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Palermo e l'epidemia di vaiolo, quando la biblioteca si trasformò in centro vaccini

Nel 1801 Palermo è stata la prima città europea a vaccinare in massa bambini contro la malattia contagiosa di origine virale che nel capoluogo provocò 8 mila morti. Apparso sulla terra ai tempi degli egizi, il vaiolo approdò in Europa nel medioevo. Solo nel 1980 fu dichiarato debellato dall'Oms

Il vaiolo era una malattia contagiosa di origine virale che nel 30% dei casi risultava fatale. Ma per fortuna è scomparso. Infatti, l'ultimo caso conosciuto di vaiolo è stato diagnosticato nel 1977 in Somalia e l’Oms ha dichiarato ufficialmente scomparsa la malattia nel 1980. Il vaiolo è ha fatto la sua comparsa sulla terra almeno due millenni fa e la prima prova storica della sua presenza si fa risalire al rash pustoloso trovato sulla mummia del faraone Ramses V. Anche se in Europa restò sconosciuto fino agli inizi del Medioevo. La malattia era terribile e non solo per i brutti segni che poteva lasciare sul volto, ma per la sua letalità: si calcola che nel Settecento la malattia ha ucciso circa 400.000 europei ogni anno. E anche Palermo non risultò immune al virus.

Nel 1707 una nave infetta di vaiolo, approdata in Islanda, causò una strage con 20 mila morti. Nel 1753, a Parigi, morirono di vaiolo altre 20 mila persone, nel 1768 a Napoli 60 mila, nel 1784 ad Amsterdam duemila. E potremmo continuare questo macabro elenco. Tra le persone infette la mortalità era molto alta, tra il 20 e il 60% per gli adulti e fino all'80% nei bambini. Ancora nel 1967 circa 2 milioni di persone morirono a causa del Vaiolo.

Una forma di vaccinazione sperimentale contro il vaiolo, in realtà si trattava di variolizzazione praticata sporadicamente già dal 1722,  fu utilizzata a Napoli nel 1777, anno in cui era scoppiata una terribile epidemia. Ferdinando IV, scosso dalla morte del fratello Filippo, incaricò il medico di corte Angelo Maria Gatti, di amministrare la ricerca e gestione dei vaccini. Così il re fece vaccinare tre dei suoi figli con il rudimentale vaccino e nel 1778 lui stesso si fece inoculare il vaccino. Nel 1796 il medico inglese Edward Jenner sperimentò con successo una tipologia diversa di vaccino, più efficace rispetto alle precedenti, e che successivamente sarebbe stata utilizzata, e sviluppata ulteriormente, dal mondo scientifico.

Nel 1801 Palermo fu funestata da Vaiolo, una vera e propria strage, con 8.000 morti in città. Nel dicembre del 1798 Ferdinando IV aveva abbandonato Napoli per sfuggire all’invasione francese. Si trovava a Palermo durante  l’epidemia di vaiolo del 1801, rimanendo molto impressionato della grande strage specie di bambini. Cercò di affrontare il problema in maniera concreto, sperimentando per la prima volta in Europa, proprio a Palermo il vaccino di massa. Joseph Andrew Marshall, un ufficiale medico inglese, dopo avere vaccinato i soldati inglesi di stanza a Malta con il metodo Jenner, fu chiamato in Sicilia. E ricevette l'incarico dai sovrani borbonici, con relativi fondi, di vaccinare i bambini palermitani. Nel giro di alcuni mesi, si cominciò a marzo di quell’anno, i bambini palermitani vaccinati furono ben 10.000. Con un centro vaccini approntato presso l’ex seminario dei Gesuiti, l’odierna Biblioteca regionale di via Vittorio Emanuele.

Marshall racconta di lunghe file di uomini e donne per vaccinarsi, spesso preceduti da “una sacerdote che porta di peso un crocifisso” per accompagnarli. Andato via Marshall, che rientrò in Inghilterra dove presentò una dettagliata relazione sull’esperienza palermitana, la vaccinazione fu affidata al palermitano Giovanni Bellina, che fu nominato ufficialmente dal senato palermitano assistente alla Vaccinazione. Bellina ebbe il compito di andare in giro per tutta l’isola ad istruire gli altri medici sui metodi di vaccino antivaioloso, mentre ad un altro medico, originario di Novara Sicula, Francesco Calcagno, fu affidata l’organizzazione e la gestione del centro di vaccinazioni presso l’Ospedale Civico di Palermo. Dove si vaccinavano i bambini un giorno prestabilito la settimana.

Igor Gelarda 8-2-2Secondo le date dei registri sanitari dell’epoca il programma di vaccinazione attuato da Ferdinando IV fu il primo realizzato in Italia su vasta scala e uno dei primissimi in Europa. Nel 1812 il re Borbone dispose che la Deputazione generale de’ proietti, che s’occupava dei tanti bambini abbandonati ed era un organo centralizzato, sorvegliasse le vaccinazioni nei Comuni. Ma se ciò non bastasse si dispose pure che nelle Università di Palermo e Catania non ci si potesse laureare in medicina se non si dimostrava di “essere appieno versati nello esercizio pratico dell’innesto” cioè appunto nelle vaccinazioni. Nel 1818 venne costituita una commissione regionale delle vaccinazioni, con sede a Palermo e costituita da 7 medici noti dell’isola. Da questa commissione dipendevano tre sedi distaccate, una per ciascuna delle valli in cui era divisa allora amministrativamente l’isola.

Vide la luce anche un periodico, il “Giornale di vaccinazione per la Sicilia”, che fu pubblicato fino al 1847. Il successo della vaccinazione antivaiolo fu esteso a tutto il Regno delle due Sicilie. Grazie a questo successo, in tutto il Regno del Sud, tra il 1808 e il 1819, furono eseguite quasi 400.000 vaccinazioni, con la copertura, per i tempi eccezionale, di più del 17% di tutti i nati vivi nel Regno. Il decreto n. 141 del 6 novembre 1821 renderà la vaccinazione antivaiolo obbligatoria per legge, punizioni per i trasgressori e l’obbligo per le parrocchie di avere un registro dei vaccinati. Fu la prima volta che ciò accade in Italia, mentre i Savoia furono molto più lenti in questo senso, nonostante l’impegno del medico varesotto Luigi Sacco, che operò a Milano. E dopo l’Unità bisognerà attendere il 1888, con la Legge Crispagliani l’obbligatorietà del vaccino contro il vaiolo.
 

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