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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Batterio killer a Verona: palermitana dà alla luce Annamaria, è il primo parto dopo la riapertura

E' la prima bimba nata dopo la sanificazione dal batterio killer insediatosi nell'ospedale scaligero. Un episodio su cui le polemiche sono sempre accese

E' di colore rosa il primo fiocco del riaperto punto nascita dell'ospedale della donna e del bambino di Borgo Trento. Sul profilo Facebook istituzionale dell'Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona si legge: "Alle 00:02 di mercoledì 2 settembre è nata una bellissima bambina di nome Annamaria. A lei e alla mamma Maria Teresa vanno i nostri più sinceri e affettuosi auguri".

Ieri, dunque, è stato il giorno in cui sono davvero ripresi i parti nell'ospedale più importante della provincia di Verona, diventato purtroppo teatro di un caso di portata nazionale, il caso del batterio killer citrobacter koseri. La bambina è figlia di una signora originaria di Palermo e residente a Verona, al terzo parto.

Annidatosi in una rubinetto usato dagli operatori della terapia intensiva neonatale dell'ospedale, il citrobacter avrebbe infettato quasi 100 neonati, causando 4 morti e lesionando gravemente altri 9 bambini. Questo è quanto riporta la relazione della commissione ispettiva voluta dalla Regione Veneto per far luce su di una vicenda che si sarebbe trascinata da anni. Il primo caso di morte risale infatti al 2018, ma ci sarebbero casi di infezione anche in anni antecedenti (si parla di 17 casi tra il 2015 e il 2017, quando ancora la struttura non si chiamava ancora ospedale della donna e del bambino). Il punto nascita, però, è stato chiuso solo nello scorso mese di giugno e durante l'estate, oltre all'indagine della commissione, si è svolta anche la sanificazione degli ambienti che da martedì scorso, 1 settembre, hanno potuto accogliere di nuovo donne partorienti. Contemporaneamente con la riapertura, si è saputo anche che la commissione aveva concluso il suo lavoro e aveva spedito la propria relazione al presidente del Veneto Luca Zaia, il quale l'ha subito inoltrata alla Procura di Verona per aiutare la sua inchiesta.

Nella relazione, oltre al punto colonizzato dal citrobacter koseri e da altri batteri, sarebbero state indicate alcune mancanze da parte dell'ospedale. Carenze soprattutto di igiene che avrebbero favorito le infezioni di questo pericoloso microrganismo. Il personale medico avrebbe sottovalutato i primi segnali della presenza del citrobacter. E alcune importanti procedure non sarebbero state seguite. Ad esempio, non sarebbe stata usata acqua sterile, ma acqua del rubinetto, e le mani degli operatori non sarebbe stata sempre igienizzata con sostanze a base alcolica. Ma ci sarebbero state mancanze anche di natura comunicativa, con l'Aoui che non avrebbe informato tempestivamente la Regione su quanto stava accadendo.

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