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Paradosso Mancini: vuole un'Italia di italiani ma a Palermo schierò 11 stranieri titolari...

Palermo, 24 ottobre 2015. E' un sabato sera. L'Inter di Roberto Mancini, seconda in classifica a un punto dalla capolista Fiorentina, fa tappa a Palermo. I rosanero di Giuseppe Iachini veleggiano in zone tranquille. Finisce 1-1, al lampo di Perisic risponde una zampata di Gilardino. Ma più che del punteggio le statistiche si cibano di un altro dato importante. L'Inter schiera un undici titolare senza alcun italiano. Tra i pali c'è Handanovic, in difesa Nagatomo, Murillo, Miranda e Alex Telles. A centrocampo Guarin, Kondogbia, Medel e Perisic. In attacco Jovetic e Icardi.

Sono passati sette anni e mezzo. In questo lasso di tempo lunghissimo, quasi otto anni sono un tempo enorme per il calcio, l'Italia ha steccato due qualificazioni mondiali. Mancini è diventato ct e si è speso molto sullo scarso impiego dei giocatori italiani. "Perché Gnonto in Italia non l’ha preso nessuno? Poteva giocare per la Sampdoria o la Fiorentina - ha detto ieri Mancini in conferenza stampa -. Nessuno l’ha preso, però gioca titolare in Premier League. In Olanda c’è Oristanio che gioca bene in Eredivisie. Zaniolo è un po’ l’emblema, non giocava e poi s’è ritrovato titolare in Champions League. Noi dobbiamo cercare di andare a scovarli da qualche parte, in tutti i modi". Chiara frecciata ai colleghi della Serie A.

Quella sera di fine ottobre del 2015 il Mancio partì con undici stranieri, e per cercare i tre punti nel finale fece tre cambi affidandosi al francese Biabiany e al serbo Ljajic. In panchina c'erano solo tre italiani: Santon, D'Ambrosio e Ranocchia, che venne scongelato a pochi minuti dal termine, per sistemare la squadra dopo l'espulsione a Murillo. Un altro italiano in rosa era Dimarco, praticamente mai impiegato da Mancini.

Dopo il pareggio di Palermo, l'Inter trascorse la notte in testa alla classifica. Primato effimero, perché i nerazzurri si sgonfiarono nel girone di ritorno e chiusero col fiatone, al quarto posto, quando ancora non valeva la qualificazione in Champions, con appena 67 punti (ma 39 fatti soltanto all'andata). 

Sette anni e mezzo dopo gli italiani scarseggiano sempre di più e il ct azzurro con uno dei suoi proverbiali colpi di tacco per sfidare l'Inghilterra si è affidato a un attaccante sconosciuto, pescato dall'altra parte del mondo. Dalla notte del Barbera senza italiani al paradosso Retegui. E siccome il calcio, come la vita, è una ruota che gira, Mancini ha conosciuto proprio a Palermo la notte peggiore della sua carriera di allenatore. E dopo un anno esatto la Macedonia non è stata ancora digerita.


 

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