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Cronaca

Veleni al "bunkerino" del palazzo di giustizia, Giovanni Paparcuri: "Vado via, sono inviso a troppi"

Bufera sui social per la decisione del sopravvissuto alla strage di via Pipitone Federico che lavorò con Falcone e Borsellino, anima del museo: "Sono stanco e disgustato, è stato un susseguirsi di ostacoli, invidie e ipocrisia". Il giornalista Piero Melati rinuncia a ritirare un premio letterario per solidarietà. Anm e Progetto Legalità: "Ci ripensi"

E' amareggiato, più precisamente - perché Giovanni Paparcuri non è uno che gira intorno alle cose e che le sfuma per renderle più gradevoli - disgustato. "Sono stanco, adesso davvero non ce la faccio più e non voglio più sentire parlare di nulla". E' così che commenta la sua decisione - resa pubblica ieri attraverso una serie di post su Facebook - di lasciare il bunkerino, ovvero il museo realizzato nelle stanze dove lavorò con i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Museo di cui è l'anima, tanto che molte persone gli hanno scritto, deluse per la sua assenza.

Una scelta, quella di Paparcuri (sopravvissuto alla strage in cui morì il padre del pool antimafia, il giudice Rocco Chinnici) che ha suscitato tanto frastuono sui social, indignazione e delusione e centinaia di richieste di ripensarci. La reazione più incisiva (e quasi immediata) è stata quella del giornalista Piero Melati che "in segno di solidarietà con Giovanni" ha deciso di non ritirare il riconoscimento nell'ambito del premio Racalmare, fondato da Leonardo Sciascia, al suo ultimo libro, "Paolo Borsellino, per amore della verità". E Melati (che ha un approccio molto particolare al tema della memoria e chi ha letto i suoi "Vivi da morire" o "La notte della civetta" lo sa bene) non ha esitato a scrivere "così è morta definitivamente l'Antimafia". Una presa di posizione molto netta, dunque, con la quale il giornalista non esita a puntare il dito contro quel fare memoria che è solo "immagine", facciata, sul quale "costruire carriere e successo" e che ha ammorbato la possibilità di fare memoria "vera" negli ultimi decenni.

"Dissapori e ostilità, lascio il bunkerino"

Alla base della scelta di Paparcuri ci sono una serie di dissapori e un clima di ostilità che ha avvertito negli ultimi anni al palazzo di giustizia, questioni legate proprio alla gestione e ai ruoli all'interno del museo. I suoi post sono al vetriolo e anche se non fa nomi, lascia trapelare tanta amarezza e rabbia. Di fronte a "tanta ipocrisia", "falsa solidarietà", "invidie", "sospetti" e "lamentele".

Anm e Progetto Legalità: "Ci ripensi, disposti a parlare e chiarire"

Messaggi duri, per nulla velati (in perfetto stile Paparcuri) che sono stati letti anche dall'Anm e dalla Fondazione Progetto Legalità, che gestisono il museo, e da parte delle quali - al di là delle polemiche e dei toni - c'è la massima apertura per chiarire ed evitare che Paparcuri lasci il bunkerino. Una serie di incomprensioni che si sono sommate nel tempo e che evidentemente Paparcuri non riesce più a reggere, ma che - seduti ad un tavolo - potrebbero anche ricomporsi. "Sappiamo perfettamente - dicono - chi è Giovanni Paparcuri e abbiamo sempre riconosciuto il suo apporto fondamentale, il suo valore e il bagaglio di memoria che porta al museo. E' una sua scelta quella di lasciare, ma noi non vogliamo questo, vogliamo che resti e continui il percorso avviato anni fa".

La replica: "Polemiche che non onorano i nostri martiri, Giovanni ripensaci"

"Sono inviso a tanti, per questo vado via"

Nel suo primo post, ieri, Paparcuri ha ricordato la festa della guardia di finanza del 2017, alla quale era stato invitato e dove però "un magistrato vedendomi mi ha rovinato la giornata dicendomi: 'Ma lei che ci fa qui', come se fossi un imbucato. Già - scrive su Facebook - non facevo e non faccio parte degli eletti, lì ho capito che ero inviso a tanti e che non avrei avuto vita facile. E così è stato, ma mi sono stancato, per questo lascio".

"Sono stanco di ipocrisia, invidie e lamentele"

In quello successivo entra maggiormente nel merito e spiega le ragioni per le quali ha deciso di non andare più al bunkerino: "Grazie dei messaggi ma voi non dovete venire per me, ma per loro (si riferisce ai giudici Falcone e Borsellino, ndr). Io non ci sarò più, ma ci tengo a precisare che non è una resa, me devo farlo perché sono stanco, stanco di chiedere continuamente scusa, di leggere certe cose, della tanta ipocrisia e della falsa solidarietà, stanco di difendermi, stanco delle invidie, dei sospetti, delle lamentele". E ancora: "Scrivo perché mi sarei aspettato un incontro de visu con i vertici per una chiarimento definitivo e risolutorio, invece silenzio assoluto, salvo rare telefonate di soli rimproveri".

