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Giovedì, 18 Aprile 2024

Il Nabucco dei record al Massimo, Cigni mette in scena l’aspetto intimo e teatrale dell'opera di Verdi

Dopo nove anni, e la sospensione per il Covid nel 2020, il ritorno con travolgente successo a Palermo: 10 mila spettatori in nove recite e 476 mila euro di incasso, il più alto mai registrato per una produzione dal 2018

Di questo Nabucco che entra nella storia del Teatro Massimo per i suoi numeri da record sono tante le cose che colpiscono e meritano considerazione: nelle nove recite sono stati quasi 10 mila gli spettatori, con un incasso di 476 mila euro, il più alto mai registrato per una produzione dal 2018. Pubblico e critica sono entrambi concordi nel decretare il successo di questa messinscena a firma di Andrea Cigni, nel nuovo allestimento coprodotto dal Teatro Massimo con il Teatro Regio di Torino.Sul podio dell’Orchestra del Teatro Massimo il Maestro Francesco Lanzillotta, uno dei più interessanti direttori italiani, ad affiancarlo alla guida del Coroha debuttato il Maestro Salvatore Punturo.

L’opera, assente dal palcoscenico di Piazza Verdi dal 2013, avrebbe dovuto debuttare nel marzo del 2020 ma venne sospesa a pochi giorni dal debutto a causa del Covid che costrinse tutti i teatri alla chiusura. Una storia sempre particolare la lega al teatro palermitano, se pensiamo che sia stata anche l’ultima opera rappresentata al Massimo nel 1974 prima della chiusura per restauri che si protrasse per ben 23 anni, e il celeberrimo "Va’, pensiero" venne simbolicamente cantato dal coro in più occasioni per auspicare la riapertura del teatro che avvenne nel 1997 grazie a una mobilitazione della società civile. Da allora, fu riproposta soltanto nel 2010 e nel 2013 e infine quest’anno con una presenza travolgente.

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"Con questi dati entusiasmanti - dice Marco Betta, sovrintendente e direttore artistico della Fondazione - chiudiamo la stagione 2022 e apriamo la campagna abbonamenti alla stagione 2022-2023 di opere, balletti e concerti che si annuncia ricca di eventi da non perdere a cominciare dall'opera inaugurale dell'8 e 9 novembre, 'Kaiserrequiem', nuova creazione del direttore musicale Omer Meir Wellber e del regista Marco Gandini che unisce Der Kaiser von Atlantis, di Viktor Ullman alla Messa da Requiem di Wolfgang Amadeus Mozart, che impegnerà l'orchestra, il coro e il corpo di ballo del teatro".

Un ritorno straordinario, per un Nabucco dei successi e delle glorie, come la sua stessa storia lo definisce. Appena ventottenne Giuseppe Verdi compose quest’opera che esordì il 9 marzo 1842 al Teatro alla Scala di Milano, trionfo immediato che fece replicare l’opera per ben 75 volte quella stessa stagione consacrando il compositore italiano tra i maggiori di ogni tempo e simbolo delle istanze risorgimentali. Fu proprio il Nabucco, sua terza opera, a salvarlo dall’abbandono, quando all’età di 27 anni a causa di una tragica situazione familiare, allo scontento per l’insuccesso del lavoro, e alle sorti italiane piegate dal domino austriaco che fu quasi tentato a lasciare tutto, come si legge da alcune trascrizioni: "E con un gesto quasi violento ho gettato il manoscritto sul tavolo... il libro si è aperto quando è caduto" e fu allora che lesse la frase che, qualche tempo dopo, tutta l'Italia avrebbe cantato come un inno, "Va, pensiero, sull'ali dorate" ("Vola il pensiero con ali dorate"). Verdi del Risorgimento, quando l’imponenza della sua opera e della sua figura si trasformò sui muri di Buseto. Nel 1859, nell’istanza dei patrioti italiani che scrivevano: "Viva Verdi" (un acronimo risorgimentale che nascondeva la scritta "Vittorio Emanuele Re d’Italia").

