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Cronaca

Inchiesta Sicilia e-Servizi, "no" al dissequestro beni per Antonio Ingroia

Il tribunale del Riesame ha rigettato la richiesta di dissequestro della somma di 151 mila euro bloccata all'ex pm nell'ambito dell'inchiesta in cui è indagato per peculato. Restano i sigilli anche alla casa di campagna

Il tribunale del Riesame ha rigettato la richiesta di dissequestro della somma di 151 mila euro bloccata all'ex pm Antonio Ingroia nell'ambito dell'inchiesta in cui è indagato per peculato. I fatti riguardano il periodo in cui era amministratore unico di Sicilia e-Servizi (oggi Sicilia Digitale),  società a capitale pubblico che gestisce i servizi informatici della Regione.

Secondo l'accusa, Ingroia avrebbe percepito indebitamente rimborsi per 34 mila euro e si sarebbe liquidato un'indennità di risultato di 117 mila euro. 

I rimborsi sono relativi alle spese sostenute per vitto e alloggio nel 2014 e nel 2015, in occasione delle trasferte a Palermo per svolgere le funzioni di amministratore, "nonostante la normativa nazionale e regionale, chiarita da una circolare dell’assessorato regionale dell’Economia, consentisse agli amministratori di società partecipate residenti fuori sede l’esclusivo rimborso delle spese di viaggio". A tal fine, lo stesso Ingroia aveva adottato un regolamento interno alla società che consentiva tale ulteriore indebito rimborso. Anche in questo caso la violazione della normativa vigente sarebbe stata avallata dal revisore contabile. L'autoliquidazione concessa nel 2014 invece si è aggiunta al compenso omnicomprensivo che gli era stato riconosciuto dall’assemblea, per un importo di 50.000 euro. Per l'accusa "tale indebita auto-liquidazione del compenso ha, di fatto, determinato un abbattimento dell’utile di esercizio del 2013 da 150.000 euro a 33.000 euro".   Sotto indagine anche Antonio Chisari, all'epoca  revisore contabile della società, accusato di avere avallato le decisioni di Ingroia.

Resta sotto sequestro anche la casa di campagna dell'ex pm, per la quale sono scattati i sigilli in quanto il denaro presente sui conti correnti dell'indagato non sarebbe stato sufficiente a "coprire" i 151mila euro. Il provvedimento determina l'impossibilità di vendere l'immobile.

Ingroia ha sempre respinto ogni accusa, ribadendo di avere "sempre agito nel rispetto nella legge, denunciando il malaffare".

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