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Venerdì, 19 Aprile 2024
AMARCORD1983

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A cura di Alessandro Bisconti e Francesco Sicilia

Quando Palermo battezzò la "piccola" Croazia: una favola mondiale sbocciata alla Favorita

Nel novembre 1994 Boban e compagni, alla dodicesima apparizione ufficiale, fanno lo sgambetto all'Italia di Roberto Baggio vicecampione del mondo. La doppietta di Suker avvia il tramonto del ciclo di Sacchi e stappa il futuro di una nazione appena nata con talento e margini di crescita inesplorati

"Mi dispiace per il pubblico di Palermo, meritava qualcosa di più". Quando il signor Quiniou, ispettore del ministero degli Interni in Francia, fischia la fine di Italia-Croazia, dalla Favorita piovono fischi, ululati e qualcos'altro. Arrigo Sacchi, a testa bassa, si infila sotto al serpentone ai piedi della Sud. Poi gli mettono un microfono davanti alla bocca e si scusa col popolo palermitano. La piccola Croazia ha appena battuto il colosso Italia, vicecampione del mondo appena pochi mesi prima in Usa. E' il novembre 1994, si giocano le qualificazioni per gli Europei inglesi. Bruno Petkovic - il giustiziere del Brasile - è nato da due mesi.

La notte di Palermo battezza una nazionale giovanissima con la maglia a scacchi, partorita in fondo alle ceneri dell'ex Jugoslavia. E' una partita che fa storia. Perché rivela al mondo che è nata una grande. Ventotto anni dopo la piccola Italia guarda dal divano per la seconda volta di fila la Croazia giocarsi una semifinale mondiale dopo Russia 2018. Segno che tutto evidentemente si è capovolto. E dire che un tempo era proprio l'Italia a giocarsi contro l'Argentina un posto in finale.

Quell'Italia-Croazia giocata a Palermo è appena la dodicesima partita ufficiale per la nazionale di Boban. Nessuno conosce la creatura di Ivic, né sa come gioca. Sembra una cenerentola, distratta da quello che succede in patria. A Spalato, Zagabria e dintorni c’è infatti la guerra. E alla vigilia scoppiano paure e polemiche, perché gli azzurri fanno sapere, dopo il sorteggio dei gironi di qualificazione, che in Croazia non ci vogliono andare. Allora Boban punge e se la prende con la scelta della federazione italiana di giocare la partita casalinga a Palermo. Là c’è la mafia e non è che sia molto più sicura…

Ma dopo le polemiche, si gioca. Il pronostico sembra chiuso. "L’Italia è vicecampione del mondo, la Croazia non esiste ancora nella mappa del calcio", sostiene qualcuno. Alla Favorita però succede quello che non ti aspetti. Il Divin Codino è spento e gli ex jugoslavi si regalano la notte perfetta saccheggiando viale del Fante.

Va detto che già nel 1994 la Croazia è un serbatoio abbastanza carico di talenti. Nel suo roster vanta infatti giocatori di assoluto valore mondiale: Alen Boksic a Palermo è assente, ma c'è Davor Suker, attaccante del Siviglia, ed ex compagno di squadra di Maradona. "Una squadra in crescita e con un futuro tutto da esplorare", dicono gli addetti ai lavori. Il contorno è interessante. In porta Ladic è un monumento (in senso buono), Jarni è uno stantuffo forgiato dalla doppia esperienza torinese e Stimac è destinato a brillare pure in Premier League.

Lo sgambetto palermitano della Croazia ha una trama per certi versi simile alla disfatta subita venerdì dal Brasile. L'Italia di Roberto Baggio è ingabbiata e soffre l'aggressività degli avversari, che a centrocampo hanno stelle di calibro mondiale. In mezzo - quasi a creare i prodromi della mediana Modric-Brozovic-Kovacic - infatti dettano legge il milanista Zvonimir Boban (capitano), un certo Robert Prosinecki, fino a due anni prima faro del Real Madrid e Asanovic, signor giocatore. La Croazia gela la Favorita con Suker, a segno poco dopo la mezz'ora su indecisione di Panucci, poi soffoca gli spazi e ripartono.

Palermo, impotente, continua a incitare gli azzurri e si lascia andare a una serie di cori contro i fiorentini, "colpevoli" in quel periodo di odiare la Nazionale. Ma nella ripresa assiste al crollo dell'era Sacchi. Va in gol ancora Suker e solo al terzo minuto di recupero l'Italia trova la via delle rete (inutile) con Dino Baggio. E' una resa senza condizioni. Un disastro totale. "Caporetto Italia" titola la Gazzetta dello Sport il giorno dopo, con riferimenti bellicosi, e un'immagine enorme centrata sullo sguardo pietrificato di Sacchi. E' il punto più basso del suo ciclo, col vate di Fusignano che resiste al timone fino al disastro annunciato di Euro '96. Un ciclo - quello di don Arrigo - culminato con quei maledetti rigori contro il Brasile. Come quelli che, venerdì scorso, 28 anni dopo hanno spalancato l'ingresso definitivo della Croazia nell'elite mondiale.

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