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Daniele Ditta

Giornalista Palermo

Palermo non è Atene e Pericle non si può citare a sproposito: i tanti guai della città sono il fallimento della democrazia

"Qui ad Atene noi facciamo così". Lo storico discorso di Pericle agli ateniesi sulla democrazia, che ieri l'assessore ai Lavori pubblici Maria Prestigiacomo ha suggerito ai consiglieri comunali di leggere, lo abbiamo ripassato pure noi. 

La colta citazione dell'assessore-architetto, già presidente di Amap (società recentemente finita sotto indagine per la depurazione delle acque reflue), cozza con le parole da lei stessa pronunciate ieri in conferenza stampa: rivolgersi infatti ai cronisti dicendo che "nei confronti di questa Giunta c'è l'ostilità della stampa" è un tentativo maldestro - peraltro subito stigmatizzato dal vicesindaco e da altri assessori - di difendere il proprio operato; ma soprattutto rivela un tratto diametralmente opposto ai principi di democrazia e libertà che porta in dote sino ai giorni nostri il discorso di Pericle. 

Principi che forse l'assessore Prestigiacomo non ha ben assimilato, se è vero com'è vero che ieri ha infarcito le sue dichiarazioni di aggettivi poco consoni - abbiamo contato più di un "vergognoso" - all'indirizzo del Consiglio e del suo presidente, senza però ben argomentare la sua tesi. 

E' forse vergognoso esercitare un legittimo diritto di critica da parte dell'assemblea cittadina (espressione dei palermitani perché da essi eletta) nei confronti della Giunta o promuovere una mozione di sfiducia nei confronti di un assessore? O è più vergognoso constatare lo stato di precarietà in cui versano infrastrutture strategiche per la mobilità cittadina come il ponte Corleone e il ponte Oreto?

La risposta a queste domande, egregio assessore, la troviamo sempre nel discorso di Pericle: "Benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, be' tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia".

A nostro avviso, l'assessore Prestigiacomo, tirando in ballo proprio la democrazia, ha scelto il modo peggiore per parare gli attacchi del Consiglio. Perché del discorso di Pericle sembra non aver colto l'essenza. Si ricordi, assessore, che essere "chiamato a servire lo Stato" (in questo caso il Comune) è una "ricompensa al merito" e "non un atto di privilegio". A maggior ragione se si è nominati e non eletti.

"Qui ad Atene noi facciamo così". Evidentemente però Palermo non è Atene. Di meriti infatti, egregio assessore, non ne riusciamo a vedere. Di contro, invece, le inefficienze in certi settori dell'amministrazione Orlando sono plasticamente rappresentate dalle tante emergenze che sindaco e assessori non sono riusciti a risolvere. Dati oggettivi, concreti, tangibili. Le 900 bare ferme in deposito, la mancata manutenzione delle infarastrutture, il traffico impazzito, la pessima gestione dei rifiuti con l'imminente aumento della Tari, il bilancio che non si riesce a chiudere. Quindi meglio scendere dal pulpito e cominciare a dare risposte ai cittadini se si vuole continuare a stare in Giunta. Senza cercare scuse, senza scomodare Pericle, senza attaccare in modo scomposto i giornalisti che - ricordiamo all'assessore Prestigiacomo - sono "i cani da guardia della democrazia". 

Di fronte a questa situazione piena zeppa di criticità la Giunta, anziché fare mea culpa davanti all'opinione pubblica e cercare una convergenza con il Consiglio per il bene di Palermo, ha deciso - dopo la mozione di sfiducia all'assessore Giusto Catania - di rompere platealmente con gli inquilini di Sala delle Lapidi. E di sfidarli: sfiduciate il primo cittadino e andremo tutti a casa. Un azzardo, ora che la Giunta non ha più la maggiornanza in Aula. Un'occasione per i consiglieri d'opposizione, che a quel punto saranno costretti a votarla. Se però la sfiducia venisse bocciata sarebbe una vittoria per Orlando. In entrambi i casi, a perdere sarebbe la città che, delle partite a poker della politica politicante, non ha proprio bisogno. 

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