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9 maggio 1943, pioggia di bombe su Palermo: il massacro degli inermi

Sono passati 73 anni dal giorno in cui gli Alleati scatenarono l'inferno sulla città. Le sirene suonarono per tutto il giorno, e c'è chi non le ha mai più dimenticate

Nel 1943 le sorti del conflitto mondiale cominciavano ad assumere contorni precisi, quasi definiti. La Germania aveva fallito le sue campagne più importanti: il Leone Marino, ossia l’invasione dell’Inghilterra, che era costata ad Hitler buona parte delle sue Luftwafe e quindi il controllo dei cieli. E l’invasione della Russia (operazione Barbarossa), tragicamente conclusasi a Stalingrad (febbraio 1943), con perdite incalcolabili di vite umane. Gli alleati erano sbarcati in Africa alla fine del 1942 e Palermo, il cui porto nelle fasi iniziali della guerra era stato di notevole importanza per l’Asse, adesso rappresentava un punto cruciale nella rete di sorveglianza antiaerea organizzata dai tedeschi nel Mediterraneo.

Nonostante ciò le difese della città erano tutt’altro che impenetrabili e si affidavano prevalentemente alla batteria antiaerea di Capo Zaferano, tra Aspra e Porticello, ad alcune postazioni su Monte Pellegrino, funzionali fino ad un certo punto data l’estrema vicinanza alla città. E poi c’erano gli aerei militari a Boccadifalco, pronti a intervenire in caso di attacco nemico. A partire dal Febbraio del 1943 la presenza degli Alleati, che ormai hanno comoda base in Marocco e Algeria, si fa pressante. Si susseguono i bombardamenti: 3 febbraio (colpito il porto e piazza Magione), 1 marzo (ancora il porto, ma sfiorata anche la Cattederale e colpite la catacombe dei Cappuccini) e 22 marzo (ancora porto).

Ma è ad aprile che comincia il vero massacro della città. E parlo di massacro, dato che l’unico vero obiettivo militare, il porto, era stato già quasi completamente distrutto nelle precedenti incursioni. Ad aprile le fortezze volanti colpiscono ben quattro volte la città, utilizzando bombe incendiarie e al fosforo. Il 18 aprile, una bomba “destinata” alla Cattedrale finisce a piazzetta Sett’angeli colpendo una sorta di rifugio antiaereo, in realtà un cunicolo profondo appena un paio di metri, provocando un strage. Un numero imprecisato di morti, decine, forse centinaia, specialmente donne e bambini. Dopo i bombardamenti di aprile, in una Palermo dialaniata e impaurita con le comunicazioni interrotte e semi abbandonata da tutti coloro che avevano un qualsiasi appoggio nei paesi dell’interno o da qualsiasi altra parte lontano dalla città, ci sono alcuni giorni di pace. Ma è una pace apparente. A cui si aggiunge l’ironia della storia.

Il 9 maggio il Regime Fascista ha deciso di consegnare un riconoscimento a Palermo come città mutilata, con una cerimonia pubblica prevista a piazza Bologni. Ma quel giorno, proprio per rendere ancora più paradossale tale celebrazione del Regime, gli Alleati decisero di scatenare l’inferno su Palermo, preannunciandolo su Radio Londra. A metà mattinata una formazione di caccia bimotori bombarda l'aeroporto di Boccadifalco, mettendo completamente fuori gioco i 70 aerei dell’aeronautica militare italiana presenti. Poco dopo mezzogiorno giungono le Fortezze volanti sulla città. Come dice lo stesso nome erano enormi: 23 metri di lunghezza e 32 metri di apertura alare. Per capirci, le ali di questi giganti erano grandi quanto la Fontana di Piazza Pretoria o avrebbero toccato due facciate opposte dei Quattro Canti. Ma se era impressionante vederne una sulla propria testa, immaginate quando sulla città se ne presentarono contemporaneamente 220, provenienti dall’Algeria, scortate da più di 100 caccia pesanti.

Come se non bastasse, alcune ore dopo giunsero altre 100 fortezze, con altri caccia di scorta. Questo sciame non poteva non ricordare la piaga bibblica delle cavallette, in questo caso di metallo e piene di esplosivo. E poi non si capì più nulla. Palermo sperimenta il primo bombardamento in Italia, con oltre 1500 bombe lanciate sulla città. La contraerea non si fermò mai, ma i bombardieri volavano troppo in alto ed erano difficili da colpire,e si andò avanti per ore, fino quasi a sera.

Ma ai registi di questo film dell’orrore l’opera non appariva ancora completa, mancava un finale ad effetto. E allora, scempio nello scempio, mentre di notte si spegnevano gli incendi e si soccorrevano i feriti, ecco ripresentarsi 23 bimotori Wellington su Palermo. Ancora bombe sulla città e sui soccorritori, con l’utilizzo anche di bombe Hc (High capacity) di quasi 2.000 chili l’una. L’elenco degli edifici distrutti è lunghissimo: case, chiese, biblioteche, ospedali. Il numero delle vittime fa tra gli 800 e le 1.500 persone. Le sirene suonarono per tutto il giorno, e c’è chi non le ha mai più dimenticate. I cinegiornali dell’epoca, ovviamente fascisti, chiamarono i nordamericani Gangster dell’aria e terroristi!

Perché Palermo fu bombardata così? Stupida domanda, perché eravamo in guerra, dalla parte sbagliata per giunta; e perché la distruzione della città doveva fiaccare la resistenza psicologica e servire da esempio per tutti gli altri italiani che non si mettessero contro gli Alleati. E serviva anche tastare il terreno in vista del grande sbarco alleato in Sicilia, nell’estate di quello stesso anno. E perché siamo ancora in guerra? Perché dopo 70 anni, basta andare in giro per la città e scoprire ci sono ancora macerie di quei bombardamenti. Forse le ultime rimaste in Europa.

Igor Gelarda (Storico in pace) - pagina Facebook: https://www.facebook.com/Igor-Gelarda-911961728894076/  

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