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Cronaca

Assolto ex presidente dell'Aias: "Non usò i soldi dei disabili per viaggi e cene al ristorante"

Ribaltata in appello la sentenza a carico di Giorgio Di Rosa, che in primo grado era stato invece condannato a due anni perché avrebbe utilizzato quasi 600 mila euro ricevuti dall'Asp per spese personali. Definitiva invece la sentenza per danno erariale della Corte dei Conti: deve rimborsare circa 280 mila euro

I fatti "non sussistono" e "non costituiscono reato": assoluzione piena in appello per l'ex presidente dell'Aias, Giorgio Di Rosa, che in primo grado, nel 2018, era stato invece condannato dal tribunale a due anni perché - secondo la Procura - avrebbe sperperato quasi 600 mila euro versati dall'Asp di Palermo per curare l'assistenza ai disabili in viaggi, soggiorni in albergo e cene al ristorante. I giudici della prima sezione penale della Corte d'Appello hanno accolto le tesi dell'avvocato Giovanni Di Benedetto, che difende l'imputato.

Il collegio presieduto da Adriana Piras ha anche revocato la confisca delle somme che erano state bloccate a Di Rosa e il risarcimento per l'Aias, che si è costituita parte civile. In primo grado era già stato assolto dall'accusa di malversazione ai danni dello Stato anche il figlio dell'imputato. 

L'inchiesta - partita nel 2015 - aveva sollevato un polverone perché, secondo la ricostruzione dell'accusa, Di Rosa avrebbe utilizzato i soldi pubblici destinati all'assistenza di persone con gravi handicap per i suoi sfizi. Con la sentenza emessa oggi questa versione viene meno. Tuttavia, l'ex presidente dell'Aias, a settembre scorso, come aveva raccontato PalermoToday, è stato invece condannato in via definitiva dalla Cassazione in seguito dal procedimento avviato dalla Corte dei Conti per danno erariale e deve restituire all'Asp 274.911,41 euro.

All'imputato venivano contestati rimborsi chilometrici non dovuti per 333 mila euro, in relazione agli spostamenti che ogni giorno faceva tra Modica, dove era residente, e la sede dell'Aias di Palermo, ma anche spese per 30 mila euro in alberghi e ristoranti, in particolare al San Paolo Palace, dove Di Rosa avrebbe pagato un soggiorno per sé, suo figlio, la moglie e i cognati, nonché 3 mila euro per la parcella di un avvocato che avrebbe però seguito una pratica senza alcuna correlazione con l'associazione, e altri 212 mila euro per un incarico professionale esterno affidato al figlio, oltre alle spese di viaggio da questi sostenute. Sulla scorta dei diversi (e contrastanti) esiti giudiziari, quindi, l'imputato provocò un danno alle casse dell'Asp, ma allo stato non commise alcun reato.

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