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Cronaca Politeama / Via Cavour

Buttafuori pestato a sangue, individuati altri quattro aggressori

Sono un giovane di Brancaccio e tre della Zisa. Dalle indagini di polizia è emerso che anche loro avrebbero fatto parte del "branco" che, dopo essere stato "rimbalzato" nel privè de "Le Terrazze Excelsior", picchiò il trentenne

Individuati altri quattro componenti del “branco” che avrebbe pestato a sangue un buttafuori de “Le Terrazze Excelsior”. La polizia ha eseguito un’ordinanza di applicazione della misura cautelare dell’obbligo di dimora, emessa dal gip del tribunale di Palermo, per quattro giovani. Si tratta di F.A., 26enne di Brancaccio, di P.S.T. (22 anni), D.A.M (26) e T.A.P. (21), della Zisa. Lo scorso 14 ottobre sono finiti in manette Nicolò Di Michele (26 anni), Salvatore Incontrera (19) e Raffaele Di Dato (20).

I fatti risalgono alla notte del 21 febbraio 2016. Un gruppo di giovani tentò di accedere al privè pur non avendo alcun titolo per farlo. Al rifiuto del buttafuori, che li “rimbalzò”, si allontanarono per tornare successivamente armati di bastoni e lo picchiarono brutalmente. L'addetto alla sicurezza fu ricoverato all’ospedale Civico e rimase per qualche giorno in prognosi riservata. Grazie all’analisi delle immagini riprese dal sistema di videosorveglianza e dopo le indagini furono arrestati tre giovani con l’accusa di lesioni aggravate e violenza privata. Già in quell’occasione il capo della Squadra Mobile, Rodolfo Ruperti, chiarì: “Ci sono altri responsabili e stiamo cercando di individuarli”.

VIDEO: ARRESTATI ESCONO DALLA QUESTURA

Il 4 marzo 2017 è stato disposto l’aggravamento della misura cautelare per Di Michele, che dai domiciliarI è passato in carcere. La polizia ha trovato il giovane in compagnia di alcuni pregiudicati e, in un altro episodio, anche in possesso di sostanza stupefacente. Nove giorni dopo, invece, il giudice ha accolto (in attesa del processo) l’istanza di scarcerazione per Raffaele Di Dato. Il suo avvocato ha ottenuto il risultato facendo leva su un’incongruenza emersa nel corso delle indagini, ovvero quella relativa al colore della camicia indossata quella sera dal 21enne. A professare la sua innocenza, poco dopo gli arresti, era stata la madre: “Mio figlio non è mai stato complice di nessuno e lo dimostreremo durante il processo”.

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