"Tante delusioni, ma scelgo da uomo libero"

E continua: "L'ultima è stata veramente pesante, sono stato accusato di essere egocentrico, perché ho detto metaforicamente 'da padrone di casa sono diventato nemmeno un inquilino, nessuno'. Ma era in senso figurativo, per spiegare il mio malessere interiore. La risposta è stata: 'Tu sei padrone di niente, sei solo egocentrico'. E' vero, sono padrone di niente, ma della mia dignità sono più che padrone". Poi aggiunge: "Scrivo per la delusione di due magistrati che ritenevo amici, invece anche da loro silenzio assoluto ed è quello più assordante, ma il sistema è questo, cane non mangia cane. Riconosco anche di aver fatto degli errori ma sempre in buonafede. Non so se c'è un cielo né se ci sono degli angeli che ci guidano, ma noi siamo umani, viviamo in questa terra e contano solo i fatti reali, belli o brutti che siano. E quando vedi che ti hanno 'rubato' anche i tuoi ricordi e che ci sono cento cani attorno ad un osso, è meglio lasciare. La vita è fatta di scelte, anche dolorose, e quando arriva l'ora non puoi tirarti indietro ed io scelgo da uomo libero consapevole di avere fatto il mio dovere fino in fondo. Chiudo esortandovi a venire, gli uomini passano, ma la vita continua".

"La misura è ormai colma, è stato un susseguirsi di ostacoli"

"In un altro post  Paparcuri spiega poi una serie di difficoltà che in questi anni avrebbe incontrato: "La misura ormai è colma a me bastava essere lasciato tranquillo e l'ho fatto in primis per i giudici Falcone e Borsellino e per le tante persone che sono venute in visita. Invece è stato un susseguirsi di ostacoli, dall'impedirmi di andare un bagno chiudendomi i varchi, dal mettermi una persona accanto che doveva soltanto aiutarmi nel gestire le prenotazioni, invece è diventato anche un censore e controllore dei miei ricordi e invadente nei miei rapporti con le persone".

Il "bunkerino" dova Falcone e Borsellino sono ancora vivi

"Questo palazzo è rimasto il palazzo dei veleni"

Il messaggio più amaro e doloroso è quello pubblicato all'alba di oggi, con una foto del palazzo di giustizia: "In questo luogo ci ho vissuto per 42 anni, ho conosciuto straordinarie persone, ho rischiato di morire, ho ripreso mettendo da parte le tante delusioni che ho dovuto ingoiare. Il mio sogno era che da morto o poco prima di morire mi avrebbero portato lì per un ultimo saluto. Ma alla luce delle ultime vicende devo confessare che adesso lo odio e non ne voglio più sentire parlare. Era e rimarrà per sempre il palazzo dei veleni".

Melati: "Così è morta definitivamente l'Antimafia"

Melati, di fronte alle parole di Paparcuri, non ha usato neppure lui metafore e giri di parole: "Per me - ha scritto su Facebook - così è morta definitivamente l'Antimafia, non me ne parlate più, tenetevela per voi e le vostre fandonie. La presenza di Giovanni in quel velenoso panorama costituiva una delle ultimissime ragioni per sopportare quella baracca maleodorante, che insulta ogni giorno la memoria dei caduti e delle vittime. Il 27 sarei dovuto andare a Grotte, al premio Racalmare fondato da Leonardo Sciascia, a ritirare un riconoscimento che la giuria ha generosamente riconosciuto al mio libro 'Paolo Borsellino per amore della verità', il cui capitolo 'Senza tante cerimonie' era dedicato proprio al museo del bunkerino e a Giovanni Paparcuri, in rappresentanza di quei collaboratori veri e diretti del pool di giudici antimafia di Palermo che mai vengono invitati alle cerimonie ufficiali. Ebbene scriverò alla cortese giuria ringraziandola, ma aggiungerò che non mi sento di ritirare il premio per solidarietà con Giovanni Paparcuri".

"Un teatrino ridicolo per costruire carriere e pasteggiare sulla memoria dei caduti"

"Ora vedrete - aggiunge - che qualcuno correrà ai ripari, per evitare il danno d'immagine. E qualcun altro farà invece il duro, perché la baracca ha bisogno di espellere definitivamente i Paparcuri per poter funzionare come funziona, ovvero per pura immagine. Per quanto mi riguarda il danno è fatto. Se non dobbiamo arrenderci, come ci invita Giovanni, per la memoria oppure per la legalità o per quello che volete, dovremo trovare un altro luogo, altri ambiti, altri contesti, che non siano mai più la cosiddetta 'Antimafia', almeno per quanto mi riguarda. Ce ne ricorderemo di questo Trentennale. Sono stati toccati i punti più alti di un ridicolo e mefistofelico disegno che va avanti da decenni: fare carriere e avere potere e successo calcando un teatrino di guitti e falsari che prevede di pasteggiare sulla memoria dei caduti".

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