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I retroscena / Castelbuono

"Disabili come in un lager, tra abusi sessuali e torture": un giovane salvato dopo aver ingoiato un guanto

I retroscena agghiaccianti del blitz "Relax" che ha portato a 17 arresti. Nella struttura di Castelbuono gli operatori avrebbero assistito anche alle molestie di un malato nei confronti di una giovane ospite senza fare nulla. Pazienti umiliati, picchiati e rinchiusi in una stanza per ore al buio: "Sono ammazzati di farmaci, sembrano zombie..."

"Le indagini lasciano senza fiato", "ogni più elementare diritto è violato con un'inusitata freddezza ed un'impietosa indifferenza". Sono le parole del gip di Termini Imerese, Angela Lo Piparo, e davvero l'inchiesta "Relax", che ha portato a 17 arresti, è composta da intercettazioni e video terrificanti: ospiti disabili che gridano "scusa", promettono di "fare i bravi", prendono a pugni o a testate le pareti, che piangono disperati, nella migliore delle ipotesi non ottenendo alcun riscontro dagli operatori, ma molto più spesso ritrovandosi costretti a subire nuove violenze e torture. 

I nomi degli arrestati

Violenze sessuali tra pazienti ricorverati

Le telecamere piazzate dalla Finanza alla "Suor Rosina La Grua" di Castelbuono avrebbero persino immortalato gli abusi sessuali di un paziente su una giovane ricoverata, alla quale avrebbe mostrato i genitali e che avrebbe ripetutamente molestato, in alcuni casi sotto gli occhi degli indagati che non avrebbero mosso un dito.

Le immagini dei maltrattamenti riprese dalle telecamere | Video

Il disabile che ingoia un guanto in lattice e soffoca

In un caso, il 20 marzo scorso, inoltre, uno dei disabili sarebbe finito persino in ospedale perché avrebbe ingoiato un guanto in lattice, appena sfilato da uno degli operatori arrestati, Romeo Guarnera, che sarebbe stato troppo impegnato a consultare il suo telefonino per badare invece al paziente. La presunta vittima avrebbe rischiato di soffocare e, trasporata poi al Giglio di Cefalù, le era stato rimosso "un corpo estraneo compatibile con un guanto di lattice" con un'endoscopia.

Il calcio al gattino

Sul conto di un altro indagato, Paolo Conoscenti, peraltro, gli inquirenti, coordinati dal procuratore Ambrogio Cartosio, riportano un altro episodio agghiacciante: il 14 settembre dell'anno scorso, come filmato dalle telecamere piazzate nella struttura, avrebbe prima fatto avvicinare un gattino per poi colpirlo violentemente con un calcio, ferendolo gravemente.

L'origine dell'inchiesta: la denuncia di un ex direttore sanitario

L'indagine è nata dalla denuncia da parte dell'ex direttore sanitario presentata il 17 luglio dell'anno scorso, con cui erano state messe in evidenza non solo presunte irregolarità dal punto di vista amministrativo e contabile, ma anche i presunti maltrattamenti e le condizioni drammatiche in cui sarebbero stati tenuti gli ospiti, 23 in tutto, tutti affetti da disabilità fisiche e disturbi psichici. Da diverse intercettazioni, però, si comprende che all'interno della struttura di Castelbuono diversi operatori fossero consapevoli che i metodi utilizzati non sarebbero stati leciti, in particolare in relazione al continuo isolamento dei pazienti più "difficili" nella così detta "stanza relax" (che, come sottolineano i militari, sarebbe stata invece un cella di costrizione) e alla somministrazione di farmaci.

"Se vogliono lavorare così se ne vadano in un lager nazista"

Qualcuno sarebbe stato convinto di "educare con metodo e rigore", ma una delle operatrici sosteneva che "se loro hanno intenzione di fare questo, che se ne vadano a lavorare in un lager nazista", rimarcando che "siamo noi che agitiamo i pazienti, i pazienti sono vivi, non sono agitati...". Affermava di aver detto ai colleghi: "A voi fa comodo che i pazienti dormono la notte, ma né io né il dottore possiamo chiedere a nessun paziente di dormire 15 ore". 

"Vengono ammazzati di farmaci, sembrano zombie..."

In un altro passaggio un altro operatore diceva: "Vengono ammazzati di farmaci la notte, a quello lo stavano mandando in coma per le gocce che gli davano". In un altro caso: "Mi ha fatto impressione (riferendosi a un paziente, ndr), mi sembrava un morto che camminava, una specie di cadavere ambulante, uno zombie" e "è troppo debole, troppo magro, troppo pallido, non si regge in piedi, ha una magrezza da fare paura", o ancora: "Erano morti di fame 'sti carusi" e si arrivava pure ad affermare: "Purtropppo ti devo dire che tu qua dentro non sei apprezzato perché tu non li picchi i pazienti...".

Gli orrori della sala "relax"

"La punizione te la devi dare da solo, non mi abbracciare e non mi chiedere scusa, appena torno mi devi dire che punizione vuoi e te la devi decidere da solo", questo è quello che una delle indagate avrebbe detto a uno dei pazienti. E una delle "punizioni" nella struttura di Castelbuono sarebbe stata proprio quella di finire nella stanza "relax". La guardia di finanza ha monitorato cosa sarebbe accaduto ai pazienti che sarebbero stati portati anche quotidianamente nella "cella di isolamento, non arredata, di circa 10 metri quadrati".

"Voglio tornare a casa, faccio il bravo..."

