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Giovedì, 18 Aprile 2024
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Nelle Madonie ragazzi "senza valigia", il 67% sogna un futuro nel proprio territorio

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PalermoToday

I giovani non vogliono andare via dai loro paesi. Vogliono restare ed essere protagonisti del loro futuro anche nelle aree interne. È quanto emerge dall’indagine "Giovani Dentro", condotta dall’associazione Riabilitare l’Italia, alla quale hanno partecipato anche i giovani delle aree interne madonite, stimolati dall’Unione delle Madonie. Mille soggetti intervistati, di cui il 52% è di genere femminile e il 48% maschile; il 45% di età 18-29 anni e il 55% di 30-39 anni.

A conclusione della prima fase della ricerca, coordinata da Andrea Membretti - professore di Sociologia del territorio all'Università di Pavia, è emerso che il 67% degli intervistati è orientato a rimanere nel comune delle aree interne in cui vive. Un risultato che ribalta la tesi che i giovani delle aree interne e montane vogliono andare via e classifica quelli che restano come giovani senza ambizioni che non sono riusciti a scappare da territori in cui, ormai, ci sono soltanto gli anziani.

Andando ai dati: il 50% degli intervistati è orientato a restare pianificando nel suo territorio la propria vita e il proprio lavoro (soprattutto le donne, 52%) e circa il 15% è orientato a partire, anche se preferirebbe restare. Tra chi resta, i fattori a cui viene attribuito molto peso nella scelta sono: la migliore qualità della vita dal punto di vista ambientale e dello stile di vita (79%), la possibilità di avere contatti umani e sociali più gratificanti (67%), il minor costo della vita (60%) e perché il posto in cui si vive piace e offre opportunità per restare (55%). Le motivazioni principali nella scelta di partire vengono individuate dalla maggior parte degli intervistati nelle opportunità in termini di qualità del lavoro e della formazione (84%) e nella possibilità di accedere a migliori condizioni di vita per l'offerta di servizi culturali, sociali, assistenziali (77%).

Dallo studio emerge anche l'importanza delle attività agro-silvo-pastorali. Solo il 9% degli intervistati ritiene che la motivazione principale per rimanere in agricoltura sia la mancanza di valide alternative di lavoro e solo il 6% non vede motivazioni valide per lavorare in ambito agricolo. Inoltre, la maggior parte degli intervistati ha un rapporto positivo con la natura riconoscendone il valore di risorsa (13%) o vivendola come ambiente incontaminato (59%). Per il 21% il desiderio di contatto con gli animali e la natura è tra le motivazioni fondamentali che portano un giovane a lavorare in agricoltura. Altre motivazioni sono: la continuazione di attività familiari (17%), l’interesse personale (15%) e la preferenza per uno stile di vita semplice (12%).

La riflessione di Andrea Membretti evidenzia altresì che alcuni aspetti sono stati influenzati dalle conseguenze della pandemia. I giovani, infatti, hanno cominciato a vedere di più le risorse del proprio territorio che prima magari non erano in luce e sono state colte in modo particolare da chi abitava altrove.

Ci sono giovani che arrivano e giovani che vanno via; chi resta o chi arriva punta essenzialmente sull’auto-imprenditorialità, sulla microimpresa nel settore agrosilvopastorale oppure nell’ambito dei servizi alla persona, ma anche nel settore culturale. Scelte individuali che, da sole, non sono sufficienti. È necessario attivare delle politiche a sostegno di un nuovo modo di abitare perché l'innovazione sociale, economica, culturale ha sempre maggiore necessità di spazi più ampi e meno affollati. La metropoli, come spazio dell’innovazione, è stata già abbondantemente sfruttata; oggi si va verso la transizione green, la riconversione ecologica, che si può sviluppare proprio nelle aree in cui c'è meno pressione antropica, nelle aree interne. Fonte: www.orticalab.it

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