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Cronaca Geraci Siculo

Caso di tubercolosi scuote Geraci Siculo: "Scoperchiato un vaso colmo di pregiudizi"

La malattia ha colpito un diciottenne senegalese poi ricoverato a Palermo. In paese si è scatenato il panico, ma l'allarme è presto rientrato: niente contagi. "Sono stati fatti controlli e incontri, ma solo una persona ha chiesto come sta il ragazzo". Richiesto il test per il resto della popolazione studentesca

Un caso di tubercolosi scuote la comunità di Geraci Siculo, ma dopo gli accertamenti l’iniziale allarme sembra essere rientrato. L’episodio ha riguardato un diciottenne del Senegal che frequenta una classe della scuola media del paese, oggi ricoverato a Palermo dove ha iniziato la terapia per contrastare la malattia. Il giovane africano era arrivato su un barcone ad ottobre 2016, fiaccato dalla traversata ma speranzoso per il futuro. Avrebbe dovuto sostenere gli esami per ottenere la licenza media, ma la Tbc gli ha messo i bastoni tra le ruote. Nonostante le rassicurazioni ottenute nei giorni scorsi oggi è arrivata una lettera firmata dai genitori degli studenti nella quale veniva comunicata la necessità di sottoporre al test specifico tutti gli studenti della scuola. Toccherà adesso all'Asp, che già si era resa disponibile, predisporre un piano e recuperare un numero di esami sufficienti per l'intera (per quanto esigua) popolazione scolastica.

Dal suo arrivo e sino alla fine dello scorso anno il giovane Moussa (nome di fantasia ndr), come previsto dalle procedure, era stato sottoposto agli screening e al "test di Mantoux": negativo, sia per la tubercolosi che per altre patologie. Alla fine del mese di aprile avrebbe cominciato a star male e dopo i primi sintomi sono stati eseguiti alcuni controlli che hanno confermato gli iniziali sospetti: il batterio aveva già iniziato a insidiare il suo corpo. La notizia ha fatto rapidamente il giro del paese, seminando il panico tra i genitori dei compagni di scuola. Il clima si è fatto via via più pesante, rendendo necessario un confronto tra i banchi dell’istituto di via San Bartolo.

Alla riunione hanno partecipato le famiglie di Geraci Siculo interessate direttamente dalla vicenda, personale medico e specializzato in epidemiologia dell’Asp, il sindaco neoeletto Luigi Iuppa (nonostante non avesse ricevuto un invito "ufficiale"), i responsabili della comunità che ospita Moussa, i carabinieri, i docenti e lo stesso dirigente scolastico. In quell’occasione si è deciso di sottoporre al "test di Mantoux" i compagni e le persone che erano state a stretto contatto con lui negli ultimi giorni. I dieci esami eseguiti sono risultati negativi, facendo tirare un sospiro di sollievo un po’ a tutti. In un solo caso i medici hanno voluto effettuare un approfondimento con una radiografia, ma anche in questo caso il risultato è stato negativo.

Il caso di Moussa, l’unico ad oggi a soffrire fisicamente per la malattia, ha "scoperchiato un vaso colmo di paure e pregiudizi", soprattutto in un momento storico caratterizzato dal tema dell’immigrazione e dalle polemiche in campo europeo sulla gestione dei flussi. Con le posizioni ormai note e manifestate dal governo Lega-M5S per bocca del ministro dell’Interno Matteo Salvini. "In una comunità così piccola - spiega a PalermoToday Ignazio Sauro, il dirigente scolastico dell’istituto comprensivo Petralia Sottana-Geraci-Alimena - la presenza di migranti non è sempre stata vissuta bene. Che io sappia non si è verificato mai alcun caso degno di nota, ma questi ragazzi che vengono da lontano suscitano diffidenza e malcontento per una parte della comunità, specialmente quando prende campo la ‘retorica’ cui molti si affidano".

scuola media geraci siculo-2

Il clima che si respira, insomma, non sembra essere dei migliori. "C’è una  preoccupazione che però - aggiunge il preside - ritengo sia qualche volta ingiustificata. Ci sono tanti casi positivi di integrazione, anche qui a scuola. Alcuni giovani migranti non sono stati ammessi alla classe successiva, magari per le lunghe assenze dai banchi di scuola, ma altri hanno ottenuto la licenza e proseguiranno gli studi alle superiori. I ragazzi soffrono meno di questi problemi, riescono a adattarsi più facilmente e sono meno soggetti al pregiudizio". Il mix creato dall’accostamento tra un giovane africano arrivato in Italia e le tre lettere TBC, hanno quindi tirato fuori il peggio delle paure della comunità madonita.

"Solo la parola tubercolosi ha scatenato panico, paure e pregiudizi. Da questo episodio in poi - racconta Ilene Parrivecchio, una delle operatrici della comunità che ospita il giovane senegalese - si è avvertito un forte senso di conflittualità. Ci sono stati incontri, confronti, controlli sanitari e altro, ma solo una persona mi ha chiesto di Moussa e delle sue condizioni. Migrante o no, è una persona e non è possibile affermare, come ho sentito in qualche caso, che portino solo malattie. Non perdiamo il senso di umanità". Una buona dose di timore, come spesso accade, è dettata dalla mancanza di informazioni e conoscenza.

"A fronte delle richieste ricevute - spiega Mariano Di Gangi, lo specialista di epidemiologia dell'Asp nel comprensorio madonita - abbiamo eseguiti diversi test a scopo precauzionale. Nel corso dell’incontro a scuola abbiamo cercato di tranquillizzare i presenti spiegando loro che entrare in contatto con il batterio non significa ammalarsi. Abbiamo chiarito loro cosa si intende con la definizione di ‘complesso primario’, ovvero la prima fase dell’infezione tubercolare che non è detto poi debba sfociare nella malattia. Devono esserci delle cause concomitanti che riducano le difese del nostro organismo, altrimenti il sistema immunitario riesce naturalmente a circoscrivere il problema".

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