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Chiuso il punto nascita di Petralia: scoppia la polemica

Il reparto continuerà a esistere, ma garantirà esclusivamente le emergenze giudicate tali dal personale medico che dalle 20 resterà in servizio con turni di reperibilità. Le partorienti devono andare altrove: a Palermo o al San Raffaele Giglio di Cefalù

Quello che finora era stato solo un disagio annunciato per molte donne è diventato reale: il ministero della Salute ha disposto la chiusura del reparto di Ostetricia e Ginecologia dell'ospedale Madonna dell'Alto, a Petralia Sottana. Stessa sorte per i punti nascita di Santo Stefano di Quisquina, Lipari e Mussomeli. Si tratta di un provvedimento ampiamente annunciato nelle settimane scorse e diventato operativo l'1 gennaio nonostante la mobilitazione dei primi cittadini e delle comunità locali. Solo i reparti di Licata e Bronte, inizialmente inseriti nell'elenco delle strutture da chiudere, sono stati salvati in extremis dal ministro Beatrice Lorenzin.

Fisicamente il reparto continuerà a esistere, ma garantirà esclusivamente le emergenze giudicate tali dal personale medico che dalle 20 resterà in servizio con turni di reperibilità. Le partorienti devono andare altrove, a Palermo o al San Raffaele Giglio di Cefalù.

Intanto si alza un coro di proteste contro la decisione arrivata da Roma. “Non convinconol - dice a presidente della commissione Territorio e Ambiente all’Ars, Mariella Maggio - le riflessioni del ministro che portano alle decisione della chiusura del punto nascita di Petralia, anche perché per la struttura di riferimento, che rientra nella norma dal punto di vista tecnico, è previsto anche il potenziamento del personale necessario”.  ”Sarebbe interessate sapere se per il mantenimento e la chiusura di altri punti nascita su tutto il territorio nazionale, sono stati adottati  in maniera omogenea gli stessi criteri, - continua la parlamentare Pd -  se sono state approfondite le relazioni a corredo della richiesta relativa a Petralia e, soprattutto, se il ministro è stato messo a conoscenza delle condizioni dal punto di vista territoriale e della grave penalizzazione viaria di cui soffre il territorio madonita. Decisioni di questa gravità non possono essere assunte solo sulla base di criteri matematici – conclude Mariella Maggio - e quindi è ancor più sconcertante il solo pensiero che alla base delle scelte ci possano essere motivazioni di natura politica, che ancora una volta condurrebbero alla discriminazione dei siciliani e tra gli stessi. Pertanto è necessario, che il ministro rivaluti attentamente una scelta che penalizzerebbe il diritto sanitario alla maternità".

"Il reparto di ostetricia e ginecologia del presidio ospedaliero Madonna dell'Alto di Petralia Sottana  - dice Gandolfo Albanese della segreteria provinciale di Sinistra ecologia e libertà Palermo - chiude i battenti perchè non raggiunge i 500 parti l'anno e pertanto viene ritenuto poco sicuro per le mamme e per i neonati. Ma se si ragiona in termini di sicurezza non ci vuole molto a capire che per una donna in stato di gravidanza è sicuramente più pericoloso mettersi in viaggio verso Cefalù, Termini Imerese, Palermo o Nicosia che affidarsi alle cure dei medici dell'ospedale Madonna dell'Alto. Bisogna considerare il fattore distanza dei borghi madoniti dai principali ospedali: il più vicino, quello di Termini Imerese, dista un'ora e mezza di strada. Evidentemente chi ha firmato il decreto ignora le condizioni delle strade interne e cosa significa spostarsi in quelle aree della Sicilia". "Il Pd, sia siciliano che nazionale, ha girato ancora una volta le spalle ai cittadini - continua Albanese - l'ospedale di Bronte viene salvato pur trovandosi in una situazione analoga a quella di Petralia: una vittoria di Ncd e di Castiglione a danno della popolazione madonita. Con questa decisione viene cancellata la possibilità di nascere sulle Madonie, dando così un'accelerazione al processo di spopolamento che segna il futuro di quel territorio"

Anche la Cgil di Palermo esprime "un no deciso contro la chiusura del punto nascita dell'ospedale di Petralia Sottana, "entro strategico di assistenza socio sanitaria per i 27 mila cittadini dei comuni delle alte e basse Madonie". "Abbiamo condotto dal 2011 la battaglia contro il ridimensionamento dei piccoli ospedali, tra cui il nosocomio madonita, unico baluardo del territorio, e lo smantellamento del suo punto nascita - dichiarano il segretario Cgil Palermo Enzo Campo e il responsabile di zona della Cgil Lillo Spitale -. E oggi siamo in prima fila per dire no alla chiusura e chiedere la proroga prevista per le aree montane dal decreto Balduzzi, che riconosce la particolarita' delle aree interne. La scelta del ministro Lorenzin è inconcepibile perchè mette in discussione il Piano strategico per le aree interne già consegnato a novembre al ministero della Coesione e di fatto operativo, che prevede un investimento di 25 milioni a beneficio dei 27 comuni delle Madonie, puntando su mobilità, infrastrutture e assistenza socio sanitaria. Così tarpiamo le ali a ogni ipotesi di sviluppo. L'importanza dell'ospedale è confermata dal potenziamento di cardiologia e ortopedia e dalla previsione di 70 assunzioni, per cui aspettiamo i bandi e i concorsi". La Cgil si dice pronta a "organizzare forme di mobilitazione".

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