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Cognomen omen

Cognomen omen

A cura di Francesco Miranda

L'origine dei cognomi: Settimo, Statella, Picardi, Colaianni 

L'origine dei cognomi: Settimo, Statella, Picardi, Colaianni 

Settimo

(come Ruggiero Settimo, “Padre della Patria Siciliana)

Settimo origina dalla cognominizzazione del prenomen latino “septimus” che vuol dire letteralmente “settimo” (da septem, sette) e che, fra i Romani, fino al primo secolo, veniva dato al settimo figlio nato, secondo un sistema comune usato nelle famiglie numerose e legato all’ordine di nascita dei figli: Primo, Secondo, Terzo, ecc.  Talvolta il nome veniva imposto ai bambini nati precocemente, nel settimo mese di gravidanza. Come cognome, inoltre, potrebbe derivare dal toponimo “Settimo”, comune in Italia con varie determinazioni: Settimo Torinese e Settimo Rottaro (TO), Settimo Milanese (MI), Settimo – Cinto Caomaggiore (VE), Settimo San Pietro (CA), ecc. Il cognome è diffuso in molte regioni italiane, in ordine di consistenza: Piemonte, Veneto, Sicilia, Puglia, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, Toscana, ecc.; in Sicilia è sparso in alcune province: nel palermitano (Palermo, Partinico, Monreale), nel trapanese (Santa Ninfa, Castelvetrano, Favignana), nel messinese (Messina, Santa Teresa di Riva, Furci Siculo, Letoianni), nel catanese (Vizzini), nell’ennese (Piazza Armerina), nel ragusano (Ragusa).

Riferimenti storici e personaggi – Settimo, famiglia originaria di Pisa, discende dagli antichi conti di Settimo, che ottennero importanti cariche nella Repubblica di Pisa. Fu portata in Sicilia da Antonio, che in Pisa aveva la carica di “anziano” nel 1401 e di priore nel 1430, in Palermo fu senatore dal 1436 al 1438. La famiglia in Sicilia ottenne i titoli di principe di Fitalia, barone e marchese di Giarratana, barone di Cammaritini, e molti feudi. Alla famiglia appartennero numerosi illustri personaggi che ebbero titoli e cariche pubbliche in varie città dell’isola. Il casato risulta iscritto nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana e nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano del 1922. Ad esso appartenne RUGGIERO SETTIMO (Palermo 17/5/1778 – Malta 12 maggio 1863), ammiraglio della marina napoletana, aderì giovanissimo alle idee liberali, si ritirò dalla carriera militare nel 1812 dopo l'abrogazione della costituzione siciliana, ed iniziò la carriera politica. È considerato come il ”Padre della Patria Siciliana”, avendo sviluppato l'idea dell'indipendentismo siciliano; durante il moto separatista del 1820 fece parte del Governo Provvisorio che venne represso nel novembre dello stesso anno dalle truppe di Ferdinando II di Borbone;  fu anche il maggiore protagonista della rivoluzione separatista del 1848 e, nominato presidente del governo siciliano, appoggiò l'idea di una Sicilia indipendente e confederata, dichiarò decaduto Ferdinando II e offrì la corona alla Casa Savoia. Quando Ferdinando riconquistò l’isola, Ruggiero venne esiliato a Malta; dopo la caduta del regno delle Due Sicilie, venne nominato dai nuovi governanti senatore del Regno d'Italia e presidente del Senato, carica che egli abbandonò per motivi di salute. Diverse città gli hanno dedicato strade e piazze; a Caltanissetta, dove Ruggiero Settimo visse e operò per alcuni anni
viene ricordato con il nome del Liceo classico della città; a Palermo gli sono stati dedicati una piazza e una delle principali vie della città; la Regia Marina gli ha intitolato il sommergibile “Ruggiero Settimo”, in servizio dal 1932 al 1946.

