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Al museo regionale Salinas appuntamento con "Al tempo dei Borbone"

Presente SAR la principessa Beatrice di Borbone Due Sicilie

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PalermoToday

Appuntamento di grande rilevanza, presso il Museo Regionale Salinas in Piazza Olivella, per la conferenza su “Al tempo dei Borbone” voluta e patrocinata dalla Delegazione Sicilia del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio e per essa dal nobile dott. Antonio De Janni, delegato per la Sicilia, e le interessanti relazioni del prof. Pasquale Hamel, dal titolo “I Borbone delle Due Sicilie” e di Daniele Palermo dal titolo “Palermo capitale (1735-1816)”. Presente all’evento S.A.R. la Principessa Beatrice di Borbone delle Due Sicilie, Gran Prefetto dell’Ordine. Si apre, così, il ciclo di incontri che accompagnerà, in questi primi mesi dell’anno, la mostra “Palermo Capitale del Regno. I Borbone e l’archeologia a Palermo, Napoli e Pompei”.

“L’intento – hanno sottolineato gli organizzatori - è quello di raccontare e analizzare alcuni aspetti legati alla storia, alla vita quotidiana, alla gestione del patrimonio culturale al tempo dei Borbone, così da avere un quadro quanto più completo possibile di un periodo che segnò profondamente, pur tra tante ombre, la storia della nostra Isola fin dal 1734, quando Carlo di Borbone mosse alla conquista delle Due Sicilie, e che si concluse solo nel 1860 con la spedizione dei Mille e la successiva annessione al Regno d’Italia”. Sottolinea Pasquale Hamel, aprendo al tema dell’incontro, ha sottolineato come «i Borbone furono figli del loro tempo, ne hanno portato i segni evidenti, ma non c’è dubbio che furono, in certi momenti della loro storia, in grado anche di anticipare i tempi mostrandosi, e nessuno si scandalizzi per quanto affermo, in questo senso oltremodo lungimiranti».

Nella sua brillante relazione non ha mancato di far riferimento alle «ricorrenti accuse che vengono rivolte ai Borbone», e tra queste quella relativa al fatto che la «dinastia non fosse italiana e per questa stessa ragione non potesse comprendere appieno i problemi della nostra terra». Ma d’altronde «perfino i Savoia del Regno di Sardegna, che li avrebbero sostituiti dopo la conquista del Regno – sottolinea Hamel - apparivano più francesi che italiani e, diversamente dai Borbone - che magari usavano il dialetto partenopeo – si esprimevano in fluente francese mentre avevano difficoltà con la lingua di Dante». A partire da queste considerazioni Pasquale Hamel ha evidenziato che «quando si parla di riformismo borbonico per indicare momenti significativi della loro presenza nel Regno meridionale non significa altro che il riconoscimento doveroso delle loro politiche di modernizzazione». «A cominciare da Carlo – precisa il prof. Hamel - il fondatore della dinastia che, come scrisse Giovambattista Vico, incarnava il “modello ideale di monarchia civile”.

Carlo, figlio dell’italiana Elisabetta Farnese, fu infatti un principe riformatore che, affidandosi al toscano Bernardo Tanucci, diede un colpo decisivo alla concezione feudale dello Stato, spazzando via molti dei privilegi nobiliari, civici ed ecclesiastici che avviluppavano, con lacci e lacciuoli, l’azione pubblica. Durante il regno di Carlo furono, in particolare realizzate numerose opere pubbliche fra i quali la reggia di Caserta e il teatro San Carlo. La sua spiccata sensibilità culturale, poi, lo spinse a promuovere gli scavi archeologici che riportarono alla luce le città di Pompei ed Ercolano. Non è un caso che sia stato proprio Carlo a promuovere la prima legislazione a tutela dei beni culturali nel nostro Paese. A Carlo si devono inoltre tutta una serie di interventi nel sociale volti ad alleviare i disagi delle popolazioni. Sua fu l’idea dell’Albergo dei Poveri, che doveva ospitare i cittadini economicamente non autosufficienti». Soffermandosi, invece, sul controverso Ferdinando I, figlio di Carlo – ha affermato Pasquale Hamel – a cui si deve la soppressione del Tribunale della Santa Inquisizione «a lui si deve la fondazione dell’università di Palermo».

A ciò, continua nel suo brillante intervento Pasquale Hamel, tra gli altri, fece seguire «nel 1831 il dimezzamento della tassa sul macinato, la nomina di una commissione per il miglioramento della situazione carceraria e, ciliegina sulla torta, la disposizione perché fossero costruiti, in ogni comune fuori dall’abitato camposanti igienici, per la sepoltura dei defunti». E concludendo questo strepitoso intervento, per altro, più volte applaudito dalla principessa Beatrice Di Borbone Due Sicilie, Pasquale Hamel, che ha sottolineato, con i primati anche le criticità della Real Casa Borbone Due Sicilie, ha affermato che la drammatica fine della dinastia, forse, non si deve alle criticità ma, come sottolineato da Spagnoletti, alla “paura”. Spagnoletti, infatti, scrive «La paura del socialismo, la paura delle masse popolari e delle barricate, la paura di assedi e repressioni che avrebbero fatto delle città tante Missolungi ma, soprattutto, la paura di vivere in un mondo che appariva troppo grande rispetto alle piccole realtà locali, agli Stati che, come li definì Guerrazzi, erano a ‘dimensione fattoria’». Iniziative come queste, fortemente volute dal nobile Antonio De Janni, contribuiscono a ristabilire la verità storica oggi più che mai necessaria in un mondo troppo superficiale e stereotipato.

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