La Cala di notte: "Inutile fare gli eroi, comandano i posteggiatori"
Riceviamo e pubblichiamo:
Raccolgo per la pausa estiva, recuperandolo a Punta Raisi, mio figlio (il mio "bonsai" grande), che da 4 anni è in positivo esilio universitario al "Nord" ma non rinuncia, appena può, a rituffarsi nella sua rete di affetti e di amicizie palermitane. Nello stesso pomeriggio lo vedo agitarsi stranamente nervoso, dopo una telefonata, e armeggiare con il cellulare di mia moglie, risalente allo scorso millennio (il cellulare…s'intende…). "Ma che stai facendo"? Gli sibilo.
- "Eh.., pà... sai.. stasera vado al Castello a Mare, non so dove troverò parcheggio, anche lontano... è un casino soprattutto al ritorno, di notte. Ne sono successe troppe. Hanno rapinato L. l'altra notte, a S. gli hanno puntato il coltello e gli hanno preso cellulare, soldi e orologio, e ne sento sempre più".
- "Si,vabbè, e allora?"
- "Contromisure, pà. Intanto vedo se la scheda del mio è compatibile per questo rudere di mamma, ed esco col suo...ecco... aspetta...sssi!! Fatto. Adesso via portafoglio e orologio. Fammi solo la fotocopia della patente, pà, per favore. Bastano 20 euro e 2 pezzi da 1. Appena vedono che cellulare ho, cambiano obiettivo perché mi classificano come morto di fame. Così faccio scendere alla grande il rischio rapina".
-"E cosa c'entrano i due pezzi da un euro?" Domanda stupida, ridondante.
- " Ma dove vivi? Ci tengo alla carrozzeria. Provo con un euro, ma se si comincia a incazzare gliene mollo un altro e sono tranquillo. La sera poi è inutile fare gli eroi...sono con la ragazza e non posso rischiare, che già dobbiamo stare attenti ovunque mettiamo i piedi.
Cretinamente, mi ero scordato dei posteggiatori abusivi e del loro "controllo del territorio". Nel frattempo si fa sera. Lui si dilegua e decido di andare a curiosare anch'io, con la mia dolce treqquarti, poco dopo, verso la Cala, già Porta Carbone.
Voglio capire "il contesto".
In via Francesco Crispi, ancor prima di piazza Tredici Vittime, la mia anzianotta quattroruote è circondata da un marea di petulanti lamiere, ma anche da frotte di umanità in chiaroscuro che si dirige a piedi verso il Castello, in un ingorgo a croci uncinate di artistica bellezza. Una rarità. Un capolavoro.
Con calma glaciale, senza rispondere a provocazioni di motociclette impazzite "tagliastrada" e di sgommate nervose di panormosauri incazzati, riesco a raggiungere piazza Marina, alla ricerca di un parcheggio. Anche quello privato è esaurito e sto per tornare a casa ma si libera miracolosamente un posto (che c...!) proprio in quel momento. e...zac! Arriva lui. Sullo sfondo una rassicurante pattuglia di vigili urbani in sosta che sembra controllare l'area. Fingo di non vederlo. Se ne ritorna sui suoi passi brontolando malefici contro di noi, ma me ne fotto. Mia moglie non è d'accordo ma io non voglio alimentare questa mafia di secondo livello. Sono una persona tutta d'un pezzo, io. La legalità è un valore, per me, non ci rinuncio. E' una questione di principio.
La strada d'ingresso al Castello a Mare, chiusa "più o meno" al traffico, è qualcosa di spettacolare, credo di unico al mondo. Una congerie di venditori improvvisati di alcolici, banchettini improbabili con sopra panini pronti con diritto d'aria e polvere, eleganti micro e macro barbecue in cui si "arroste" di tutto e di più, con fumo che ti investe allegramente al passaggio. Intere famiglie di "imprenditori" che ti propongono il loro "business", seduti su tavolini e sedie, piazzati ovunque, insomma un bazar enogastronomico che EXPO gli fa un baffo. "Igiene" e "sicurezza" sono concetti sconosciuti, così come "agenzia delle entrate". Riusciamo a passare. La cosa che mi rassicura (…) è che percorrono quella strada, accanto a me, due vigili urbani appiedati, che si dirigono verso l'ingresso del Castello. Quindi sarà tutto in regola, penso. All'ingresso trovo alcuni signori che indossano una pettorina con scritto "security". Tastano la borsa di mia moglie, lasciando nel contempo passare con delle bottiglie di birra in vetro in mano alcuni allegri indigeni che non sembravano affatto essere reduci da un seminario di studi filosofici. Diciamo mezzi ubriachi, ma non è reato. Fanno bene, penso, a controllare mia moglie: il crimine si annida fra gli insospettabili.
Avuto il loro risolutivo ok stiamo lì per un pò, ma non è un posto che, diciamo, ci attrae, e ce ritorniamo dalla parte del porticciolo, posto bellissimo ma stracolmo e invivibile, quasi impercorribile. Strettoie, calca di gente, difficoltà a star vicini, altri tavolini in mezzo. La sto perdendo di vista…
- "Senti, se ci perdiamo, ti chiamo al cellulare!".
- "Se lo è portato tuo figlio, il mio cellulare...". (ulp…).
Decidiamo di tenerci per mano (che poi è bellissimo...) e riattraversiamo a piedi la curva della Cala gustandoci un concerto notturno, (anche questo gratuito) di clacson, purtroppo disturbato da una concentrazione di gas non proprio salutare. Ritroviamo l'auto, e questa è una bella notizia. Firmata, ma la ritroviamo. L'artistica "firma", a mezzo di presumibile punteruolo è stata inferta sulla portiera lato guida. Lei se ne accorge, ma non infierisce. Sta zitta per tutto il ritorno. Silenziosa, inappellabile, quanto dolorosa condanna. Io penso che il mio rampollo, a questo punto, aveva ragione a cedere al ricatto. Era il minore dei mali. Troppo idealista, il padre, più realista del re il figlio, per il cui rientro trepidiamo un po'.
-"Ehi, Tutto a posto?" Gli risibilo, alle 3,00, dalla camera da letto, sentendogli richiudere la porta.
- "Si, pà, ...tuttàpposto! Bbonanuòtti!"
Mi ha risposto così, ricalcando con voluta ironia l'inflessione "palermitanesca" che da qualche anno sembrava aver smarrito.
Mi sa che la prossima volta, anch'io mi piegherò alla legge della "messa a posto".
Segnalazione giunta alla redazione di PalermoToday da Giuseppe Catalano