La messa in scena di Andrea Cigni fa a meno di questo aspetto monumentale e risorgimentale, la deposizione della matrice politica per accogliere quella più intima e teatrale: "Nel riflettere sul senso dell’opera - spiega il regista - non è l’aspetto monumentale che mi colpisce, né il carattere risorgimentale che le è stato attribuito e meno che mai il contrasto tra due popoli. Vorrei piuttosto raccontarne l’aspetto intimo e teatrale, forse meno evidente rispetto alla grande quantità di interventi corali, ovvero il dramma di Abigaille, figlia illegittima di Nabucco e sorellastra di Fenena".

Il solenne impianto drammaturgico dell’opera è stato quasi del tutto affidato alla imponente presenza scenica del coro, un lamento, un canto di nostalgia. La centralità narrativa viene esaltata dalle scelte registiche, così come l’aveva pensata Verdi, ma anche lo stesso Temistocle Solera, librettista che compartecipò al successo di Nabucco, che  proprio alla scrittura del coro affidò la matrice drammaturgica verdiana, traendo ispirazione dal balletto "Nabuccodonosor" di Antonio Cortesi e dal dramma di Auguste Anicet-Bourgeois e Francis Cornue (da cui lo spettacolo fu tratto). In questo allestimento il Coro è sempre presente dalla scena iniziale fino al finale rasserenante, e in particolare nella terza parte con "Va, pensiero" che per ogni recita ha ottenuto a gran voce la richiesta di bis da parte del pubblico, sempre in religioso silenzio. Un impianto sacrale affidato a pochissimi elementi scenici ma di grande impatto, accompagnati da luci taglienti (curate da Fiammetta Baldisseri) che dosate nelle cromie hanno aumentano l’impatto drammatico dell’opera. Le scene sono di Dario Gessati e i costumi di Tommaso Lagattolla, assistente alla regia Luca Baracchini.

Ewa Płonka nel delicato e difficile ruolo di Abigaille, la figlia rifiutata da Nabucco, fa sfoggio di una voce calda e di un’ottima resistenza fisica. Una spiccata potenza vocale, quella del soprano polacco, che riesce con agilità e naturalezza a controllarla durante ogni passaggio, eccelsa nel canto in pianissimo come il personaggio verdiano esige e nel fraseggio delicato. Nell’ultima aria "Su me... morente... esanime... discenda il tuo perdono!" rapisce e colpisce lo spettatore con tutto il suo carico drammatico. Non sono da meno i suoi colleghi, a cui il pubblico riserva lunghi applausi a scena aperta: il baritono Roman Burdenko nel ruolo di Nabucco, Luca Tittoto nel ruolo del profeta Zaccaria e Silvia Beltrami, mezzosoprano di vocazione verdiana, nel ruolo di Fenena.

Cosa ci aspetta nella nuova stagione 2022-2023 del Teatro Massimo? Inaugurata da due opere-concerto fortemente caratterizzate dal tema del Requiem e della memoria: Kaiserrequiem, una nuova creazione di Omer Meir Wellber e Marco Gandini che unisce Der Kaiser von Atlantis di Viktor Ullman e il Requiem di Mozart, e il Requiem per le vittime della mafia che torna in scena a trent’anni dalla prima esecuzione.Tra le altre sorprese: la regia di Damiano Michieletto per il Don Pasquale di Donizetti, coproduzione internazionale con la Royal Opera House Covent Garden di Londra e l’Opéra di Parigi, il Don Giovanni con la direzione di Riccardo Muti, il nuovo allestimento dell’Evgenij Onegin di Čajkovskij con la regia di Johannes Erath, il debutto al Teatro Massimo del soprano Asmik Grigorian, astro delle scene internazionali.

Un teatro che anche quest’anno si estende alla città rinnovando nella sua progettazione il senso dell’epigrafe che capeggia sul suo monumentale frontone: "L'arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l'avvenire", come spiega il sovrintendente Marco Betta: "L’arte sveglia le coscienze e per questo oltre ai concerti e alle opere dei grandi artisti e artisti siciliani che avremo il piacere di ospitare al Teatro Massimo, lavoriamo a una stagione parallela di teatro sociale, per la città, nella città".

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