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Venerdì, 29 Marzo 2024

Perché i palermitani sono di indole prepotente? Mille anni di storia per capirne le ragioni

La risposta, apparentemente è semplice: perché riteniamo di essere "i megghiu i tutti" e di avere sempre ragione, e chi pensa di avere più ragione di noi, compie delitto di lesa maestà, può e deve essere punito, o per lo meno neutralizzato!

Il palermitano medio è piuttosto prepotente, con punte di aggressività da non sottovalutare. Perché siamo prepotenti? La risposta, apparentemente è semplice: perché riteniamo di essere "i megghiu i tutti" e di avere sempre ragione, e chi pensa di avere più ragione di noi, compie delitto di lesa maestà, può e deve essere punito, o per lo meno neutralizzato!

La storia di Palermo è simile a quella di un bambino bello, sano, cresciuto si in mezzo ad un mare conteso da tutti, ma che si era sostanzialmente abituato al continuo andirivieni di nuovi padroni: Punici, Romani, Vandali, Bizantini e Berberi (di Arabi in Sicilia nel medioevo non ne abbiamo mai visti, contrariamente a quanto affermiamo). Questo bambino, però, ad un certo punto ha subito un trauma che ne sconvolge la vita ed il carattere, facendolo diventare prepotente. Nella fredda notte di Natale del 1130, il leader di un esercito di mercenari giunti poco più di mezzo secolo prima si fece incoronare re di Sicilia (Puglia e Calabria) nel Duomo di Palermo con il nome di Ruggero II d'Altavilla.

A partire da questa incoronazione, che di fatto rendeva il Normanno (ed i Palermitani per transitività) re di mezza Italia, padroni del Nord Africa e pirati indiscussi del Mediterraneo, i Palermitani hanno cominciato a credersi dei semidei, i migliori di tutti, appunto. Ad aumentare il delirio di onnipotenza ci pensò poi Federico II, che Re di Sicilia, e successivamente Imperatore preferiva stare a Palermo e che, fosse stato per lui, avrebbe volentieri rinunciato alla Corona imperiale per restare tranquillo in Sicilia. Equazione nella testa dei Palermitani, Palermo meglio di una corona imperiale! E quando Federico II morirà di diarrea, in Puglia, il figlio Manfredi non avrà alcun dubbio che volontà del padre sarebbe stata certamente quella di essere sepolto nella sua città del cuore: Palermo.

Ma dopo la morte di Manfredi e la fine della dinastia di Federico finisce il sogno. A farne le conseguenze sono dapprima gli Angioini di Carlo d'Anjou. Vuoi perché alzavano le vesti alle palermitane, vuoi perché imponevano tasse esose, vuoi perché consideravano Palermo come una città di seconda categoria, furono scannati in massa e senza nessuna pietà, da un popolo inferocito e sanguinario. Dopo il breve periodo dei Chiaramonte, che tentarono di seguire su Palermo le orme dei re (ebbero un loro castello, un loro esercito ed una loro moneta) Palermo rotola, come la testa di dell'ultimo Chiaramonte Manfredi III, in serie B, con gli spagnoli che osano renderla capitale si, ma di un vice regno!

E qui si ruppero i telefoni con il potere: e per sempre. I nobili palermitani, seguiti sostanzialmente, almeno in linea concettuale e a volte inconsciamente dal popolino, cominciarono a non riconoscere più alcun potere costituito. I Palermitani cominciarono ad autocelebrarsi come gli eredi dell'Impero, semidei caduti in temporanea disgrazia. Ma la disgrazia vera fu per gli spagnoli che si trovarono ad avere a che fare con una città tremenda: continue le rivolte contro gli spagnoli, che furono costretti ad aprire Via Maqueda per rendere la città vecchia facilmente circondabile ed isolabile dall'esercito. Per non parlare di alcuni vicerè che caddero proprio a Palermo, ammazzati in maniera strana o costretti a fuggire per evitare di restare per sempre a Palermo, sotto terra.

La reazione organica fu la creazione di forme di antipotere, o potere parallelo. Il tribunale della Santa Inquisizione di Palermo, ad esempio, diventerà l'anti-tribunale per antonomasia, non perché omaggiasse rose ai condannati, ma perché ebbe una struttura mastodontica, precorritrice della Regione siciliana, con 15 mila impiegati ed un indotto di almeno 5 volte. Non comprendete perchè il tribunale della Santa Inquisizione fosse antistato? Chiunque ne faceva parte, nonchè i familiari di chi ne faceva parte, non poteva essere giudicato dai tribunali comuni, quelli del re, poteva portare armi liberamente e non pagare le tasse. Godevano di una specie di franchigia per delinquere e in più erano stipendiati per farlo. Ecco perché quando Caracciolo abolì il Tribunale, mentre nel resto d'Europa si festeggia, a Palermo scoppiarono disordini feroci!

Le ribellioni contro i Borbone furono all'ordine del giorno, e l'unico momento di pace e amore sarà quando Ferdinando, fuggendo per la prima volta da Napoleone, verrà a Palermo illudendo i Palermitani di poter tornare ad essere caput regni. Ma, durante il secondo soggiorno a Palermo dei Borbone, appena 4 anni dopo, i palermitani non gli perdonarono il precedente ritorno a Napoli e gli resero l' esilio un inferno, costringendolo anche a concedere la Costituzione!

E così questa prepotenza, la non accettazione delle regole, di nessuna regola, nel sentirsi sempre al di sopra di qualsiasi convenzione e organizzazione sociale, di qualsiasi legge si è fatta strada nei secoli. Tutto questo è passato nel DNA dei miei concittadini, che furono allevati e allevarono, senza saperlo, in questa salsa tutti i loro figli. Figuratevi poi il codice della strada, quello non viene neanche considerato come legge dello Stato.

Tutto questo si è trasformato in una incapacità a sentire proprio il bene comune, quello che appartiene a tutti; di non percepire mai come madre, ma sempre matrigna, la stessa città, che secondo la tradizione popolare nutre gli altri e divora i propri figli. Quando, invece, la verità mi sembra esattamente il contrario: Palermo amata e rispettata dagli altri e quasi mai dai Palermitani. I Beati Paoli sono la creazione, forse un po caricaturale ma violenta, di questo antistato. E ovviamente al culmine di tutto c'è la Mafia, intesa non tanto come associazione unica e coordinata, quanto come modo di pensare e di fare. La mafia uno strumento, diceva Pietro Zullino nel suo geniale saggio "Guida ai misteri ed ai piaceri di Palermo" penetrante, moderno, acuto e aggressivo per portare i palermitani al potere. A questo si aggiunga una illegalità densa, diffusa, come le polveri sottile, ormai sedimentate. Il risultato è eccezionale, si chiama Palermo.

Chiudiamo, dunque, con questa ultima fatua soddisfazione, che è stata la storia a renderci prepotenti ed anche un po' violenti, la colpa non è nostra ma degli avvenimenti, e aspettiamo, con ansia, qualcuno che si prenda la briga di rieducarci. Per sbranarlo.

Igor Gelarda​ (Storico di Palermo)

medioevoinfinito@yahoo.it

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