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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

"Intascavano i soldi delle bollette", arrestati due funzionari dell'Amap

La segnalazione di alcuni dirigenti ha fatto scattare le indagini della Finanza. I due, Carmelo Di Bella e Carlo Fasetti, si sarebbero introdotti nel sistema informatico riuscendo ad accaparrarsi circa 900 mila euro. Intimidazioni in stile mafioso a chi aveva iniziato a sospettare

Intascavano i soldi delle bollette. In manette sono finiti due dipendenti dell'Amap: Carmelo di Bella, 56 anni, e Carlo Fasetti, 52 anni. I due sarebbero degli addetti alla riscossione dei debiti dei condomini morosi. All’alba di questa mattina, su disposizione del gip, i finanzieri del nucleo di polizia Tributaria hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dei due dipendenti della società che gestisce le acque pubbliche a Palermo. L'indagine è partita dalla segnalazione di alcuni dirigenti, intimiditi dai due con "avvertimenti in stile mafioso".

I due sono finiti in manette a seguito delle indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Palermo, che hanno consentito di accertare come gli stessi avessero intascato i soldi del pagamento delle bollette, manomettendo il sistema informatico di controllo della società allo scopo di non far emergere i mancati introiti, ad oggi quantificati in circa 900 mila euro. Valore, questo, suscettibile di possibili variazioni in aumento, in relazione alle attività di approfondimento tutt’ora in corso.

"I funzionari dell'Amap sono riusciti ad operare nell'arco di 5 anni - ha detto il procuratore aggiunto Leonardo Agueci - introducendosi nel sistema informatico e riuscendo ad accaparrarsi 910 mila euro. Ancora una volta viene fuori la fragilità dei sistemi informatici che gestiscono i pagamenti delle bollette. Sono stati alcuni dipendenti a segnalare alcune anomalie. Cogliamo questo segnale positivo".

L’operazione – denominata “Acqua in bocca” – ha preso le mosse dall’esposto inviato alla Procura della Repubblica proprio dai vertici della ex municipalizzata, a seguito di un controllo interno che aveva fatto emergere alcune irregolarità. Le Fiamme Gialle, nel corso delle indagini, hanno eseguito un meticoloso e accurato controllo degli ultimi cinque anni di attività contabile dell’azienda (2009-2013), portando immediatamente alla luce gravi incongruenze tra gli importi delle bollette emesse per il consumo di acqua ed il denaro effettivamente incassato. Infatti, a fronte di circa un migliaio di fatture, regolarmente emesse nel periodo in esame, per un ammontare complessivo di quasi un milione di euro, l’Amap non aveva incassato neanche un centesimo.

In breve tempo il cerchio si è stretto intorno alla figura di Carmelo Di Bella il quale, insieme al suo diretto superiore, Carlo Fasetti, aveva allestito un semplice quanto efficace sistema di truffa che si sostanziava nell’accettazione di pagamenti in contanti da parte di alcuni utenti e nella contestuale emissione di quietanze di pagamento rivelatesi del tutto fasulle. Una volta incassato il denaro, i due funzionari infedeli procedevano ad alterare i dati nel sistema informatico al fine di occultare ogni traccia della truffa e far risultare come incassato il denaro che, in realtà, finiva regolarmente nelle loro tasche.

Questo modus operandi ha di fatto consentito di evitare la partenza di raccomandate di mancato pagamento verso i soggetti che avevano consegnato loro il denaro e, per altro verso, di far visualizzare agli utenti che avessero voluto procedere al controllo on line della propria posizione, la conferma dell’estinzione del proprio debito. Numerosi cittadini e amministratori di condominio hanno utilizzato tale sistema di pagamento poiché permetteva loro di eludere le code agli sportelli preposti, non sospettando, invece, che le somme di denaro incassate finissero per arricchire i due funzionari.

Nel corso delle investigazioni, svolte anche tramite intercettazioni telefoniche, è peraltro emerso come il Di Bella si fosse dato particolarmente da fare, tentando di recuperare i bollettini recanti il timbro dell’Amap per sostituirli con altri riportanti un timbro postale - rivelatosi in seguito falso - ed arrivando a contattare vari utenti, che a lui si erano rivolti, al fine di chiedere loro di non fare il suo nome qualora sentiti in atti dalle Fiamme gialle.
Tutto ciò, prima che la perquisizione domiciliare consentisse la raccolta di ulteriori prove a suo carico.

Alcuni dirigenti che avevano iniziato a rilevare anomalie nel sistema di pagamento sono stati vittime di alcuni incresciosi episodi intimidatori dallo stile tipicamente mafioso. Gli stessi, in particolare, hanno ricevuto una testa di animale scuoiato, mazzi di fiori con biglietto di condoglianze o addirittura la visita di dipendenti di agenzie di pompe funebri, i quali, contattati da sedicenti parenti, si presentavano sotto casa dei funzionari perché convinti di dover organizzare un servizio funebre. A carico dei due arrestati, sono stati – inoltre – sottoposti a sequestro preventivo due immobili sino a concorrenza dell’importo complessivo di euro 141.899,10. Entrambi gli indagati, dopo le perquisizioni avvenute nei primi mesi del 2014, avevano mantenuto il proprio posto di lavoro all’interno dell’Amap, pur in altri incarichi.

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