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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Maxitruffa con le auto rubate, inchiesta nata da Facebook e da un parcheggio occupato

Sul social dialogavano anche un carabiniere e Gaetano Cangemi, uno degli arrestati, che avrebbe pure gestito l'area davanti all'Nh Hotel. L'imbroglio con i finti furti ammonterebbe a centinaia di migliaia di euro. La banda preferiva il sabato per far sparire le macchine. Ecco i nomi degli indagati

Una truffa alle assicurazioni da centinaia di migliaia di euro che, a differenza di quelle messe a segno dai così detti spaccaossa, non richiedeva incidenti e feriti, scoperta grazie ad una pagina Facebook - "Giulia Gaetano-Il cornuto di Palermo" - e all'occupazione del parcheggio dell'Nh Hotel (che è estraneo alla vicenda). L'operazione "Dirty Cars" dei carabinieri della compagnia di Misilmeri, che ha fatto finire sotto inchiesta 16 persone, tra cui un appuntato scelto dei carabinieri in servizio alla stazione Palermo Scalo, Giuseppe Lo Casto, e un agente di polizia, impiegato all'Ufficio prevenzione generale della questura, Fabrizio La Mantia (entrambi già sospesi dal servizio), è decisamente corposa: sono ben 51 le pagine in cui vengono descritti i 165 capi d'imputazione contestati dal procuratore aggiunto Ennio Petrigni.

Gli indagati

Il gip Guglielmo Nicastro, che ha emesso l'ordinanza di custodia cautelare, ha disposto tre arresti, quelli di Antonino Cangemi (classe 1995), nonché di Carmelo e Gaetano Cangemi. Ad altri 7 indagati è stato imposto invece l'obbligo di dimora, si tratta di Matteo Cavallaro, Ivan De Luca, Marco Litrico, del carabiniere Lo Casto, di Gaetano Pitarresi (detto "Samuele"), Paolo Rovetto ed Antonino Scalavino. Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, invece, per Luca Ferrara, Giuseppe Ippolito, il poliziotto La Mantia, Antonino Sardina, Marzia Dallari e Concetta Presti.

L'origine dell'inchiesta su Facebook

Come si legge nell'ordinanza, l'inchiesta sulla maxitruffa alle assicurazioni è nata da alcune segnalazioni. La prima è giunta ai carabinieri e riguardava una pagina Facebook denominata "Giulia Gaetano-Il cornuto di Palermo", dietro la quale si sarebbe celata un'attività di riciclaggio di auto rubate, trasportate da Napoli a Palermo. I militari hanno quindi indagato e scoperto diverse conversazioni sul social network tra il loro collega Lo Casto - che avrebbe aiutato la presunta banda a stilare falsi verbali di furto delle auto e ad inserirli nella banca dati delle forze dell'ordine - e Gaetano Cangemi, che per la Procura sarebbe uno dei capi dell'associazione a delinquere finalizzata alle truffe. Altre persone finite poi sotto inchiesta avrebbero dialogato sulla stessa pagina.

Da lì, scrive il gip, "emergeva con assoluta nitidezza la febbrile e quotidiana attività di una organizzazione criminale professionalmente dedita a lucrose frodi assicurative". Contestualmente, la squadra mobile stava invece lavorando ad una serie di denunce di estorsione da parte di automobilisti che avrebbero lasciato l'auto nel parcheggio dell'Nh Hotel, al Foro Italico, e sarebbero stati costretti a pagare un dazio. A gestire l'area sarebbero stati proprio i Cangemi e i poliziotti avevano piazzato delle telecamere per intercettarli. Non sarebbero emersi gli estremi per contestare le presunte estorsioni, ma sarebbe venuto invece alla luce il riciclaggio di mezzi.

Il meccanismo della truffa

A spiegare i vari passaggi dell'imbroglio è il giudice, che mette in evidenza come gli indagati avrebbero solitamente simulato i furti di auto il sabato ed avrebbero preferito rivolgersi alla compagnia "Allianz" perché ritenuta più veloce e più flessibile per liquidare i risarcimenti. Per ogni auto "rubata", tra cui anche una Ferrari Testarossa e una Porsche Cayenne, i risarcimenti per furti (mai avvenuti, secondo l'accusa) oscillavano tra gli 8 mila e 50 mila euro.

Come ricostruisce il gip, prima di tutto il gruppo avrebbe cercato un'auto di tendenza e con un elevato valore di mercato, poi una persona compiacente a cui intestarla fittiziamente, in cambio di 800 o mille euro. Dopo il passaggio di proprietà, si sarebbe cercata una compagnia per assicurare il mezzo contro i furti. Una volta siglato il contratto sarebbe stato installato l'antifurto satellitare e poi si sarebbe scelto il giorno in cui "rubare" la macchina, disinstallando l'apparecchiatura e comunicando l'accaduto sia all'assicurazione che alle forze dell'ordine. Successivamente, ci si presentava in commissariati e stazioni dei carabinieri per denunciare il furto e poter avviare la richiesta di indennizzo all'assicurazione.

A quel punto sarebbe stato aperto un conto corrente a nome del falso proprietario della macchina (falsamente) rubata e una volta ricevuti i soldi del risarcimento dall'assicuazione, si sarebbe provveduto ad intascarli tutti in contanti (ritirandoli in poste e banche) ed in un'unica giornata. Poi la macchina veniva magicamente ritrovata e, al rientro in possesso, in alcuni casi ne veniva richiesta la reimmatricolazione, con nuove targhe e nuovi documenti, e si sarebbe proceduto alla rivendita del mezzo, attraverso concessionarie compiacenti. 

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