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Cronaca

Amore e sangue nella Sicilia postunitaria: il 13 aprile in libreria 'I masnadieri dell'Acquasanta'

Il romanzo di Antonio Fiasconaro, giornalista de "La Sicilia", sarà presentato il 28 aprile a Villa Magnisi, sede dell'Ordine dei Medici di Palermo

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PalermoToday

Il 13 aprile in libreria debutta "I masnadieri dell'Acquasanta" (Nuova Ipsa Editore), romanzo di Antonio Fiasconaro, scrittore e giornalista del quotidiano "La Sicilia". Il volume - che sarà presentato ufficialmente il 28 aprile a Villa Magnisi, sede dell'Ordine dei Medici di Palermo - racconta una storia di amore e sangue che si sviluppa tra Milocca (paese di fantasia), l'entroterra siciliano e si conclude in una delle borgate marinare di Palermo, l'Acquasanta.

Qui, attraverso un'attenzione per il territorio e per la toponomastica che richiama le planimetrie civiche della Palermo secentesca raccontate da Luigi Natoli, si dipanano le linee di un plot narrativo avvincente e, allo stesso tempo, sapientemente non edulcorato da quei retorici umori che furono propri del feuilleton d’annata, per altro sdoganato dall’attenzione estetica di Umberto Eco, e che ha avuto ancora i segni precisi di un'accurata analisi narratologica attraverso la perizia letteraria di Leonardo Sciascia. 

Lo scenario è quello della Sicilia postunitaria, stretta nella morsa della malavita, in cui si articola la storia avviata dal giovane Luigi Attanasio. Un falegname di mestiere che, lancia in resta, decide di rapire la sua Clementina, figlia di un villano Vincenzo Mangiaracina. Cacciato in malo modo, tanto da far intervenire la pubblica forza, si dà la stura, - il tutto documentato dal mattinale e accurato bollettino dei Carabinieri Reali, - a rapimenti, sgozzamenti, agguati disegnando, nel cerchio dei quindici capitoli, quel reticolo luttuoso di bande le quali, in opposti ambienti, agiscono affinché i “fatti” trovino il loro adeguato e “onorevole” compimento. Sono questi gli umori di fondo de I masnadieri dell’Acquasanta di Antonio Fiasconaro, il quale ci restituisce, nella sua già nota scrittura agile quanto vivida, la misura del linguaggio siciliano e della psicologia isolana. 

Umori e cromatismi d’una Sicilia sottoposta al giogo delle violente logiche feudali, e di una criminalità che inizia a concretarsi in quelle gerarchie di facinorosi che, ad oggi, sono ancora tristi marchi d’una città non redimibile. Sarà in un lontano venerdì del 21 aprile dell’anno 1893, che le azioni delittuose troveranno conclusione in Palermo. E ciò presso le severe stanze del Tribunale penale posto nello spazio di Palazzo Chiaramonte, il trecentesco Steri, sede, un tempo, della Santa Inquisizione. Così verrà chiuso il processo contro sequestratori e grassatori; scene del delitto: Milocca, territorio di Apollonia in Val Demone, e la felicissima Palermo percorsa, tra lo sciabordio delle acque, dai penetranti odori degli aranceti della Conca d’Oro. 

Questo romanzo è un’opera di fantasia: con la sola eccezione di alcuni luoghi per creare un contesto. I personaggi e gli eventi sono interamente frutto dell’immaginazione dell’autore a parte la ricerca storica sul linguaggio dei cosiddetti “mattinali” dei Real Carabinieri. Qualsiasi corrispondenza con nomi, caratteristiche fisiche o professioni realmente esistenti è dunque puramente casuale.

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