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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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L'Odissea femminile scritta sul ghiaccio di Carmelo Rifici alle prese con un mondo in scioglimento

Al Teatro Biondo in prima nazionale Ulisse Artico, su testo di Lina Prosa, che scardina lo stereotipo maschilista dell'eroe infallibile, affidando l'unica salvezza possibile a una donna: "Una nuova narrazione del mondo, una nuova epica, un'odissea artica e femminile"

Un immenso loop artico. E' così che potremmo definire in prima battuta lo spettacolo che ha debuttato al Teatro Biondo di Palermo nei giorni scorsi a firma di Carmelo Rifici, regista italo-svizzero dalle origini (anche) siciliane, direttore artistico del Lac di Lugano e della Scuola Luca Ronconi del Piccolo di Milano, con un'intensa carriera alle spalle che spazia dall’opera lirica alla prosa. L'Ulisse Artico che nasce dalla penna di Lina Prosa, con la regia di Rifici, racconta in chiave contemporanea le gesta di Ulisse, il cui mito rivive in un futuro apocalittico fatto di ghiacci che si sciolgono, di culture che si perdono, di lobby che divorano e di umanità perdute. Rifugiato su un pezzo di ghiaccio, Ulisse naufraga nell’immenso arcipelago di isole bianche in costante assottigliamento, nella sua casa-naufraga che è una zattera in mezzo al buio del nostro tempo scopre il cadavere di una donna inuit, una cacciatrice che ha preferito il suicidio allo spettacolo estenuante e scandaloso della fine.

In questa decomposizione della realtà il nostro (anti)eroe si muove all’interno di una piattaforma girevole, un mondo appiattito dalle proprie degenerazioni umane e climatiche, una chiatta sgangherata che ruota all’infinito, che abita con la donna (nel testo della Prosa non è presente, ma è il racconto stesso a cui il regista dà un corpo, ruolo affidato alla giovane e talentuosa Sara Mafodda) come una folle Dalida/Pentesilea, e l’inesorabile scioglimento di una testa di cavallo ghiacciata, statua artica e impronta ellenistica di un cavallo di Troia, ideata dall’artista visivo Simone Mannino, che ha anche curato scene, costumi e luci. La testa di cavallo che si scioglie e deperisce in una risultante figurativa di semi immobilità è il punctum di questa pièce, una penetrazione visiva in cui "etica ed estetica coincidono, l'esperienza del mondo - spiega Simone Mannino - diventa grande e l'emergenza ambientale non riguarda solo il nostro pianeta, ma oserei dire la nostra storia, cultura e bellezza", e che non concede allo spettatore alcuna distrazione.

La piattaforma circolare gira letteralmente attraverso il dispositivo scenico creato da Mannino come un movimento di camera in cui il teatro sembra scivolare tra i pentagrammi del cinema, mentre il monologo esplode e si esaurisce in un lento zoom nella coscienza di Ulisse. Uno spazio sospeso, ristretto e precario in cui questo Ulisse dimezzato - "io uomo dentro la metà, io dentro la deformità", ripete Giovanni Crippa sulla scena con la Mafodda - si muove smarrito alle prese con l’antropocene di cui è creatore e al tempo stesso vittima, impegnato nel tentativo di produrre un ultimo gesto mitico.

"L'uso di una lingua poetica, costruita sull'invenzione letteraria, spesso commovente, non priva di un’ironia sagace, riesce a sostenere temi politicamente forti - dice Rifici in riferimento al testo di Lina Prosa - quali l’ecologia, lo sfruttamento ambientale, l’annosa e tragica condizione degli emigrati, senza mai cadere nella cronaca", partecipando all’urgenza di un pensiero ecologico di anche il teatro negli ultimi tempi si è fatto carico. Carmelo Rifici lo fa sperimentando su un testo classico che spinge al limite per esaltare la surrealtà creata dalla Prosa, attraverso un ipertesto che Crippa restituisce con incredibile maestria dando vita a un Ulisse che è l’ennesimo miserabile beckettiano intrappolato in un flusso di coscienza sonoro in cui la parola, che divora sé stessa, è però forse l’unica salvezza. E sono proprie le parole a diventare suono assiduo, spigoloso, ossessivo, in questa impostazione registica che punta a una iperbole emotiva che immerge il pubblico in un’idea di teatro-suono, teatro-canzone grazie anche al perfetto ambiente sonoro ideato dal compositore Zeno Gabaglio, e alla scelta di Rifici di affidare alla donna artica il ritmo ossessivo di "Le temps des fleurs" di Dalida, altra ironica scelta di Lina Prosa.

carmelo rifici

La voce e l’interpretazione di Sara Mafodda (spirito artico) fanno il resto, scivolando suadenti sulle imprecisioni vocali che accompagnano con una espressività corporale elegante e ben calibrata sull’azione scenica di Crippa. Lo spirito artico di matrice (anch'essa) beckettiana tormenta con i suoi cromatismi vocali questo Ulisse frantumato, una situazione comunicativa paradossale. Una presenza che l’eroe-antieroe, l’Ulisse non Ulisse, percepisce come una voce che sembra appartenergli ma che non gli appartiene più perché è fuori da sé come in Krapp’s Last Tape o Eh Joe di Samuel Beckett.

Ulisse Artico è la preghiera a un mondo che scompare, che si guarda e scompare, in un autocannibalismo a cui la stessa coscienza lucida e non lucida non riesce a opporsi. Quello di Ulisse è il delirio di un morto che parla, di un uomo che si rende conto delle proprie atrocità ma non vi pone fine. Il punto è la consapevolezza, è la memoria, Ulisse è dunque giudice e imputato in parole girotondo che a volte nel loro incedere diventano suono di questo "deperimento implacabile" in cui si "scompare senza Odissea" (dice il protagonista) mentre la poetica testa di un cavallo di Troia si scioglie. Uno spaccato teatrale che non tocca la denuncia, ma che lascia tracce artiche dentro, con poetico abbandono, su cui volendo si può riflettere. Lo spettacolo in scena al Teatro Biondo di Palermo sino al 5 febbraio al Teatro Biondo volerà a Lugano il 7 febbraio con replica l’8 al Lac arte e cultura.

Teatro Biondo di Palermo / Sala Strehler, dal 25 gennaio al 5 febbraio 2023 - prima nazionale
Ulisse Artico, di Lina Prosa, regia Carmelo Rifici, con Giovanni Crippa e con Sara Mafodda. Scene, costumi e luci Simone Mannino,
musiche di Zeno Gabaglio, assistente alla regia Ugo Fiore, assistente alle scene Giuliana Di Gregorio, realizzazione scene Atelier Nostra Signora
costruttori Giuseppe Grippi e Pablo Crichton, direttore di scena Sergio Beghi.

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