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Giovedì, 28 Marzo 2024

Quando via Libertà si chiamava strada Favorita: nascita e declino del salotto buono di Palermo

L’idea di “allungare” la città verso Montepellegrino, era sorta già a fine '700. I lavori per il completamento durarono oltre 50 anni e furono suddivisi in 5 tranche. Le ville in stile Liberty, poi l'arrivo Ciancimino e il "sacco di Palermo"

Sorridete, non muovetevi. Stiamo scattando l’istantanea della nascita di via Libertà, il primo vagito equivalse al primo palazzo. E da allora in poi fu un continuo. L’idea di “allungare” Palermo verso Montepellegrino, era sorta già a fine '700. Nel 1778 il pretore, il marchese Regalmici, decise di creare una nuova zona che mettesse in collegamento la città antica con il porto. La cosiddetta "addizione Regalmici" ripropose così l'ordine ortogonale dei Quattro canti, ricreandolo all'esterno della città grazie all'incrocio fra il prolungamento della via Maqueda (ora via Ruggero Settimo) e una nuova via perpendicolare, denominato allora stradone dei Ventimiglia (oggi via Mariano Stabile) che collegava la chiesa di San Francesco di Paola al Mare.

Il prolungamento di via Ruggero Settimo, futura via Libertà, era stato già tracciato, per buona parte, già a metà 800. Ma si trattava di una strada interpoderale, che passava per il cosiddetto "Firriato di Villafranca", che nel 1800 andava da piazza Politema fino quasi a Borgo Vecchio. Ai primi del’800 Giorgio Wilding, ufficiale tedesco, era giunto in Sicilia al seguito di Ferdinando I ed aveva sposato l’erede dei Butera, Caterina Branciforte di Butera, una famiglia molto ricca. Il fratello di Giorgio Wilding, Ernest principe di Radaly, aveva comprato nel 1844 il vasto terreno del Firriato di Villafranca ad un asta giudiziaria.

Gelarda-3Poi si ci mette di mezzo la rivoluzione a creare la strada nuova. Nel 1848, infatti, era scoppiata una rivolta antiborbonica che a Palermo aveva portato all’insediamento di un governo che,  un po’ per demagogia ed un po’ per dare lavoro al popolo, aveva deciso di iniziare i lavori per sistemare come strada urbana il prolungamento a nord dell’attuale via Ruggero Settimo. Tale strada venne chiamata via della Libertà, in nome di questo effimero periodo senza Re. Al rientro dei Borbone a Palermo, pochi mesi dopo, l’idea di questo tracciato urbano piacque e fu continuato, anche se il nome venne cambiato in strada Favorita, visto che portava verso la Reale Riserva di Caccia tanto cara a Ferdinando. I lavori per il completamento di via Libertà furono lunghi, durarono oltre 50 anni, e furono suddivisi in 5 tranche. Il primo tratto, costruito nel 1848-1849, andava da piazza Politeama a piazza Croci; il secondo tratto  1849-1860 da piazza Croci a piazza Alberico Gentili, il terzo (1876-1887) da piazza Gentili al Canale Passo di Rigano (altezza via D’annunzio); il quarto nel 1887 da Vila Pajno a vicolo Pandolfina (odierna viale Lazio) e la quinta ed ultima parte, nel 1909, fino a piazza Vittorio Veneto.

Tra il 1848 ed il 1849 vennero piantati i platani che vedete ancora oggi, insieme ad altre piante, e furono piazzati alcuni sedili in pietra lungo il percorso. Tra il 1865 ed il 1880 il Municipio di Palermo decideva di creare piazza Politeama, sorta attorno al teatro omonimo terminato nel 1875, anno in cui venne sistemato anche il palchetto della musica di fronte al teatro. La piazza fu dotata di illuminazione e alberi e, nel 1877, fu aperta la via Emerico Amari che collegava la nuova piazza a mare. A partire dal 1881 cominciò la lottizzazione del terreno del Firriato di Villafranca, ora del principe di Radaly, all’interno del quale il comune voleva costruire, proprio seguendo la linea di via libertà, un quartiere nuovo ed elegante. Ma il boom delle richieste di costruzione di questa zona si ebbe all’indomani dell’esposizione nazionale di Palermo che si tenne nel 1891-1892 (VAI ALL'ARTICOLO).

Il Comitato dell’Expo palermitano ottenne dal principe di Radaly la concessione gratuita del terreno a patto che, finita la manifestazione, il comune gli permettesse la lottizzazione dell’intera strada. Con il nuovo secolo iniziarono per Palermo gli splendidi, anche se contradditori, anni della "Belle Époque" con il lancio dello stile Liberty che venne interpretato e reinterpretato lungo tutto questo boulevard palermitano. Su via Libertà, tra le tante, vogliamo ricordare due strutture particolarmente significative: il Conservatorio delle Croci e il Giardino Inglese. Il Conservatorio era una cinquecentesca villa suburbana, fatta costruire da Don Pietro di Luna di Bivona. Successivamente la villa, per la sua posizione fuori città, venne scelta come luogo di isolamento durante le epidemie di peste del 1575 e del 1624 (quella di Santa Rosalia). Alla fine del ‘600 fu acquistata da una suora del monastero dell’Origlione e trasformata in conservatorio per le ragazze povere nel 1690. Per l’inaugurazione del Conservatorio si celebrò una solenne processione, dalla Cattedrale fino al Conservatorio, con sette grandi croci che, piantate nel piano antistante dell’edificio diedero il nome al piano e al conservatorio. Accorciato in parte per permettere l’apertura di via Libertà, l’edificio fu pesantemente danneggiato da una bomba nel 1943.

