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Giovedì, 25 Aprile 2024

Misteri, eros e intrighi: i segreti dell’Hotel delle Palme

Un brivido lungo 100 anni: dalla strana morte del filosofo uruguaiano, datata 1917, ai summit mafiosi organizzati da Lucky Luciano, passando per il tragico epilogo dello scrittore francese Raymond Roussel. Fino al volo dalla finestra di un agente segreto americano

Un palermitano sa che la via Ingham, oggi, si trova nel quartiere di Brancaccio. Ma non è stato sempre così. Fino ai primi del ‘900 si chiamava via Ingham un tratto di strada compreso tra via Cavour e via Amari, oggi corrispondente al tratto finale di via Roma. Quest’ultima nacque dopo, a spezzoni, tra il 1895 e 1922. Via Roma (quasi) dritta dalla Stazione centrale a Borgo Vecchio e quindi la zona di servizi del porto.

L’antico pezzo di strada chiamata via Ingham si chiamava così perché nel 1856 vi fu costruita la  residenza della aristocratica famiglia inglese Ingham-Whitaker, che trasferitasi a Palermo nel 1819 segnò per quasi un secolo la storia, soprattutto economica, della città. E non era un caso che a pochi metri dalla loro casa, gli Ingham avessero costruito una chiesa anglicana, che fa tuttora bella mostra di se all’incrocio tra via Roma e via Stabile, ed è ancora affidata niente di meno che alla diocesi di Gibilterra.

Nel 1874 la residenza degli Ingham, piccola rispetto a quello che sarebbe stato successivamente l’Hotel delle Palme - due soli piani ma con un grande giardino esotico che arrivava fino al mare - fu ceduta al Cavaliere Enrico Ragusa, già proprietario del famoso albergo Trinacria, di via Butera alla Kalsa. Il Cavaliere convertì la struttura in Hotel e nei primi del ‘900 affidò a Ernesto Basile il rifacimento quasi totale del Palazzo che sarebbe diventato il più importante hotel della città. Ma anche il più affascinante e ricco di misteri. E con ospiti di tutto rispetto. 

Richard Wagner, ospite nel novembre del 1881, che completò qui il terzo, ed ultimo, atto del suo Parsifal e durante il suo soggiorno si convinse a posare per il grande pittore francese Pierre-Auguste Renoir, in vacanza a Napoli ma sceso di proposito a Palermo per immortalare il grande maestro. Pensate Wagner e Renoir insieme a Palermo!! A dire il vero la permanenza di Wagner in albergo non fu tutta rose e fiori. Sembra che siano nati contrasti con il titolare, il Cavaliere Ragusa, che portarono il grande compositore ad andare via dall’albergo prima del tempo, trasferendosi in una villa del Conte Tasca ai Porrazzi. Questo portò il geniale compositore a scrivere, ad un amico che gli chiedeva se avesse incontrato dei pericoli in Sicilia: “un solo brigante ho conosciuto in Sicilia: il mio albergatore!”

Francesco Crispi, da presidente del Consiglio, nel 1893 diresse proprio dall’Hotel delle Palme le operazioni contro i "Fasci Siciliani". Oltre 30.000 soldati impegnati contro contadini affamati e disperati, che chiedevano terra e lavoro. Nelle sale dell’Hotel, inoltre, il politico nativo di Ribera ma eletto deputato a Palermo, amava  impartire lezioni di politica a chiunque volesse intraprendere la carriera di politico  

Dopo la trasformazione operata dal Basile l’hotel divenne un luogo di fascino e di lusso. E di incontri, e di bella vita e soprattutto il centro della bella epoque palermitana, tra gossip, arte e scandali. Tra le cose memorabili ci fu la grande cena, con ben 12 portate, organizzate dal palermitano Vittorio Emanuele Orlando, presidente del Consiglio dei Ministri dal 1917 al 1919, e che ebbe il merito di traghettare l’Italia disfatta a Caporetto verso la Vittoria finale. La hall dell’hotel divenne un luogo tra i più frequentati della città da coloro che, volendosi sfidare, si lanciavano il guanto della sfida proprio nella hall dell’albergo. Tra le sfide se ne consumarono di memorabili: quelli tra il conte Arrivabene e don Ignazio Florio, oppure quelli tra il conte Ernesto Perrier de La Conette ed il marchese Emanuele De Seta. Questi ultimi si sfidarono ben sette volte per difendere i loro intrighi d’amore.

Ma andiamo ai misteri… Durante il mese di aprile del 1917, Camilo Josè Enrique Rodò Pineyro, giornalista, filosofo uruguaiano, tra i maggiori pensatori liberali sudamericani del suo tempo occupò una stanza dell’hotel. Nella notte del 30 aprile venne ricoverato a causa di forti dolori addominali presso l’ospedale San Saverio (ormai non più esistente) e morì poco dopo. Il referto parlò di "tifo addominale e nefrite". Aveva 46 anni e le modalità della morte non convinsero tutti. Qualcuno restò con il dubbio che si trattasse di avvelenamento, anche se le sue condizioni di salute erano malandate già dal suo arrivo in Italia.

