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Cronaca

Ventisette anni senza padre Puglisi, Lorefice: "Ci insegna a vivere senza egoismi"

Il sacerdote venne ucciso a Brancaccio nel giorno del suo compleanno, come "punizione" per il suo impegno antimafia. L'arcivescovo: "Dobbiamo vivere non da ripiegati, ma da eretti, alzati, non schiavi schiacciati dall’io, ma figli liberi perché altri ci siano dati come fratelli e non come nemici e concorrenti"

Ventisette anni fa veniva ucciso dalla mafia a Brancaccio padre Pino Puglisi. Cosa nostra decideva di fermare quel nemico, quell'uomo scomodo che aiutava i ragazzi del quartiere a sottrarsi al malaffare proprio nel giorno del suo compleanno. Oggi l'arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, ha celebrato una messa in ricordo di don Pino in Cattedrale. "Quest’anno - ha detto Lorefice - il ricordo del martirio di don Puglisi si lega all’evento dell’uccisione di don Roberto Malgesini, prete della Diocesi di Como testimone della predilezione di Dio per egli ultimi, accoltellato questa mattina da un senzatetto con problemi psichici. È un nesso tragico ma carico di memoria e di riverberi evangelici. Due preti uniti nello stesso giorno dalla sequela del Signore fino all’effusione del sangue".

"Il Beato don Pino e don Roberto  - ha aggiunto Lorefice - risvegliano in noi la vocazione cristiana che amplifica e porta alle estreme conseguenze la chiamata della vita: 'esserci-per-altri', vivere non da ripiegati, ma da eretti, alzati, non schiavi schiacciati dall’io, ma figli liberi perché altri ci siano dati come fratelli e non come nemici e concorrenti, e perché diventino a loro volta tessitori di fraternità. Il tempo della pandemia ce lo chiede, mentre rischiamo di essere risucchiati dall’individualismo, dal sospetto, e dalla logica dell’'ognuno pensi a sé; prima io e poi gli altri'.

"Per questo - ha sottolineato - la memoria del Beato don Puglisi non può essere un mero ricordo o una cortese espressione di rispetto e di simpatia: noi oggi lo ricordiamo facendo il memoriale della morte e della resurrezione del Signore Gesù. E nella Pasqua di Cristo noi facciamo anche il memoriale della donazione estrema e della fecondità ed attualità della testimonianza di amore di don Giuseppe e di don Roberto. Una donazione e una testimonianza che ci chiedono di rimanere anche noi sul campo, prossimi ai ‘vinti della storia’ ma che ereditano il Regno dei cieli. E lo faremo con il loro stile evangelicamente umano: la semplicità e l’umiltà del cuore e l’audacia di chi confida nel Signore e nella potenza del Vangelo".

Da Lorefice un riferimento ai mesi difficili del lockdown, a quanti "silenziosamente sono rimasti in campo, distribuendo viveri necessari, o assoggettandosi a ritmi massacranti nelle corsie e nei reparti di rianimazione delle strutture ospedaliere. Abbiamo ritrovato un livello più autenticamente umano, visto alzarsi la qualità della vita; sono circolate di nuovo le più belle parole di cui è capace il cuore dell’uomo accompagnate da visioni luminose e da gesti di concreta bellezza. È tempo di stare o di ritornare sul campo, sulle strade dei quartieri di Palermo o di Como, ovunque ci porta la vita, per creare prossimità, accoglienza, fosse solo il pianerottolo del proprio condominio o per una persona sola. Tessere vicinanza, far diventare la nostra vita un attracco di bene per altri. Questo è il molto che continua a chiederci don Pino Puglisi. Personalmente e alle nostre comunità cristiane. Possiamo fare molto!".

"Don Pino e don Roberto - ha concluso - risveglino in noi un cuore audace nel diffondere l’amore e il bene. Contagiamo solidarietà, accoglienza, prossimità, condivisione, interesse per il bene degli altri. In questo tempo così difficile ‒ come ci hanno testimoniato tanti meravigliosi operatori sanitari o della sicurezza e comuni cittadini ‒ faremo anche fronte al diffondersi dell’epidemia da Coronavirus. Contagiamo piuttosto amore in tutti gli ambienti in cui viviamo. Perché continui ad esplodere la bellezza della vita e la terra conosca un tempo di pace e di bene".

"L'esperienza umana e pastorale del Beato Pino Puglisi è ancora oggi uno dei fari che guida il percorso di rinascita e liberazione della città". Ha detto Orlando, che era presente alla messa in Cattedrale. "Un'esperienza - ha ricordato - interrotta dalla violenza mafiosa ma non per questo indebolita nella sua efficacia; un'esperienza che ha lasciato semi fruttuosi a Palermo e che prosegue oggi sulle gambe di centinaia di palermitani, nella Chiesa, nella società civile, nella pubblica amministrazione. In tutta la nostra comunità".

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