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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia

Palermo, i disoccupati sono 95 mila: "Qua è impossibile mettere su una famiglia"

Quarantasettemila posti persi in 7 anni, disoccupazione totale salita dal 16,9 per cento al 23,2 per cento, investimenti crollati del 50 per cento. I dati sono emersi nel corso di un vertice della Cgil in città, al quale ha partecipato Susanna Camusso. L'Sos dei rappresentanti dei lavoratori

Un’economia sempre più fragile, quella palermitana, dove la disoccupazione totale in pochi anni è salita da 16,9 per cento al 23,2 per cento, i disoccupati sono passati da 74 mila a 95 mila, gli investimenti crollati del 50 per cento. La crisi di Palermo e della Sicilia, con le grandi industrie che abbandonano l’Isola, dalla Fiat ad Ansaldo Breda, alle incertezze sul futuro del Cantiere Navale di Palermo, è stata al centro della Conferenza di Organizzazione della Cgil locale che si è svolta oggi all’ex deposito delle Locomotive di Sant’Erasmo. Un grande momento di riflessione e di dibattito sul futuro del sindacato ma anche una occasione per riportare al centro dell’attenzione il lavoro. Il lavoro che c’è ma soprattutto quello che non c’è, quello precario, quello parcellizzato.  

Sul palco il segretario della Cgil di Palermo Enzo Campo, il segretario della Cgil Sicilia Michele Pagliaro e il segretario generale della Cgil nazionale  Susanna Camusso, che con il suo intervento ha concluso la giornata. Sedici gli interventi dei rappresentanti dei lavoratori, che hanno denunciato  condizioni di lavoro sempre più difficili e un futuro sempre più incerto. “Sono una lavoratrice atipica da 7 anni e mi occupo di arredamento da Mercatone Uno. Guadagno una  percentuale di quello che vendo. Ma lavoro come i colleghi a tempo indeterminato e, al contrario di loro, io non metterò su mai famiglia. Non avrò mai un lavoro vero”, ha raccontato Giusi Di Maria.

“Credo che Palermo e la Sicilia - ha detto il segretario generale Susanna Camusso - come tanta parte del Mezzogiorno, si sentano abbandonati. Penso che tutte le regioni meridionali debbano interrogarsi se hanno fatto ciò che si poteva fare per utilizzare significativamente i fondi strutturali. Ritengo inoltre che il tema sia una diversa qualità del Paese unito: il fatto che la trattativa su Ansaldo Breda si sia conclusa senza lo stabilimento di Palermo è il segno che le grandi imprese nazionali non hanno in mente una dimensione nazionale unitaria”.

A lanciare l’allarme sul futuro della realtà produttiva palermitana è stato anche il segretario della Cgil di Palermo Enzo Campo. “Quando le grandi aziende nazionali pubbliche devono fare dei tagli, tagliano nel Mezzogiorno, soprattutto in Sicilia e a Palermo. Vedi Ansaldo Breda, che ha venduto le sue aziende ai cinesi ma ha lasciato al suo destino lo stabilimento di Carini, la Fiat a Termini Imerese, e siamo preoccupati per il Cantiere Navale, che a metà giugno ha già chiuso la prima officina  – ha detto Campo -. Quando invece si tratta di fare investimenti nazionali, ci prendono in considerazione solo per le grandi emergenze. Come ha fatto l’Anas, dopo il crollo del viadotto sulla Palermo-Catania. Le Ferrovie dello Stato da 25 anni non investono nella nostra regione e adoperano solo la tecnica del disservizio, per poi procedere al taglio dei rami secchi. Il trasporto si è trasferito così sul gommato: ci sono cinque famiglie potenti in Sicilia che con le loro autolinee si spartiscono 165 milioni della Regione”.

Una Sicilia dove si assiste allo smantellamento delle aree produttive da una parte e dall’altra alla nascita di una nuova classe operaia povera, che ha sostituito tute blu e operai edili: i lavoratori dei call center, 10 mila dei quali solo in provincia di Palermo, con i loro contratti  part-time  e paghe oscillanti tra  600 e le 800 euro al mese. “Sono loro oggi il prototipo del lavoro povero, precario e con poche tutele, esposti alle delocalizzazioni e quindi alla perdita di questo misero lavoro”, ha ribadito Enzo Campo, ricordando che a Palermo si sono persi, tra il 2008 e il 2014, 47 mila posti di lavoro.

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