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Movimento 5 Stelle e il caso firme false: deputati verso il processo

A loro i pm imputano la falsificazione. Giulia Di Vita: "Ovviamente le accuse nei miei confronti non sono vere, e verrà dimostrato". Ma per i magistrati ci sarebbero pochi dubbi

"Ovviamente sono false le accuse nei miei confronti, e verrà dimostrato". A parlare - su Facebook - è la deputata grillina Giulia Di Vita che ha risposto così a un simpatizzante che le aveva chiesto lumi sulle indagini sulle firme false che la vede coinvolta con altri deputati nazionali, Riccardo Nuti e Claudia Mannino. "Io lo spero davvero perché mi sembra assurda come cosa - le ha quindi risposto il simpatizzante su Facebook -. Vi ho sempre visto come i "salvatori della Sicilia" , onesti e determinati. Tu, Riccardo (Nuti ndr), Giorgio (Ciaccio ndr) e voglio ancora credervi e non vedo l'ora di rivedervi reintegrati, perché se mai alla fine doveste risultare colpevoli per me sarebbe una grande delusione".

Sono in tutto 14 le persone indagate nell'inchiesta chiusa ieri formalmente dal Procuratore aggiunto Dino Petralia. I pm si apprestano a chiedere il rinvio a giudizio per gli indagati. Atto che generalmente prelude a una richiesta di rinvio a giudizio. Per i magistrati dell'accusa ci sarebbero pochi dubbi. L'inchiesta è stata riaperta dopo un servizio della trasmissione televisiva Le Iene. In poche ore i pentastellati palermitani avrebbero raccolto 1.200 firme per presentare la lista alle elezioni. Firme che però risulterebbero essere state autenticate a marzo. Secondo la procura, Nuti e un gruppo ristretto di attivisti si sarebbero accorti che per un errore di compilazione le firme raccolte erano inutilizzabili ed era quindi a rischio la presentazione delle candidature. Avrebbero deciso di ricopiare dalle originali le sottoscrizioni ricevute e corretto il vizio di forma.

Nei guai - oltre a Riccardo Nuti - anche Samantha Busalacchi, Claudia Mannino e Giulia Di Vita: a loro i pm imputano la falsificazione. Indagato anche il cancelliere del tribunale Giovanni Scarpello, accusato di avere dichiarato il falso affermando che erano state apposte in sua presenza firme che invece gli sarebbero state consegnate dai 5 Stelle. Reato di cui risponde in concorso con Francesco Menallo, avvocato ed ex esponente dei 5 Stelle che consegnò materialmente le firme al pubblico ufficiale per l'autenticazione. 

Ai deputati viene contestata la violazione di una legge regionale del 1960 che recepisce il testo unico nazionale in materia elettorale. L'articolo 90 del Testo unico punisce con la reclusione da due a cinque anni, "chiunque forma falsamente, in tutto o in parte, liste di elettori o di candidati o altri atti dal Testo Unico destinati alle operazioni elettorali, o altera uno di tali atti veri oppure sostituisce, sopprime o distrugge in tutto o in parte uno degli atti medesimi". 

Dall'indagine è emerso che in molti nel movimento sapevano. E' stata la parlamentare regionale Claudia La Rocca a presentarsi spontaneamente davanti ai magistrati  per raccontare la propria versione dei fatti. Una "mossa" che ha scatenato le ire dei colleghi portando a una "faida" senza esclusione di colpi. I "rivali" hanno poi accusato la stessa La Rocca e dipingendola in un esposto come "manovrata" dal suo legale Ugo Forello, oggi candidato sindaco. Così Alessia Morani del Pd: "Siamo e restiamo garantisti fino all'ultimo grado di giudizio ma è francamente uno schiaffo all'etica politica che Claudia Mannino, indagata dalla procura di Palermo nell'inchiesta sulle firme false, continui a ricoprire il ruolo di segretario di Presidenza della Camera".

La chiusura delle indagini è stata notificata, oltre a Nuti, Samanta Busalacchi, Giulia Di Vita, Claudia Mannino, anche ad Alice Pantaleone, Stefano Paradiso, Riccardo Ricciardi (marito della deputata Loredana Lupo, che non è coinvolta nel caso), Pietro Salvino (marito di Claudia Mannino), Tony Ferrara (candidato alle elezioni che ha raccolto 70 voti), Giuseppe Ippolito e ai deputati regionali Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca.

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