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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

L'audio inedito di Paolo Borsellino: "Sono liberi di uccidermi di sera"

La commissione parlamentare antimafia ha tolto il segreto sulle audizioni del magistrato a Palazzo San Macuto. Già dal 1984 (e fino al 1991, un anno prima di essere ucciso in via D'Amelio) denunciava le carenze del sistema di protezione: "Ho la blindata solo di mattina..."

"Di pomeriggio c'è una sola macchina per quattro magistrati e sistematicamente vado il pomeriggio in ufficio con la mia macchina, ed esco alle 21 o alle 22". A parlare è il giudice Paolo Borsellino che già dal 1984 (e fino al 1991, un anno prima di essere ucciso in via D'Amelio) denunciava alla commissione Antimafia le carenze del sistema di protezione. Parole che finora erano rimaste "private", sentite solo dal giudice e dai parlamentari, ma adesso sono state desecretate. A un deputato che gli fa notare che in questo modo riacquista la libertà, Borsellino replica seccamente: "Che senso ha riacquistare la libertà di mattina per poi essere ucciso la sera...".

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Parole che lette adesso, a pochi giorni dall'anniversrio della strage suonano profetiche. Il giudice e i suoi agenti di scorta fuono fatti saltare in aria di pomeriggio, sotto casa della madre.

Paolo Borsellino, in una seduta dalla Commissione nazionale antimafia, denunciò la "gravità dei problemi, soprattutto di natura pratica, che dobbiamo affrontare tutti i giorni", sottolineando soprattutto che per la "gestione dei processi di mole incredibile, perché un solo processo è composto da centinaia di volumi e riempie intere stanze, è diventato indispensabile l'uso di attrezzature più moderne di queste rubriche e degli appunti".

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Borsellino in una delle audizioni ha riferito anche che il pentito Tommaso Buscetta, mentre era ancora latitante, incontrava i capimafia in via Ruggero Settimo a Palermo, strada centralissima del "salotto" della città, in pieno giorno. "E siccome ricordavo che Buscetta mi aveva detto che gli era stato presentato il capomafia di Bagheria mentre passeggiava in via Ruggero Settimo e io gli chiesi come faceva a passeggiare e lui mi rispose: 'Nel nostro ambiente si sapeva che tra le 14 e 16 c'era la 'smonta' delle volanti e noi latitanti ci facevamo la passeggiata'".

Gli atti pubblicati (in sette anni di audizioni, dal 1984 al 1991), toccano i momenti più significativi della rivoluzione processuale del pool di Palermo.

Sopralluogo a Palermo dell’8 e 9 maggio 1984

Nel corso della seduta dell'8 maggio 1984, Paolo Borsellino fu sentito alla Commissione antimafia nella sua qualità di giudice istruttore a Palermo. Da nove anni ed era pienamente operativo il cosiddetto "pool antimafia", istituito dal Consigliere Rocco Chinnici (ucciso il 29 luglio 1983). Il momento storico era particolarmente delicato: Tommaso Buscetta era stato da poco arrestato in Brasile (ottobre 1983), ma ancora non era stato estradato; inoltre, dopo gli omicidi, tra gli altri, del dirigente della Squadra Mobile di Palermo Boris Giuliano (21 luglio 1979) e del consigliere Chinnici, il problema della sicurezza e della protezione dei magistrati e degli operatori della Polizia giudiziaria era drammaticamente avvertito. Non a caso, nell'audizione Borsellino affronta anche il tema della sicurezza personale e della gestione dei dispositivi di scorta, evidenziando al riguardo alcune importanti criticità.

Borsellino definiva la situazione del personale ausiliario (segretari e dattilografi) "assai carente" perché questo personale "non fa straordinari, o li fa in modo assai ridotto, così che il giudice che è costretto a lavorare - come nel processo che è attualmente in corso - per 16 o 18 ore al giorno rimane, per buona parte della giornata solo con se stesso". "Con riferimento al personale ausiliario - aggiungeva Borsellino, all'epoca giudice istruttore -, desidero precisare che non si tratta solo di segretari e dattilografi, dei quali dovremmo avere garantita la presenza per tutto l'arco della giornata e non soltanto per la mattinata (poiché non lavoriamo solo la mattina, ma anche degli autisti giudiziari".

L'audizione del 1987 

"Il fratello di Riina Salvatore abita a Mazara del Vallo da circa 20 anni e, per una certa situazione riguardante le forze di polizia, pur sapendo che si recava ogni settimana a Corleone, non era mai stato fatto un pedinamento". Lo racconta il giudice paolo Borsellino, all'epoca procuratore a Marsala, nell'audizione in Antimafia del 12 maggio 1987. Marsala "sospetto - con la mia esperienza e con quello che posso capire - sia una specie di santuario delle organizzazioni criminali mafiose di Palermo. E' chiaro che Rina, che ha dei figli che
non si sa dove siano, un contatto con il mondo esterno, con la vita civile, deve pure tenerlo! Niente di strano che lo tenga attraverso il fratello, sul quale non si era fatto alcun accertamento".

Sopralluogo a Palermo del 2, 3, 4 e 5 novembre 1988

Nel corso dell'audizione del 3 novembre 1988 Paolo Borsellino fu sentito dalla Commissione nella sua qualità di procuratore della Repubblica presso il tribunale di Marsala. Il maxi-processo di Palermo si era già concluso in primo grado (16 dicembre 1987), con 342 condanne che rappresentarono complessivamente una preziosa conferma della articolata attività istruttoria svolta, con sacrificio, da Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e dagli altri magistrati del "pool".

Nel corso dell'audizione Borsellino affronta molteplici temi, concernenti - tra l'altro - l'evoluzione del fenomeno mafioso nel territorio di Marsala, le possibili riforme legislative in tema di accorpamento dei tribunali, ma - soprattutto - il problema delle connessioni tra mafia e politica, quello dei rapporti tra i reati di criminalità organizzata e le fattispecie di corruzione, nonché quello dei rapporti della criminalità organizzata operante a Marsala con la massoneria. Oggetto particolarmente significativo dell'audizione è anche quello, molto problematico, dei rapporti con il "pool antimafia" di Palermo, all'epoca diretto dal consigliere Antonino Meli (preferito a Giovanni Falcone, il 19 gennaio 1988, nel cruciale ruolo di vertice dell'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo).

"Oggi la Commissione parlamentare Antimafia ha desecretato tutti gli atti dei suoi lavori fino al 2001, offrendo così un patrimonio prezioso all'intera collettività - scrive su Facebook il presidente del Consiglio Giuseppe Conte - Grazie a questa scelta di trasparenza, oggi possiamo riascoltare le parole amare del giudice Paolo Borsellino e la sua denuncia in anni cruciali per la lotta alla mafia. Le sue parole potranno risuonare nelle coscienze di tutti noi. La decisione dell'Antimafia è un passo importante, utile a consolidare il rapporto di fiducia tra le istituzioni e i cittadini, a pochi giorni dall'anniversario della strage di via D'Amelio. È un bel segnale affinché nessuno sia lasciato solo nella lotta contro la mafia".

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