Statella

(come Vincenzo Statella, patriota risorgimentale)
Statella è cognome generato dalla italianizzazione del termine dialettale siciliano “statiédda” (o “statìa”), in uso in molte province siciliane e riportato nell’Atlante linguistico italiano di Giovanni Tropea: corrisponde all’italiano “stadera”, bilancia di origine etrusca il cui funzionamento si basa sul principio della leva. Si tratta di un soprannome riferito probabilmente a capostipiti che avevano a che fare con tale attrezzo (commercianti o costruttori di stadere). Il cognome, poco noto, è diffuso in poco più di trenta comuni sparsi in alcune regioni italiane fra cui Lombardia, Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Marche e, naturalmente in Sicilia, nel catanese (Catania, Paternò, Misterbianco, Mascali, Acireale), nel messinese (Giardini Naxos, Messina, Motta Camastra, Brolo, Taormina), nell’ennese (Agira, Gagliano Castelferrato), nel ragusano (Vittoria), nel siracusano (Lentini).

Riferimenti storici e personaggi. Una famiglia Statella, originaria della Francia, discendente dei duchi di Borgogna, fu portata in Sicilia da Accursio che per “maritali nomine” (aveva sposato Costanza D’Aragona, figlia dell’Infante Giovanni), ottenne le baronie di Castania, Limina, Randazzo, Francavilla e Castiglione. Poi si divise in due rami: il ramo di Siracusa ebbe i titoli di principe di Cassaro, marchese di Spaccaforno, barone di Bambina, Casalotto e Sant’Andrea, barone di Mongiolino e barone di Monastero; il ramo di Napoli ebbe il titolo di conte. Il casato fu tra le famiglie fedeli fino all’ultimo ai Borbone delle Due Sicilie; è iscritto nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano del 1922 e, il ramo di Napoli, nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana.  Si estinse definitivamente negli anni Settanta con la morte dell’ultimo marchese chiudendo la storia secolare della famiglia. Molti i personaggi illustri che la famiglia diede alla storia delle Due Sicilie. ANTONIO STATELLA (Spaccaforno, Ispica 31/7/1785 – Torre del Greco 11/12/1864), principe del Cassaro, politico e diplomatico: fu ambasciatore del Regno delle Due Sicilie alla corte di Torino, a Parigi, Madrid e ministro plenipotenziario a Vienna. Per un decennio, dal 1830 al 1840 fu ministro degli Esteri, poi si ritirò dalla politica per un lungo periodo. Nel 1860 fu presidente del Consiglio dei Ministri di Francesco II e fu lui che organizzò un esercito di centomila uomini per contrastare Garibaldi: inutilmente perché le forze garibaldine ne uscirono vittoriose e fu la fine del Regno. VINCENZO STATELLA (Spaccaforno, Ispica 18/10/1825 – Custoza 24/5/1866), figlio illegittimo di don Enrico Statella (adottato poi legalmente), patriota risorgimentale. In contrasto con la fede monarchica della sua famiglia abbracciò la causa dell’Unità d’Italia e partecipò alla prima guerra d’indipendenza come capitano del Corpo dei Volontari di Sicilia. Aggregatosi ai Mille, salvò la vita a Garibaldi nella battaglia di Milazzo: come ricompensa fu nominato suo “aiutante di campo”. Morì nel corso della terza guerra d’indipendenza il 24/5/1866, in una carica a cavallo nella zona di Custoza; ottenne per il suo eroismo la medaglia d’oro al Valore Militare. A lui sono dedicati caserme, edifici, corpi speciali, piazze e strade. ANDREA STATELLA (1678/1728) – (Padre Salvatore della SS. Trinità), venerabile della chiesa cattolica. Entrato nell’Ordine dei Carmelitani nel 1725, compì studi di filosofia, teologia e leggi civili e canoniche a Catania. Rinunciò all’eredità familiare per donarla al convento dei Carmelitani che fece ricostruire e ampliare. È ricordato come promotore della riforma carmelitana a Siracusa.

