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Cronaca

Allarme di Libera: "Lo Stato confisca i beni ai boss ma poi non li usa"

"I mafiosi - spiega Don Ciotti - sono disposti anche ad accettare il carcere ma non che gli vengano tolti i poteri ovvero i soldi, le terre. Per loro bonificare quei territori è uno schiaffo"

"La legge che permette la confisca dei beni mafiosi "è stata una delle più belle risposte però metà di questi beni non sono usati, molti sono abbandonati". A lanciare l'allarme è Don Luigi Ciotti, presidente dell'associazione Libera, nel corso di un incontro con degli studenti. Per Ciotti "Si potrebbe fare di più La confisca è uno schiaffo a chi ha scelto il male ed è una bonifica sociale e culturale". 

Secondo le stime di Libera, sono più di 36.600 beni immobili (conteggiando le particelle catastali) confiscati dal 1982 a oggi, il 48% sono stati destinati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali (ha competenza sia per beni mobli e immobli sia per aziende) ma 5 beni su 10 rimangono ancora da destinare. Il maggior numero di beni immobili confiscati in Sicilia (6906), poi ci sono Calabria (2908), Campania (2747), Puglia (1535) e Lombardia (1242). Sono invece 4384 le aziende confiscate di queste il 34% è stata già destinata alla vendita o alla liquidazione, all'affitto o alla gestione da parte di cooperative formate dai lavoratori delle stesse; il 66% è in questo momento ancora in gestione presso l'Anbsc. Anche qui la Sicilia prima tra le regioni per il numero aziende destinate (533),a ruota ci sono Campania (283), Calabria (204) e Lazio (160).  

"I mafiosi - spiega Don Ciotti - sono disposti anche ad accettare il carcere ma non che gli vengano tolti i poteri ovvero i soldi, le terre. Per loro bonificare quei territori è uno schiaffo. Non sopportano di vedere giovani associazioni che si allargano e di vedere giovani che vanno sulle loro terre confiscate a lavorare". Per il presidente di Libera "la lotta alle mafie e alle illegalità non è solo il compito della magistratura, delle forze di polizia a cui va stima e gratitudine per il loro lavoro, ma è un compito di ciascuno di noi". 
 

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