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Cronaca Politeama / Piazza Orlando Vittorio Emanuele

Anno giudiziario tra statistiche e polemiche: "L'attenzione per i pm non isoli i giudici"

A fare discutere sono le parole di Vito Ivan Marino, presidente reggente della Corte d'appello di Palermo: "La indubitabile esposizione a rischio di taluno dei magistrati della requirente finisce per isolare e scoprire sempre più i magistrati della giudicante titolari degli stessi processi"

Numeri, quelli dei reati, e polemiche. Vecchie e nuove. Si apre così l'anno giudiziario a Palermo. A fare discutere sono le parole di Vito Ivan Marino, presidente reggente della Corte d'appello di Palermo. "La indubitabile contingente e pericolosissima esposizione a rischio di taluno dei magistrati della requirente, con conseguente adozione di dispositivi di protezione mai visti - ha detto - finisce per isolare e scoprire sempre più i magistrati della giudicante titolari degli stessi processi". 

"Si sta verificando - ha aggiunto Marino - la stessa identica situazione degli anni '80, allorchè la protezione era garantita per lo più, se non esclusivamente, ai magistrati facenti parte dei pool antimafia dell'ufficio istruzione e della Procura, con indifferenza verso la situazione della giudicante, con la conseguenza che bastò un solo episodio criminoso che la riguardasse per porre in crisi lo Stato, che dovette dall'oggi al domani garantire la massima protezione non soltanto ai magistrati ordinari, ma anche ai giudici popolari".

E per i magistrati anche un severo richiamo perchè mantengano "comportamenti appropriati". "L'alta funzione affidata ai magistrati di applicare la legge alla quale essi stessi sono soggetti e alla quale - sola - compete la sovranità della giustizia, assume un carattere di laica sacralità, che immune da ogni atteggiamento di personale protagonismo, non può prescindere del carattere di indipendenza e imparzialità, di rigore e di obiettività".

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Un passaggio della relazione è anche dedicato alla società civile. "Va riconosciuto il merito di quelle componenti della cosiddetta società civile  - ha aggiunto - che hanno contribuito a far crescere, nelle giovani generazioni, quella cultura antimafiosa che costituisce il vero e permanente antidoto alla diffusione dei comportamenti mafiosi. E in particolare ai gruppi e alle associazioni spontanee che nel mondo della scuola e in quello del lavoro, del commercio e dell'impresa sviluppano iniziative per promuovere i valori della legalità e svolgono concreta opera di assistenza a favore di chi si contrappone alla mafia". Ma occorre "la dovuta attenzione affinché tale opera non guardi esclusivamente al momento repressivo dell'organizzazione criminale, ovvero sia in favore soltanto della pubblica accusa con, talvolta anche plateali, manifestazioni di protesta nei confronti della giudicante, rea soltanto di avere appunto giudicato in base agli elementi di accusa presenti nel processo, spesso insufficienti".

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