Alla vigilia del Festino del 1933, nella stanza 224 dell’albergo, venne trovato morto, nel suo letto, lo scrittore francese Raymond Roussel. Per assunzione di barbiturici secondo la Questura di Palermo, per la quale non c’erano dubbi che si trattò di un suicidio. Anche perché alcuni giorni prima aveva già tentato di uccidersi tagliandosi le vene. Ma secondo Leonardo Sciascia che approfondì, quaranta anni dopo, la vicenda nel suo “atti relativi alla morte di Raymond Roussel” il caso era più complesso. Per Sciascia la tesi del suicidio in una Italia fascistissima che non poteva permettersi misteri irrisolti, era poco plausibile. Molti i punti oscuri secondo lo scrittore di Racalmuto: la misteriosa scomparsa temporanea dell’autista dello scrittore, ricomparso dopo il suicidio dello stesso; come anche il fatto che neanche venne fatta l’autopsia.

Nel 1937 mentre al largo di Palermo si svolgevano le manovre della flotta navale italiana, nella stanza 322 venne trovato in un lago di sangue il corpo di un uomo, a quanto sembra una spia inglese con un pugnale conficcato nella schiena. Ma in un’Europa che andava a grandi passi verso la guerra, nessuno ci fece caso. E tutto venne chiuso lì. 

Nel marzo del '43 una bomba finì davanti l'ingresso principale senza esplodere; un'altra attraversò l'edificio da parte a parte passando sulla testa del barone Vincenzo Greco Militello che fu svegliato dal suo sibilo e che da quel momento, ringraziando Dio di averla fatta franca, passò allegramente da una donna all’altra, come un vero Casanova per grazia ricevuta. Nel 1943 l’hotel delle Palme, venne requisito dalla Marina americana, divenendo il centro direzionale di operazioni di intelligence ma anche di relazioni opache con personaggi della mafia siculo-americana. Qui Vito Genovese incontrò più volte Charles Poletti, capo degli affari civili dell’amministrazione militare alleata. E qui sarebbe venuto, nel 1946, appena espulso dagli Stati Uniti come «indesiderabile», il boss Lucky Luciano in compagnia della giovane amante Virginia Massa. 

E all’interno dell’attuale Sala Azzurra, fu proprio Luciano che il 12 ottobre 1956 organizzò un importante summit mafioso al cui tavolo si ritrovarono boss siciliani con colleghi italo-americani. La delegazione a “stelle e strisce” era guidata da Giuseppe Bonanno, meglio conosciuto a Brooklyn come Joe Bananas. Assieme a lui c’erano Joe Di Bella, Vito Vitale e Camillo Carmine Galante. A rappresentare la Sicilia c’erano Giuseppe Genco Russo, e Cesare Manzella. Oggi si direbbe la crema della crema!!!

Nasceva così la “Cupola” italo-americana. Qualche settimana dopo questo incontro tra “galantuomini” in una elegante barberia di New York, veniva eliminato, seduto in una poltrona, il boss Albert Anastasia. Il commando di morte era composto da killer rigorosamente siciliani, che seguivano le indicazioni sorte proprio a seguito dell’incontro palermitano al Grand Hotel! Sempre nella Sala Azzurra c’è un grande specchio realizzato dagli Ingham che mimetizzava quello che un tempo era stato il passaggio segreto che conduceva alla vicina chiesa Anglicana.  

Era il 1961, mentre sindaco di Palermo era Salvo Lima, quando un agente segreto americano venne visto volare giù dalla finestra della stanza 351: rimase ucciso sul colpo. La spia non era sola, dentro la camera fu trovata sotto shock la sua segretaria. E il caso, naturalmente, rimase irrisolto. L’anno successivo, all’interno della camera 350 fu arrestato mentre si trovava in dolce compagnia il boss mafioso Charles Orlando.  

La Stanza 204 ospitò per quasi 50 anni il Barone Di Stefano. Non fu mai chiaro perché il Di Stefano avesse scelto questa specie di esilio dorato. Anche se tutto sembrò essere nato da qualcosa che suscitò le ire di un tribunale mafioso che aveva sentenziato proprio l’esilio per il Barone, ovviamente in alternativa alla cassa da morto! Il Barone Di Stefano fu uomo di cultura, intrattenendo  discorsi con personaggi del calibro di Marta Marzotto, che si recava con una certa frequenza all’hotel delle palme con Renato Guttuso.

Igor Gelarda-5Persino il buon Sciascia qualche volta si attardò al bar a sentire i discorsi del barone amante dei libri di storia e della buona musica, lirica e classica. La sua bara ebbe il privilegio d'uscire, il 5 aprile del 1998, dall'ingresso principale con il saluto del personale schierato nella hall. E a chi volesse approfondire consiglio  il “Grand Hotel et des Palmes-Storia e Mistero”, scritto da Melinda Zacco, ricco di testi e di documentazione.  Adesso, quando passerete dinnanzi all’imponente Hotel, lo guarderete con occhi diversi e con più rispetto!!

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