Picardi

(come Licinio ed Eliseo Picardi, fratelli, partigiani, vittime dell’odio nazi-fascista)
Il cognome Picardi ha come varianti Picardo, Piccardi, Piccardo, Piccardoni: deriva dal nome medioevale italiano Picardus, derivato a sua volta dall'etnico Piccardia, regione a nord della Francia con la quale erano frequenti nel Medioevo gli scambi commerciali; il cognome francese Picard , significa abitante della Piccardia e Piccard è cognome tipico della Savoia. L'etimologia del termine Piccardia non è né geografica né storica. La parola apparsa nel 1248 origina dalla parola "picard", vale a dire "piocheur", "scavatore". I parigini chiamavano "scavatori" tutti gli agricoltori che vivevano a nord della zona ricoperta da foreste del Senlisis e del Valois (dove i paesani erano boscaioli), e a nord venivano chiamati "Picard" tutti quelli che non parlavano fiammingo. Arras, Boulogne, Calais, Tournai erano città "piccarde"; i loro studenti formarono a Parigi e a Orléans la "Nazione Piccarda". Picardi è diffuso in Campania (nel napoletano, nell’avellinese e nel salernitano), nel Lazio (zona Roma e dintorni), in Lombardia (milanese e varesotto), in Toscana, Sicilia, Puglia, Liguria (nel genovese) e in qualche altra regione italiana. In Sicilia piccoli nuclei di Picardi si trovano nel catanese (Catania, Tremestieri Etneo), nell’ennese (Regalbuto, Catenanuova, Troina), nel palermitano (Lercara Friddi), nel trapanese (Alcamo). Fra le sue varianti: Picardo, Piccardi, Piccardo, Piccardoni.

Riferimenti storici e personaggi. Tracce storiche di questa cognominizzazione si trovano a Bergamo nel 1200 con un certo Picardo del fu Albertino Paneterii di Bergamo; a Venezia, nel 1400 con Marcus Picardus e, alla corte degli Sforza, alla fine del 1400 con Jacobus Picardus. LUIGI PICCARDO (Varazze 7/9/1845 – Damasco 3/12/1917) - Vescovo di Cafarnao e vicario capitolare del patriarcato latino di Gerusalemme. Morto in prigionia in Siria e là sepolto. GUNDISALVO PICARDI (Regalbuto sec. XVIII) – Laureatosi giovanissimo fu Bibliotecario dell'Università di Catania, Rettore del Real Liceo di Palermo e Moderatore degli Studi nel Regno di Sicilia, direttore del Real Liceo di Regalbuto.  LICINIO ED ELISEO PICARDI (fratelli nati il primo nel 1918, il secondo nel 1920) partigiani, partecipi del movimento clandestino della Resistenza, furono arrestati nel gennaio del 1944 e deportati prima a Mauthausen e poi nel campo di concentramento di Ebensee, nell’Alta Austria. Furono presi per una spiata del portinaio, mentre erano intenti a tradurre uno scritto di Carlo Marx. Alla fine della guerra dal campo di concentramento ritornò solo Licinio, per morire poco dopo. Entrambi lavoravano a Sesto San Giovanni alla Falck, il primo come impiegato, il secondo come operaio. Il Comune di Sesto San Giovanni ha loro dedicato una lastra marmorea “alla memoria imperitura” FRANCESCO PICARDI (Napoli 28/11/1928 – Napoli 18/2/2012), politico italiano, figura storica del socialismo democratico italiano. Fu detto il “sindaco dei 100 giorni” perché guidò il Comune di Napoli dal 30 gennaio al 29 aprile del 1984, fu protagonista nell’evitare il commissariamento del Comune in una delle fasi storiche più critiche della città partenopea: in quel periodo fu approvato il bilancio e fu dato impulso alle opere del Centro direzionale. Fu consigliere comunale dal 1970 al 1993 e più volte assessore. Medico di professione è stato un autorevole rappresentante del PSDI, amico di Giuseppe Saragat e di Pasquale Schiano, è stato, fra l’altro, negli anni settanta membro della Commissione Europea per gli Enti Locali e ha ricoperto incarichi prestigiosi nell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani).

