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Economia

Al Sud economia in ginocchio per il virus, prof di Palermo: "Riaprire qui le fabbriche del Nord"

Pietro Busetta, docente di Economia, lancia la provocazione: essendoci un contagio più contenuto da Covid-19 nel Mezzogiorno, si può trasferire parte della produzione

La Svimez lancia l'allarme per il Sud. L'economia meridionale potrebbe subire un colpo irreparabile dal lockdown: pur perdendo "solo" 10 miliardi al mese dei 47 che sta bruciando in questo momento il Paese, la sua struttura è talmente fragile da poter anche non più riprendersi da quanto accadendo.

Pietro Busetta, professore di Economia all'Università di Palermo, lancia la provocazione: essendoci un contagio più contenuto da Covid-19 al Sud, il problema si risolve trasferendo lì una parte della produzione. Eppure i vari governatori regionali sono stati ancora più severi dei loro colleghi al Nord nell'imporre chiusure. "Un modo di procedere assurdo – per Busetta – con il governo che non anticipa gli eventi ma li segue". "Negli altri Paesi – prosegue – si stanno attrezzando per le riaperture non solo delle imprese, anche delle scuole. I politici tengono solo ad essere rieletti, tenendo tutto chiuso possono sempre aver dire di aver fatto tutto il possibile e dare la colpa agli altri, al governo nazionale o all'Europa, per il crollo dell'economia".

Uno dei problemi che si sta già verificando è l'aumento della disoccupazione. Il lockdown ha colpito gli occupati indipendenti al Sud più che al Nord (42,7 contro 41,3), e la platea di 800 mila irregolari e altrettanti disoccupati nel meridione non potrà accedere né al mercato del lavoro né ai bonus una tantum.

"La cosa giusta sarebbe, se nel bresciano nel bergamasco non si possono ancora riaprire le aziende, fare sistema almeno per una volta, e riaprire qui al Sud, trasferire i capannoni – insiste Busetta –. Qui la disoccupazione pesa molto di più, perché se una persona rimane disoccupata si perde l'unica entrata della famiglia, mentre al Nord in genere a lavorare sono in due".

La Svimez raccomanda però una strategia unificata per la Fase 2. "La tempistica della riapertura della fase 2 - sono le parole di Luca Bianchi, direttore – non può ridursi in una scelta di priorità tra regioni o peggio tra le due parti del Paese, ma deve seguire l’obiettivo comune all’intero Paese di non distruggere capacità produttive e lavoro".

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