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Martedì, 23 Aprile 2024

Federica Virga

Giornalista

Morire da soli ai tempi del Covid: quell'ultimo bacio negato negli ospedali ancora "blindati"

Quando ci si trova di fronte a storie di malasanità, vivere la disumanità della distanza rende tutto ancora più amaro

Il trauma di una malattia, l'angoscia di un ricovero in solitudine, le impreviste emozioni che un lutto a distanza genera per colpa del Covid. C'è una nuova povertà umana che incombe ed è figlia di un copione già visto: che crescano o diminuiscano i contagi, molti ospedali continuano a impedire le visite dei familiari con lo scopo di proteggere i pazienti dal virus. Sembrerebbe la scelta più corretta, se non fosse che quello che resta è più atroce di qualsiasi tipo di malattia. 

La morte è sempre stata lì. Gigantesca e viva più che mai, capace di portare via senza discriminare anche prima che la pandemia devastasse la nostra normalità. La morte non ha mai cambiato posto in questi due anni di emergenza sanitaria, ha solo cambiato forma: per la prima volta, però, probabilmente siamo stati costretti a guardarla in faccia dovendo privarci di un rituale che in qualche modo attenua il dolore. Mai prima d'ora la morte ci ha impressionato, addolarato, colpito. Mai come adesso ci ha affondato perché vivere un lutto, vegliare sul corpo esanime di chi amiamo, ricevere gli abbracci in grado di consolare chi resta sono una cerniera necessaria ad accettare un dolore così grande. Una consuetudine che, però, ci è stata negata per via dell'emergenza sanitaria.

In questa lenta rinascita verso la normalità che ci traghetta verso la fine dello stato d'emergenza, il Governo è stato chiaro: le visite ai parenti negli ospedali sono ripristinate a patto che si sia completato il ciclo vaccinale oppure che si presenti un tampone negativo. I direttori sanitari, ma anche i primari dei singoli reparti, possono poi decidere discrezionalmente come operare. Discrezionalmente, dunque, in base all'andamento dei contagi, gli ospedali e le cliniche seguono sì le linee guida nazionali, ma in base alla situazione possono scegliere se aprire alle visite o meno. Non esiste dunque una regola generale che vada bene per tutti. Fatta la legge, funziona così in ogni parte d'Italia. 

Il Covid (e non da adesso) ci ha privato però di questo diritto minimo e insindacabile: quando una persona che amiamo si ammala, il pensiero di perderla ci annienta, ma se a questo dolore si aggiunge quello di non poterla assistere, tutto si complica, diventando intollerabile. Sapere di essere a due passi da tua madre o tuo padre - come è successo alla famiglia di Ippolito Ferreri (il noto ristoratore palermitano morto da solo dopo quasi 50 giorni di ricovero e sul cui decesso è stata aperta un'inchiesta) o alla figlia di un disabile al 100%, allettato con accompagnamento, ricoverato per due giorni e mezzo nella shock room di Villa Sofia e lì deceduto da solo e senza assistenza di un familiare - e non poterli vedere, non potere entrare neppure per qualche minuto, non poter dire addio, dare l'ultimo bacio, l'ultima carezza, rende quei "due passi" infiniti e terribili. Quando, a maggior ragione, ci si trova di fronte a storie di malasanità, vivere la disumanità della distanza rende tutto ancora più amaro. In fondo, se sulla malasanità si può agire solo attraverso la giustizia, sulla disumanità non basterebbe semplicemente un'eccezione o un cambio regole? 

Ma è questa purtroppo la lezione che siamo stati costretti ad imparare in questi due anni e oltre di pandemia. Il Covid ci ha obbligato a partecipare inermi a storie inumane che mai avremmo voluto ascoltare, né tantomeno, da giornalisti, raccontare. Anche se l'emergenza è stata parzialmente arginata, gli stadi sono tornati a riempirsi per una partita di calcio o un concerto capace di ospitare fino a 80 mila persone, alcune strutture sanitarie a Palermo sono rimaste ferme a marzo 2020: impossibile entrare, impossibile assistere i nostri cari ammalati, e - peggio ancora - impossibile tenere per mano chi amiamo negli ultimi istanti della sua vita. Obbligati a restare lontani in attesa di una telefonata senza poter fare nulla, che sia solo un abbraccio o una carezza, capace di dare conforto momentaneo a chi ci sta lasciando per sempre. Limitare gli ingressi dei familiari è però sempre davvero necessario? 

La maledizione di questo virus d'altronde consiste proprio in questo: negarci di esserci. O, se ci ha concesso di esserci, è stato solo scendendo a compromessi. Perché l'unico modo che abbiamo avuto per manifestare tutto il bene e l'amore che proviamo a chi stava per lasciarci è stato affidato a una videochiamata. Qualche ospedale si è inventato la "stanza degli abbracci" o la "stanza degli sguardi", posti dove pazienti lungodegenti e familiari potevano esserci a dispetto della distanza. Ma a poco o nulla sono servite: nonostante la diffusione dei vaccini, l'abbondante disponibilità di dispositivi di protezione come le mascherine Ffp2 e decreti e ordinanze volte a normalizzare ciò che di normale non ha avuto nulla, gli ospedali sono rimasti blindati non per colpa ma per scelta. 

Dire addio alla vita, per chi resta, è però un momento esistenziale, un passaggio fondamentale per andare avanti. Non a caso partecipare al funerale di una persona cara è imprescindibile per l'elaborazione di un lutto. Ci è stato negato pure questo per un lungo periodo. E allora abbiamo assistito alle morti di padri, di madri, di nonni che una volta deceduti venivano imbustati come salami e restituiti alle famiglie senza che nessuno potesse addirittura vedere i loro volti per un'ultima volta. Oggi, 30 mesi dopo l'inizio di tutto, mentre in giro non si vede l'ombra di una mascherina e per molti il Covid sembra essere solo un brutto ricordo, negli ospedali palermitani si continua a morire da soli. E allora mi chiedo una cosa soltanto, anzi due: cari direttori sanitari, cari primari, possiamo smetterla di lasciare morire da solo chi amiamo? Per quanto ancora possiamo accettare un orrore simile continuando a definirci umani?

Morire da soli ai tempi del Covid: quell'ultimo bacio negato negli ospedali ancora "blindati"

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