giardinoinglese-2Il Giardino all’Inglese (nella foto a destra la fontana), terminato nel 1852, venne progettato da Giovan Battista Filippo Basile seguendo uno schema molto in voga nella seconda metà dell'Ottocento, ovvero assecondare le forme e la morfologia naturale del terreno dandogli un'aria più naturale. In realtà l’idea di Basile era quella di riprodurre un giardino di delizie arabo, e per questo furono inserite piante provenienti da tutto il mondo per rendere l'ambiente più esotico e 27.000 esemplari tra alberi, piante e bulbi vennero acquistati per abbellire il giardino. Il giardino sorgeva in un terreno che era stato precedentemente cava di tufo e non fu facile sbancare il terreno. All’interno del giardino c’erano 7 piccoli colli, tanti quanti quelli di Roma, che però negli anni ‘30 vennero eliminati, mentre negli anni ’50 fu sostituita l’inferriata liberty che lo cingeva e nel 1982 la pavimentazione originale in pietrisco, venne rimpiazzata da un meno romantico asfalto e cemento.

Il completamento di Via Libertà dalla parte opposta al Politeama era invece piazza Vittorio Veneto. In origine si trattava di un monumento, finito nel 1911, ideato con l’intento di commemorare l’annessione della Sicilia al Regno d’Italia. Mentre con l’avvento del Fascismo, nel 1931 fu dedicato ai caduti della Prima Guerra mondiale e fu costruito il colonnato attorno. Tantissime le villette e le palazzine che costituivano via Libertà. Tra quelle che ancora esistono, solo per citarne qualcuno, ricordiamo l’ex quartiere Littorio, costituito da 32 palazzine e terminato nel 1932, avrebbe dovuto rappresentare il primo nucleo della città giardino voluta dall’urbanistica Fascista. Villa Pajno, costruita nel 1933 con un bel giardino storico attorno ed uno stile ecclettico, dal 1947 di proprietà della regione siciliana e residenza del prefetto di Palermo. Palazzo Florio, all’incrocio con piazza Mordini, costruito nel 1900, fu acquistato da Vincenzo Florio nel 1906 e nel secondo dopo guerra passò ad alcuni enti siciliani.

Purtroppo moltissime di queste villette furono distrutte per essere sostituite da palazzi. Tra il 1959 ed il 1964 fu assessore dei lavori pubblici a Palermo Vito Ciancimino, che divenne poi capo gruppo della Dc e successivamente, per alcuni mesi, tra il 1970 ed il 71 sindaco di Palermo. Il sacco di Palermo interessò anche via Libertà, che nel nuovo piano regolatore aveva alti indici di fabbricabilità. Sebbene sia giusto dire che taluni scempi furono commessi sia prima che dopo l’era Ciancimino. Citiamo alcuni dei “caduti”: Villino Salandra, costruito nel 1883 all’angolo con via Mazzini, fu demolito nel 1966;  Villa Deliella, era stata costruita nel 1909 da Ernesto Basile su piazza Croci, in stile liberty molto asciutto, con una bella torretta che lo sovrastava. Il 28 novembre del 1959, di sabato, su licenza di "Don Vito", la villetta fu abbattuta e avrebbe dovuto far posto ad un bel palazzone. Ma per le proteste di alcuni intellettuali e di alcuni giornali non fu possibile costruirvi nulla e rimase uno spazio vuoto, successivamente divenuto lavaggio/parcheggio.

La splendida palazzina Cusenza (nella foto in alto) del 1910, costruita a piazza Alberico Gentili su tre elevazioni con bifore, trifore e logge rinascimentali e un porticato per la fisioterapia, fu abbattuta nel 1964. Al suo posto, oggi, si trova un bel palazzo di 9 piani. Al posto del gigantesco edificio di largo degli Abeti, siamo quindi all’incrocio con via Notarbartolo, dovete immaginare una villetta di tre piani, di aspetto neogotico, turrita e circondata da un vasto giardino: Villa Maria Varvaro, costruita nel 1892. Nel 1953 fu abbattuta. Le palazzine Di Chiare e Di Bella-Perrotta, terminate entrambe nel 1909 da Michele Utveggio, quello del castello. Entrambe raffinati esempi di villette residenziali, furono rispettivamente abbattute nel 1970 e nel 1980. Infine, il villino Rutelli, in stile neogotico terminato nel 1930 e ubicato all’angolo di Via La Marmora. La prossima volta che passeggerete su questo trafficato viale, immaginatevelo come una immensa campagna di agrumi, oppure come uno splendido salotto elegante di una Palermo ormai scomparsa.

Igor Gelarda
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