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Cronaca Borgo Nuovo / Largo Campofiorito

"Rapinò e uccise l'anziano vicino di casa", annullata la condanna a 30 anni: processo da rifare

La decisione della Cassazione. La vittima, Giovan Battista Riccobono, 89 anni, venne derubata di 60 euro, un orologio d'oro e 4 fedi in largo Campofiorito, a Borgo Nuovo. Per i giudici resta da chiarire perché - pur avendo fornito indicazioni dopo l'aggressione - non aveva però fatto il nome dell'imputato, Maurizio Talluto, che pure conosceva

E' stato condannato in primo e in secondo grado a 30 anni di carcere per aver rapinato e ucciso un anziano vicino di casa. Non sembravano esserci dubbi sulla colpevolezza di Maurizio Talluto, 58 anni, imputato per l'aggressione mortale ai danni di Giovan Battista Riccobono, 89 anni, avvenuta il 25 agosto del 2017 in largo Campofiorito, a Borgo Nuovo. Invece la prima sezione della Cassazione, presieduta da Angela Tardio, ha deciso di annullare la sentenza e ha disposto un nuovo processo di appello.

Secondo i giudici, infatti, c'è un dato che non quadrerebbe: come mai l'anziana vittima, che aveva avuto la lucidità subito dopo il colpo di chiamare il figlio e di chiedergli aiuto, non aveva indicato Talluto come l'uomo che l'aveva derubato e colpito, nonostante lo avrebbe conosciuto bene e da anni, visto che vivevano nello stesso condominio.

La Suprema Corte ha così accolto in parte il ricorso dell'avvocato Federica Folli, che difende l'imputato, ma anche la richiesta del procuratore generale, che si era a sua volta pronunciato per un annullamento della sentenza. Nel nuovo giudizio bisognerà compiere tutti gli accertamenti necessari per motivare questo aspetto della vicenda, cosa che - secondo la Cassazione - non sarebbe avvenuta nei precedenti processi.

In base alla ricostruzione dell'accusa, Talluto quel giorno avrebbe bussato a casa dell'anziano vicino e gli avrebbe chiesto un bicchiere d'acqua. Una scusa per intrufolarsi nella sua abitazione e metterla a soqquadro, dopo aver colpito la vittima con calci e pugni. Il tutto per un bottino risibile: 60 euro, un orologio d'oro e quattro fedi. Riccobono intorno alle 18 era poi riuscito a telefonare al figlio e a dirgli che aveva bisogno d'aiuto, che qualcuno era entrato in casa dopo avergli chiesto un bicchiere d'acqua. Una persona che aveva descritto come "alta e magra", senza tuttavia fare il nome dell'imputato, che pure abitava nel suo stesso condominio. L'anziano era stato poi ricoverato a Villa Sofia, dove era deceduto il 14 settembre. 

Gli indizi contro Talluto erano diversi: sarebbe stato solito chiedere acqua ai vicini e anche piccoli prestiti, il giorno dell'aggressione sarebbe stato notato, proprio in concomitanza con la rapina, nel condominio, i vicini avevano dichiarato di aver sentito la moglie rimproverarlo duramente con le seguenti parole: "Non fu giusto quello che hai fatto ieri, a farlo morire quel cristiano". Inoltre, subito dopo la rapina la famiglia Talluto avrebbe fatto una serie di acquisti fino a quel momento impensabili: un paio di scarpe da 90 euro, 400 euro per una vecchia Alfa Romeo e 200 per uno skateboard elettrico.

L'imputato aveva poi fornito versioni discordanti su come aveva trascorso quel 25 agosto. Inizialmente riferì di aver accompagnato la moglie al lavoro e di aver passato tutta la giornata a Mondello con la figlia. Aveva fornito anche un video di quelle ore al mare, ma poi si era scoperto che risaliva ad un altro giorno. Poi aveva cambiato versione, sostenendo di essere stato sempre a casa. Comunque non era stato ritenuto credibile. Era stato arrestato a maggio del 2018.

Il 30 ottobre del 2019, Talluto era stato condannato con il rito abbreviato dal gup Annalisa Tesoriere a 30 anni di reclusione, sentenza integralmente confermata il 17 novembre del 2020 dalla Corte d'Assise d'Appello. Il verdetto però non ha superato il vaglio della Cassazione. 

Secondo i giudici, infatti, nei giudizi precedenti sarebbe stato dato un "carattere neutrale" al mancato riconoscimento dell'aggressore da parte della vittima "siccomre proveniente da persona 'in stato confusionale... sia in ragione dell'età avanzata che della brutale aggressione subita poco prima'". Ma - si legge nelle 20 pagine di motivazioni della sentenza della Suprema Corte - com'è possibile che la vittima non abbia riconosciuto il suo aggressore se lo conosceva? Il primo giudice ha risposto con le precarie condizioni mentali, desumibili dall'età e dalla demenza senile in atto, aggravate dall'aggressione subita. Ma per la difesa la vittima, contrariamente a quanto frequentemente accade, aveva mostrato invece una certa lucidità, non solo riuscendo a chiamare telefonicamente il figlio, ma anche dando una essenziale descrizione di quanto accaduto. Successivamente, in appello, i giudici hanno "omesso di dare una risposta effettiva" al punto.

Nelle sentenze - dice la Cassazione - si afferma che la vittima conosceva l'imputato "persona ben conosciuta e da anni", ma "tale dato nelle sentenze di merito viene solo ipotizzato, ma non accertato in termini specifici". In particolare in appello ci si sarebbe limitati "ad affermare la irrilevanza probatoria autonoma di quei particolari che la vittima aveva riferito. Così operando, il secondo giudice ha, immotivatamente, depauperato il compendio indiziario, senza affrontare nello specifico, e decisivo nella valutazione del complessivo compendio indiziario, tema posto dalla difesa". Da qui la decisione di annullare con rinvio la condanna a 30 anni proprio per affrontare questo aspetto. 

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