"Sei mesi senz'acqua", non fu colpa del Comune di Partinico: assolto l'ex sindaco
Il tribunale ha scagionato Salvatore Lo Biundo e la responsabile dell'ufficio Ambiente in relazione all'emergenza del 2016, quando nelle vie Cutrò e Stabile fu rilevato l'inquinamento delle falde. Secondo la Procura, gli imputati non avrebbero provveduto a rifornire con autobotti un centinaio di residenti. La difesa: "Toccava all'Amap"
Per oltre sei mesi un centinaio di persone erano rimaste senz'acqua: quella dei rubinetti - come rivelarono poi anche le analisi dell'Asp - era inquinata dalle fogne e, secondo la Procura, il Comune di Partinico non avrebbe provveduto a rifornire quella potabile con delle autobotti. Adesso la terza sezione del tribunale ha però deciso di assolvere "perché il fatto non sussiste" dall'accusa di rifiuto di atti d'ufficio l'ex sindaco Salvatore Lo Biundo e la responsabile dell'ufficio Ambiente del Comune, Maria Vita Ragona.
Il collegio presieduto da Fabrizio La Cascia ha accolto le tesi dei difensori degli imputati, gli avvocati Fabio Bosco e Maurilio Panci (nella foto), che hanno dimostrato come la responsabilità di rifornire con acqua potabile i cittadini sarebbe stata dell'Amap.
La vicenda al centro del processo risale al 2016. Tutto era nato da un esposto presentato da diversi partinicesi, residenti tra le vie Cutrò e Stabile, che si erano ritrovati ad avere in casa acqua sporca perché mischiata con quella delle fogne.
I due imputati, di fronte alla grave emergenza igienico-sanitaria che aveva reso necessario vietare l'utilizzo dell'acqua, avevano disposto tre ordinanze urgenti: quella dell'11 novembre 2016 con cui veniva disposta la fornitura di acqua potabile con autobotti dell'Amap, che non sarebbe però mai stata effettuata, quella del 5 febbraio 2016 e quella del 25 maggio 2016, in cui invece non sarebbero state neppure inserite disposizioni per la fornitura di acqua potabile alternativa. I cittadini avevano dovuto dunque arrangiarsi a loro spese.
Non solo. Secondo la Procura, una volta cessata l'emergenza, Lo Biundo e Ragona non avrebbero prontamente provveduto a revocare l'ultima ordinanza, prolungando quindi inutilmente il divieto di utilizzare l'acqua dei rubinetti.
Durante il processo la difesa ha dimostrato che non sarebbe stata competenza del Comune rifornire le abitazioni con le autobotti e anche che, di fronte ai solleciti dell'amministrazione, l'Amap - che sarebbe stata tenuta a provvedere - non avrebbe mai dato riscontro.
In relazione all'ultima accusa, invece, gli avvocati hanno sostenuto che l'Asp avrebbe assicurato la purezza dell'acqua proveniente dal serbatoio Cesarò, che alimenta tutto il paese, e non di quello specifico da cui arrivava l'acqua in via Cutrò e Stabile, da qui l'impossibilità di revocare l'ordinanza con cui era stato vietato l'uso dell'acqua. Tesi che hanno convinto i giudici, che hanno deciso di scagionare gli imputati.