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"Sono stata vittima di violenza sessuale, ecco la mia mostra contro gli abusi sulle donne"

Caterina Randazzo, 34 anni, storica d'arte, ha curato "Mi fido di te" (oggi l'inaugurazione). Un'esposizione di opere tutta dedicata all'universo femminile, che affronta i temi delle donne in chiave culturale ed emozionale.

Cinquanta artisti per dire 'No' alla violenza sulle donne. La protagonista è Caterina Randazzo, storica d'arte. Proprio muovendo dal tema della violenza, è stata inaugurata oggi l'esposizione di opere tutta dedicata all'universo femminile, che affronta i temi delle donne, in chiave culturale ed emozionale. "Mi fido di te" è a cura di Caterina Randazzo, anche lei vittima di reato sessuale. L'inaugurazione oggi in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne nelle sale della Effetto Arte Gallery di Palermo, in via Ariosto.

"Sono stata vittima di violenza sessuale - spiega Caterina Randazzo -. Dalla mia esperienza personale ho sentito l'esigenza, come critico
e come donna, di dedicare una mostra a questo tema". L’arte come spunto di riflessione e atto di denuncia, per scuotere gli animi contro la violenza sulle donne. Ma l’arte è anche mezzo di elevazione del sentimento e dell'intelletto e la grandezza di questo evento sta proprio nel connubio, nella coesistenza, di questi due fattori, l’essere donna e la violenza che ancora oggi subisce. Questo connubio è fortemente evidenziato dalla selezione delle opere esposte, che parlano di violenza di genere ma anche di donne, della loro condizione umana e sociale, fra delicatezza e coraggio, affrontando la tematica con approccio culturale ed emozionale. Una mostra che omaggia le donne dunque, ridandole la dignità spesso oltraggiata.

"Mi fido di te - si legge in una nota - porterà in primo piano il tema attualissimo della violenza di genere, affrontando argomenti come la violenza domestica, subdola, psicologica e silenziosa, quella sessuale e le varie forme più o meno velate o accettate, riscontrabili maggiormente in certe culture o realtà sociali. Lo scopo è quello di sensibilizzare il pubblico su questioni importanti come stalking, discriminazioni, maltrattamenti, violenza e femminicidi. Argomenti pungenti, di cui spesso si fatica a parlare e soprattutto a denunciare. Il silenzio è complice di reati e parlare invece è il primo passo verso il cambiamento. È innegabile che il mondo ha fatto passi enormi sull’emancipazione femminile, ma ancora siamo lontani da quello che significa parità dei sessi, libertà della donna in società e in coppia. La mostra si pone dunque come lavoro culturale per dire basta e lasciare un segno, perché proprio la cultura, mezzo di sensibilizzazione e progresso, può cambiare le cose e muovere la coscienza collettiva. Questa mostra è una denuncia dunque, ma non solo, un messaggio di speranza, per poter dire, che nonostante la cronaca e le esperienze personali, non bisogna smettere di fidarsi, perché non tutti gli uomini sono uguali". 

In mostra le opere di cinquanta artisti selezionati da Caterina Randazzo, fra questi anche molti uomini che sostenendo questo progetto, hanno scelto di diffondere, attraverso l’arte, la cultura del rispetto. Gli artisti si sono distinti per le loro qualità stilistiche e la sensibilità artistica fortemente coniugata al tema trattato: la violenza sulle donne e fra di loro sono molte le vittime di violenza. Questo ha contraddistinto il progetto come qualcosa in più di una semplice mostra.

Il capo scultoreo "Oltre le Apparenze" 

Il capo del giovane visual artist Simone Tripaldi, nato dall'assemblaggio di 160 grucce di plastiche, ha aperto la mostra. Durante la cerimonia inaugurale è stato indossato dalla modella Zeinab Barry (nella foto in basso) che ha fatto il suo ingresso in galleria accompagnata dallo scultore italo-spagnolo in arte ArtÈnos. La modella ha indossato anche dei tacchi rossi, simbolo di protesta contro il femminicidio. Un colore non scelto a caso, rosso come il sangue della morte, ma anche come la passione folle che passa dall’amore all’omicidio. Successivamente l'artista le ha sfilato i tacchi, lasciando "la donna" scalza e spoglia dai propri vestiti, che conservano memoria della sofferenza di cui si sono macchiati.

Il giovane scultore, arrivato per l'occasione direttamente dalla Spagna dove vive e studia un dottorato di ricerca tra Urban Art e Land Art, ha raccontato al numeroso pubblico l'opera intitolata "Oltre le Apparenze": "Le grucce diventano delle ossa, che intrecciandosi fra loro costruiscono una gabbia inespugnabile. Un involucro che diventa allo stesso tempo, uno scudo protettivo, un delicato riparo da umiliazioni e soprusi. Donne piene di vergogna e sensi di colpa, che non gli appartengono, che non hanno il coraggio di denunciare violenze imperdonabili che, troppo spesso, sfociano in femminicidio. Da queste amare considerazioni nasce l'esigenza di realizzare questo capo scultoreo con l’intento di denunciare e, allo stesso tempo, esprimere la necessità di mettere in mostra il silenzio della violenza domestica".

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