"Arresti illegali e spaccio", scandalo nella caserma di Piacenza: a guidarla un palermitano
Secondo l'accusa, dieci carabinieri avrebbero inventato fatti inesistenti pur di sembrare più bravi dei colleghi e persino torturato gli indagati. Sotto sequestro la stazione "Piacenza Levante": il comandante, finito ai domiciliari, è originario di Petralia Sottana
Il sequestro di un'intera caserma dei carabinieri di Piacenza e accuse gravissime a carico di ventidue persone, tra cui ben dieci militari, compreso il comandante, originario di Petralia Sottana, il maresciallo maggiore Marco Orlando, di 50 anni, finito agli arresti domiciliari. Secondo la Procura di Piacenza, gli indagati - anche quelli con la divisa - avrebbero fatto parte in realtà di un'organizzazione criminale il cui scopo sarebbe stato quello di fare più arresti possibili e di risultare più bravi di altri colleghi. Per questo avrebbero compiuto arresti illegali, su fatti che sarebbero stati inventati e che avrebbero riferito ai pm di turno. Per gli inquirenti, inoltre, gli indagati avrebbero gestito anche lo spaccio di droga nella città, approfittando del blocco legato all'emergenza Coronavirus.
L'indagine della guardia di finanza e della polizia locale di Piacenza è durata sei mesi ed è nata dal racconto di un carabiniere che ha deciso di denunciare quanto sarebbe accaduto nella caserma di Piacenza Levante, in via Caccialupo. "Mentre Piacenza stava combattendo il Covid e contando i propri morti - ha detto il procuratore capo Grazia Pradella - un'intera caserma dell'Arma dei carabinieri durante il lockdown, nel più totale disprezzo e spegio delle regole, si è macchiata di reati gravissimi". Sotto inchiesta è finito anche il comandante della compagnia di Piacenza.
Per quanto emerge dal blitz "Oddysseus", il militare originario della provincia di Palermo, da comandante della stazione Piacenza Levante, assieme ad altri colleghi, avrebbe attestato elementi falsi e ne avrebbe ommessi altri che sarebbero stati rilevanti in occasione dell'arresto di un nigeriano, trovato con due grammi di marijuana e che sarebbe stato anche picchiato. Un arresto, avvenuto il 27 marzo, ritenuto illegale dagli inquirenti. La stessa accusa viene formulata per un altro arresto, quello di un albanese, avvenuto il 3 aprile, al quale sarebbe stato sequestrato quasi un chilo e mezzo di marijuana.
La lista dei reati contestati agli indagati è decisamente lunga: spaccio, ricettazione, estorsione, arresto illegale, tortura, lesioni personale aggravate, peculato, abuso d'ufficio, rivelazione ed uso di segreto d'ufficio, falso, perquisizioni ed ispezioni personali arbitrarie, violenza privata aggravata, truffa ai della Stato. "Siamo di fronte a reati impressionanti - ha rimarcato ancora il procuratore capo - se si pensa che sono stati commessi da carabinieri. Si tratta di aspetti molto gravi e incomprensibili agli stessi inquirenti che hanno indagato. Una serie tale di atteggiamenti criminali che ci ha convinto a procedere anche al sequestro della caserma dei carabinieri per futuri accertamenti".