Uno dei disabili il 29 agosto dell'anno scorso sarebbe stato accompagnato nella stanza alle 19.58, scalzo, e avrebbe iniziato a lamentarsi, gridando e agitando le braccia, rimanendo per un paio d'ore completamente al buio. Avrebbe chiesto di poter "tornare a casa" ottenendo come risposta da uno degli operatori: "Va fa 'nto culu". E il paziente avrebbe promesso: "Faccio il bravo", ma l'indagato avrebbe replicato: "Fai il cornuto". Il 31 agosto sarebbe entrato alle 20.50 e sarebbe rimasto nella stanza fino alle 4.09, urlando, battendo i pugni e chiedendo invano dell'acqua. Scene che si sarebbero ripetute quasi ogni giorno.

"Sei un pinnolone"

La sera dell'11 ottobre 2020 sarebbe rimasto all'interno della cella per 8 ore e sarebbe stato offeso ed umiliato con durezza: malgrado le sue insistenti preghiere per uscire e la sua disperazione sarebbe stato totalmente ignorato, tanto da ritrovarsi costretto ad urinare a terra. A quel punto sarebbe stato un altro degli arrestati, Pietro Butera, a rimproverarlo: "Pisciasti in tierra", insultandolo ripetutamente ("coglione", "pinnolone") e dicendogli: "Ma va rumpimi la minchia, pinnuluni ca un si avutru, veloce". 

"Appena rompi è la fine, fai schifo"

Lo stesso paziente, ancora una volta nella stanza "relax", si sarebbe sentito dire da un'altra indagata, Monica Collura: "Appena rompi i coglioni, è la fine". In un altro caso sarebbe stato Agostino Villaraut a dirgli: "Statti docu e nu mi cacare la minchia", spegnendo la luce e lasciandolo completamente al buio. L'11 novembre 2020, dopo oltre 3 ore di isolamento, il paziente avrebbe battuto i pugni e tirato calci, lamentandosi perché avrebbe avuto fame e sete. Ancora una volta avrebbe fatto i suoi bisogni sul pavimento e sarebbe intervenuta Collura, che gli avrebbe urlato con rabbia: "Sei un porco e un vastaso, fai schifo" e il malato si sarebbe seduto a terra e avrebbe iniziato a mordersi il collo della maglia, ma l'operatrice avrebbe continuato ad insultarlo: "Fai schifo, lordo e fitusu".

"La pipì non si fa a terra, testa di cavolo!"

Anche i giorni intorno a Natale dell'anno scorso la presunta vittima li avrebbe trascorsi per lo più nella stanza "relax". Il 28 dicembre gli sarebbe stata fatta un puntura e il giovane sarebbe stato costretto a distendersi a terra, lasciato senza assistenza. Di nuovo aveva urinato a terra e sarebbe stato rimproverato da Giuseppe Amato: "Ma perché pisci cà? U cessu un ti piace, vero?" e la presunta vittima avrebbe risposto: "Ma ca minchia c'è un friddu...". Per lo stesso motivo il paziente sarebbe stato ripreso da Collura il 2 gennaio scorso: "La pipì non si fa qua, testa di cavolo che non sei altro!". Lui avrebbe pianto e urlato, battuto i pugni ininterrotamente e sarebbe arrivato Butera: "Che minchia fai, statti un secondo fermo". La collega Collura avrebbe dato qualcosa da bere al paziente, presumibilmente un farmaco, e quando si sarebbe accorta che alcune gocce sarebbero rimaste nel bicchiere avrebbe urlato: "Coglione, mi pigli per il culo?".

Due pazienti reclusi e gli schiaffi: "Stai svegliando tutti"

L'11 gennaio assieme a questo paziente sarebbe stato recluso nella stanza anche un altro ospite. Il primo si sarebbe tolto la maglia, che sarebbe stata indossata dal secondo, prima che l'altro la recuperasse con la forza, portando l'ospite a battere con la testa contro le pareti. Sarebbe intervenuto Lorenzo Giacalone, uno degli arrestati, a "riportare l'ordine", prendendoli a schiaffi: "Non ci hai fatto dormire e stai svegliando a tutti".

"Ti prego aprimi, ho freddo e sono nudo..."

Il 2 settembre dell'anno scorso a finire nella stanza sarebbe stato un altro paziente, a cui Giacalone avrebbe detto: "Muori qua dentro". La presunta vittima avrebbe pianto, implorando di uscire, battendo i pugni contro la porta e gridando: "Mi sono pisciato nelle mutande... Mi sono fatto la pipì addosso, aprimi, per favore, aprimi, sento freddo, sono nudo, devo andare in bagno, devo fare la cacca". L'unica cosa che avrebbe ottenuto è che uno degli operatori gli avrebbe lanciato un pigiama, ordinandogli di vestirsi e dicendogli: "Finché non ti vesti non esci di qua, hai fatto la stessa cosa dell'altra volta, hai pisciato a terra come gli animali" e il paziente avrebbe continuato a ripetete: "Ti prego, ti chiedo scusa...".

"Non possiamo tenerlo incarcerato lì dentro"

Una delle operatrici chiedeva al telefono come comportarsi ad Arcangelo Donato Giammusso: "Lo posso far irentrare, è troppo agitato, non riusciamo a spostarlo in sala relax... è pericoloso in giro, perché poco fa ha lanciato le sedie a Collura e non ci si può fidare un attimo". E aggiungeva: "In questo minuto è tranquillo ma ci ha fatto vedere l'inferno di pomeriggio, non so cosa dobbiamo fare". L'indagato replicava: "E perché non lo mettiamo nella sala relax?", ma l'operatrice rimarcava: "Non è che lo possiamo tenere incarcerato lì dentro".

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