante il lockdown, nel più totale disprezzo e spregio delle regole, si è macchiata di reati gravissimi". Le contestazioni sono a vario titolo di spaccio, ricettazione, estorsione, arresto illegale, tortura, lesioni personali aggravate, peculato, abuso d'ufficio, rivelazione ed uso di segreto d'ufficio, falso, perquisiziomi ed ispezioni personali arbitrarie, violenza privata aggravata, truffa ai danni dello Stato.

Parlando di Orlando, il gip di Piacenza, Luca Milani, che ne aveva disposto l'arresto aveva scritto nell'ordinanza che aveva poi dedicato al giudice Paolo Borsellino di "un atteggiamento caratterizzato da dolose omissioni, falsità, superficialità e accidia" per "mere ragioni di carriera personale". E aveva messo in evidenza che l'imputato sarebbe stato "più attento a comunicare trionfalmente al maggiore Stefano Bezzeccheri (anche lui finito sotto inchiesta, ndr) il successo dell'operazione e a farsi immortalare con i suoi militari nella classica foto di rito da consegnare ai giornalisti locali piuttosto che a compiere i propri doveri".
 

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