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Tango delle capinere, l’opera romantica di un’inedita Emma Dante

L’ultimo atto d’amore di due anziani amanti senza nome è l’omaggio della regista al padre

La battuta finale della mia intervista a Emma Dante non è andata (volutamente) in video. “Un’ultima domanda, posso?” sulla sua carriera, lunga, prolifica e costellata di successi che spaziano dal teatro di prosa all’opera, al cinema e perfino alla letteratura.

Seduta sulla poltrona rossa del Teatro Biondo di Palermo racconta senza sottrazioni e con particolari lenti e intimi il suo Tango delle Capinere, ispirato a Ballarini, ultimo capitolo della Trilogia degli occhiali (insieme a Acquasanta e Il castello della Zisa), che debutta nella città di origine della regista palermitana, come lei stessa ha tenuto a sottolineare. Ed è proprio intorno al senso di città e appartenenza che l’ho interrogata: «Dirigeresti un teatro a Palermo?». «A Palermo?», ha ribattuto assaporando nella ripetizione l’idea, per una frazione di secondi appena, per poi fermarla subito con un perentorio “no”, «non sono interessata, in generale. Voglio fare il mio lavoro di artista, di ricerca». Il mio “…peccato!” è sfuggito quasi sussurrato, colto subito dal piglio della Dante che sorridente e veloce ha replicato: «Ma tanto stai tranquilla che non me lo propongono!».

Chissà verrebbe da dire, ma non viene detto. Poi, si alza veloce e conquista il centro della Sala Grande del Teatro Biondo dove il suo Tango delle Capinere debutterà in prima assoluta con un sold out che ha anche una fila in attesa fuori dal botteghino, applausi e risate a scena aperta, momenti di trasporto e commozione e lunghi applausi finali per la regista e i due protagonisti:Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco, che già anni fa ricoprirono lo stesso ruolo degli ‘amanti senza nome’ di Ballarini, in una veste un po’ diversa, nella restituzione di un amore meno tratteggiato che li vedeva sul palco per poco tempo, “per un lampo” dice Emma Dante. «In Ballarini - racconta la regista siciliana - che era uno spettacolo performativo, questi due amanti, sempre interpretati da Sabino e Manuela, apparivano e dopo pochissimo scomparivano, qui invece c’è un tempo in cui loro rimangono, in cui noi entriamo nella loro casa».

E' una Emma Dante intima quella che si racconta, quella che ha composto il Tango delle Capinere, quasi sussurrata, come le piccole lampadine che fanno da tetto ai due protagonisti, parte di un corredo scenico scarno e semplice. Intimo è lo spettacolo che la regista palermitana dice essere un omaggio al padre molto anziano, ai ricordi dei genitori, quelli di tutti noi, “alla loro generazione” aggiunge. Ricordi belli e buffi, la restituzione in sorrisi e silenzi del pubblico ne è piena testimonianza, in una narrazione teatrale in cui si scorgono molti degli elementi della regista palermitana: il dialettale andamento del registro linguistico e il movimento dei corpi, che segnano ogni sua opera e che nel Tango delle Capinere diventa matrice. Lo spazio in cui i due protagonisti si muovono e come lo attraversano è il centro di una ballata innamorata e malinconica - che si ispira al Tango delle capinere di Nilla Pizzi e al Libertango di Astor Piazzolla - in cui le parole sono pressoché assenti, la musica è imperante e i movimenti dei due ballerini sono sempre carichi di suggestioni e di una emotività familiare. Come quelle visioni che talvolta ci vengono concesse da una finestra illuminata in un palazzo qualsiasi, in cui è possibile scivolare con lo sguardo indisturbato e scorgere le fattezze di una casa,la sagoma di due amanti nella loro quotidianità fatta dal chiasso di una tv accesa sulla finale del mondiale 1982, di piccoli litigi, atti di amore a due, a tre quando arriva il figlio, di conoscenza e sensuale distrazione.

© rosellina garbo 2023 _GRG7937

La storia scorre all’indietro, sgranata come se delle polaroid prendessero vita ringiovanendo i due protagonisti che pescano da due bauli elementi di un ricordo dopo l’altro, sino a quando da ragazzi si incontrarono scegliendo di innamorarsi. È un amore che diventa bianco, Emma Dante lo sottolinea nelle note di regia riportando una poesia di Alda Merini: “So che un amore / può diventare bianco / come quando si vede un’alba / che si credeva perduta”. Bianco, poiché con il tempo l’amore diventa una pagina bianca: «Non si chiamano - spiega la regista - anche perché quando si vive per così tanto con qualcuno non lo chiami più, fa parte di te non ha più un nome la persona che sta con te da una vita e quindi può appartenere a tutti noi. Lui e lei sono tutti noi».

Manuela Lo Siccoe Sabino Civilleriche, lavorano da anni al fianco di Emma Dante e ricoprono per la seconda volta il ruolo dei due amanti senza nome, sono magistrali nei movimenti, talvolta clowneschi almeno all’inizio quando si presentano al pubblico con le maschere della vecchiaia, una narrazione divertente che strappa sonore risate, che svolta in sentimenti di tenerezza, consumata quotidianità e vita. Semplicemente tale. Questo carillon dei ricordi, come lo apostrofa la Dante che appare ai suoi spettatori più fedeli inedita in questo spaccato così profondamente autobiografico, è uno spettacolo semplice come il messaggio che custodisce e le emozioni che ognuno di noi riconoscerà come proprie: «Una storia che appartiene a tutti, a tutti i vecchi amori – racconta Manuela Lo Sicco che in uno spazio un po’ più ampio all’interno dello spettacolo ci delizia (anche) con un’interpretazione a solo del tango di Astor Piazzolla –. Sono dei vecchietti che durante una notte di Capodanno decidono di ripercorrere tutta la loro vita e attraversare i momenti condivisi ballando ballando».

Sabino Civilleri è il compagno perfetto, entrambi gli attori, storici della compagnia della Dante, sono credibili in tutte le età che ripercorrono, caleidoscopici e perfettamente sincronizzati come l’orologio da tasca con cui i due anziani giocano sul palco all’inizio. Gli oggetti sono gli strumenti di questa memoria emozionale, quelli che ci sopravvivono e sopravvivono ai due anziani innamorati, tirati fuori da due bauli consumati disposti specularmente agli angoli del palco, catalizzatori di questo mosaico dei ricordi, ma anche simbolo di due tombe il cui l’amore verrà deposto in un fermo immagine che ricorda uno scatto (però a colori) del Natale di Diane Arbus. Ma è solo una suggestione che questo frammento amoroso ha suscitato (in me); ogni spettatore avrà ritrovato il proprio. Il Tango delle Capinere è uno spettacolo in cui ritrovarsi, semplicemente, senza pretese, come il suono di un carillon che ti fa sorridere. A qualunque età.

Il debutto assoluto il 13 gennaio scorso alla Sala Grande del Teatro Biondo di Palermo ha registrato il tutto esaurito (in scena sino al 22 gennaio), con Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco; luci di Cristian Zucaro. Una produzione di Sud Costa Occidentale in coproduzione con ERT - Teatro Nazionale / Teatro di Roma - Teatro Nazionale / Teatro Biondo Palermo / Carnezzeria / Théâtre des 13 vents, Centre dramatique national Montpellier / MA scène nationale - Pays de Montbéliard.

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