Colaianni

(come Napoleone Colaianni, politico, saggista, docente universitario, deputato del Regno d’Italia))
Colaianni ha molte varianti, Colagiovanni, Colajanni, Colanni, Colianni; tutti derivano da capostipiti con il doppio nome di Nicola (aferetico Cola) e Giovanni (nella sua alterazione aferetica Ianni) o di contrazioni dialettali di nomi personali. Cognome di origine pugliese, è diffuso in più di 180 comuni di quasi tutte le regioni italiane; ha ceppi in Puglia, in Sicilia e nella provincia di Roma e diramazioni in Lombardia, Abruzzo, Piemonte, Marche, Campania, Basilicata, ecc. In Sicilia è presente in quasi tutte le province, in particolare nel palermitano (Palermo, Villabate, Cinisi, Alia, Cefalù, ecc.), nel catanese (Catania, Gravina di Catania, Aci Sant’Antonio, San Giovanni La Punta, ecc.), nell’ennese (Enna, Calascibetta, Valguarnera Caropepe, Agira), nel siracusano (Siracusa, Pachino), nel nisseno (Santa Caterina Villarmosa), nel messinese.

Riferimenti storici e personaggi. POMPEO COLAIANNI (Caltanissetta 4/1/1906 – Palermo 8/12/1987), partigiano, politico, antifascista, iniziò la sua milizia politica nel 1921 fin dalla fondazione del PCI: è stato uno dei primi dirigenti in Sicilia subito alla testa delle lotte contadine e dei minatori. Si distinse nel corso della guerra partigiana per capacità e combattività, divenne comandante delle Brigate Garibaldi della Valle Po con il nome di battaglia di Nicola Barbato. Dopo la liberazione divenne viceministro del governo Parri e poi del primo governo De Gasperi. Ritornato in Sicilia, andò a dirigere la federazione del PCI di Palermo e riorganizzò le file del movimento operaio siciliano. È stato per 22 anni deputato all’ARS, incarico dal quale si dimise nel 1969 per rivolgersi soprattutto alla lotta contro la mafia e per la pace.  NAPOLEONE COLAIANNI (Castrogiovanni 28/4/1847 -2/9/1921), politico, saggista e docente universitario. Fu deputato del Regno d’Italia dal 1890, per dieci legislature, fino alla morte svolgendo un ruolo da leader dei repubblicani in Parlamento. Fu promotore di importanti iniziative parlamentari come l’inchiesta sull’Eritrea (1891), la denuncia dello scandalo della Banca di Roma (1892); fu leader dei Fasci dei Lavoratori siciliani e ruppe con Francesco Crispi per lo “stato d’assedio” in Sicilia. Nell’aprile dei 1895 fu fra i fondatori del Partito Repubblicano Italiano. Quindicenne si era arruolato fra i garibaldini con i quali raggiunse l’Aspromonte e, nel 1866, prese parte alla 3^ guerra di indipendenza; allo scoppio della prima guerra mondiale si schierò dalla parte degli interventisti. BENEDETTO COLAIANNI (Catania 10/10/1927 – Scopello agosto 2009), ingegnere, docente e attore. Nipote di Napoleone Colaianni, ereditò dal nonno la passione politica di cui impregnò fortemente la sua attività. Ha operato professionalmente sul territorio siciliano realizzando vari progetti nel settore dell’edilizia e dell’urbanistica. Ha partecipato alla realizzazione del lungometraggio “Il sasso in bocca “(1969) di Giuseppe Ferrara e ha avuto una piccola parte nel film “Cento giorni a Palermo” (1984) dello stesso regista. NAPOLEONE COLAIANNI (Catania 9/5/1926 – Roma 9/6/2005), politico, ingegnere, docente universitario (ha insegnato economia alla LUISS di Roma). Influenzato dalle idee progressiste e meridionaliste dell’omonimo nonno e della famiglia, dopo la Liberazione si iscrisse al PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria); dopo la scissione del 1947 di Saragat entrò nel PCI e, fra il 1950 e il 1951, divenne segretario della federazione di Caltanissetta, poi di quella di Palermo, quindi dirigente regionale, poi membro del Comitato centrale. Dentro il PCI si schierò su posizioni antistaliniste e riformiste. Nel 1968 fu eletto deputato, dalla VI alla IX legislatura fu senatore della Repubblica, fino al 1987. Si dedicò poi all’attività pubblicistica scrivendo numerosi libri e articoli (per il Corriere della Sera, per Il Sole 24 Ore).

L'origine dei cognomi: Settimo, Statella, Picardi, Colaianni 

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