Caso Adile, il Riesame respinge l'istanza di scarcerazione: resterà ai domiciliari
Non è stata accolta la richiesta presentata dai legali che attendono di leggere il provvedimento per valutare un eventuale ricorso in Cassazione: "Non è possibile attribuire con certezza quella voce al nostro assistito"
Respinta l’istanza per la revoca dei domiciliari del primario di Uroginecologia di Villa Sofia accusato di violenza sessuale. Così hanno deciso i giudici del Riesame che non hanno accolto la richiesta presentata dai legali di Biagio Adile, arrestato lo scorso 2 novembre dopo la denuncia presentata da una sua paziente, una tunisina di 28 anni dalla quale il medico avrebbe preteso dei favori sessuali per quanto era riuscito a fare per la sua situazione clinica. Al centro dell’indagine una registrazione che la donna ha fatto con il cellulare e che incastrerebbe lo specialista, che nel corso dell'interrogatorio di garanzia ha preferito non rispondere alle domande del giudice.
La vittima della presunta violenza, arrivata a Palermo e ospite di una casa famiglia della provincia, si era rivolta ad Adile che si è messo a sua disposizione riuscendo finalmente a trovare una cura per risolvere suo problema. Due gli episodi finiti sotto la lente degli investigatori, uno nello studio privato del primario e l’altro nel reparto di Villa Sofia. Al secondo appuntamento, e dopo le prime avvisaglie, la donna si è presentata al cospetto del 65enne primario di Racalmuto (Agrigento) - nel frattempo sospeso dall'azienda - con un cellulare nascosto nella borsa e pronto a registrare.
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In quel file audio, consegnato agli investigatori della sezione di polizia giudiziaria presso il Tribunale dei Minori, ci sono gli elementi che hanno portato all’arresto. E su quella registrazione nutrono dubbi i legali difensori di Adile che attendono di leggere le motivazioni del rigetto per avere un quadro più chiaro e valutare le prossime mosse: “Riteniamo che l’accusa - dichiarano a PalermoToday Andrea Treppiedi e Antonino Agnello - sia falsa e calunniosa. Prima bisognerà accertare se la registrazione sia autentica e anche in quel caso non è da escludersi che la donna fosse consenziente”. Solo allora decideranno se ricorrere in Cassazione.
La difesa, oltre a mettere in discussione il contenuto del file audio esaminato da un consulente nominato dal pubblico ministero, contesta il mancato sequestro di quel cellulare - dal quale è stata estrapolata la trascrizione poi inserita nell’ordinanza di custodia cautelare - costituirebbe una grave lesione del diritto di difesa. In questo modo per gli avvocati, i quali sostengono che non ci sia modo di attribuire ad Adile quella voce, non sarebbe possibile eseguire alcun tipo di verifica tecnica.